Una dieta per la salute personale e planetaria

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 Lo stile alimentare individuale, in chi può permettersi di scegliere, è importante per contrastare il cambiamento climatico e per la salute del pianeta. Un cambiamento alimentare globale, indirizzato verso una netta riduzione dell’agricoltura animale, fornirebbe un potente complemento all’indispensabile transizione dai combustibili fossili ai sistemi di energia rinnovabile. ‘Anche se le emissioni di combustibili fossili fossero eliminate, le sole emissioni del sistema alimentare globale renderebbero impossibile il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi’, sta scritto nell’ articolo “Salute personale e planetaria: la connessione con le scelte dietetiche, pubblicato su Jama online, 8 Maggio 2023.

Un articolo indirizzato ai medici, che possono giocare un ruolo  importante nel sostenere la necessità di passare a una dieta a base vegetale, sfatando credenze sociali e patriarcali prepotenti, per non delegare la salute planetaria solo agli ambientalisti e ai legislatori. E’ assai improbabile che le parti coinvolte nell’agricoltura animale e nell’industria alimentare o farmaceutica raccomandino cambiamenti dietetici salutari, a scapito dei loro introiti. E’ un articolo per tutti, per superare la confusione dei tanti modelli dietetici propagandati, da quelli a basso contenuto di carboidrati, ai chetogenici, ai digiuni etc, dato che il più grande vantaggio per la salute personale e planetaria, sta nell’aumento del consumo di alimenti vegetali non trasformati. Uno stile di vita individuale caratterizzato da una dieta a base vegetale aumenta l’aspettativa di vita, ed è associato a una ridotta incidenza di malattie croniche come obesità, malattie cardiovascolari, diabete, malattie renali croniche e cancro, in numerosi studi scientifici. Una dieta a base vegetale oltre a ridurre la sofferenza degli animali non umani, contribuisce a ridurre la resistenza agli antibiotici, il rischio di pandemie (è stata anche associata a minor rischio e gravità di COVID-19), contribuisce a ridurre la fame nel mondo, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, e il cambiamento climatico,  come ben riassunto in questa semplice ma efficace tabella, che andrebbe stampata nella mente di tutti, decisori politici in primis, e affissa nelle mense aziendali, scolastiche, universitarie etc.

Tuttavia, l’agricoltura fondata sugli animali, sostenuta da politiche aziendali neoliberiste che incoraggiano diete malsane e dannose per la salute e l’ambiente è in aumento: Oggi il mondo produce più di 3 volte la carne e più del doppio del latte rispetto a 50 anni fa. Questo comporta la distruzione degli ecosistemi nativi, delle foreste, della biodiversità,  per sostenere il pascolo del bestiame e l’aumento della coltivazione di materie prime per animali. Questo contribuisce ad aumentare in maniera notevole le emissioni di gas serra, come anidride carbonica, metano e protossido di azoto. L’allevamento rappresenta il 50% del metano e il 60% delle emissioni di protossido di azoto, che sono responsabili rispettivamente 25 e 298 volte del potenziale di riscaldamento globale dell’anidride carbonica su base di massa. Le emissioni globali di gas a effetto serra degli alimenti di origine animale sono il doppio di quelle degli alimenti di origine vegetale e la produzione di alimenti di origine animale (inclusi i mangimi per il bestiame) contribuisce per il 57% alle emissioni di gas a effetto serra legate alla produzione alimentare (rispetto a solo il 29%  di quella da alimenti di origine vegetale). La riduzione o l’eliminazione dell’agricoltura animale, dovrebbe essere in prima linea nelle strategie messe in atto per contrastare il disastroso cambiamento climatico.

Alleviamo a scopo alimentare: 22,7 miliardi di polli, 1,47 miliardi di bovini, 1,17 miliardi di pecore, 1 miliardo di capre, 981 milioni di suini, 1,2 milioni di anitre, cui vanno aggiunti tutti gli animali acquatici. In Italia le emissioni di ammoniaca degli allevamenti intensivi, che sono da considerare ‘attività insalubri di prima classe’, pur inquinando pesantemente l’aria, ricevono addirittura sovvenzioni pubbliche, secondo Greenpeace. In Italia gli allevamenti sono la seconda causa di formazione del particolato fine (responsabili di quasi il 17% del PM2,5), più dei trasporti (14%) e del settore industriale (10%), preceduti solo dagli impianti di riscaldamento (37%). Le polveri fini (PM2,5) sono responsabili di decine di migliaia di morti premature ogni anno: l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha stimato quasi 50.000 vittime in Italia nel solo 2019. Senza contare che la maggior parte dell’inquinamento da azoto nelle acque reflue è dovuto a fonti proteiche di origine animale e pratiche agricole inefficienti, che portano a piogge acide e fioriture algali tossiche che causano zone morte della vita acquatica, senza contare il grande consumo d’acqua degli allevamenti che va ad aggravare notevolmente la siccità.

Secondo la EAT- Lancet Commission, la salute umana e planetaria, l’equità sociale e la prosperità economica passano da diete sane e sostenibili e entro il 2050 sarà indispensabile una riduzione superiore al 50% del consumo globale di carne rossa e un aumento superiore al 100% del consumo di noci, frutta, verdura e legumi. Il passaggio a diete più a base vegetale in linea con le linee guida dietetiche standard, potrebbe ridurre la mortalità globale dal 6% al 10% e le emissioni di gas serra legate al cibo dal 29% al 70% nel 2050. Si stima che ai benefici economici del miglioramento delle diete potrebbe corrispondere una cifra pari al 13% del prodotto interno lordo globale nel 2050. Invece se si continua col trend attuale, considerando l’aumento della popolazione mondiale, si stima che la domanda globale di alimenti di origine animale aumenterà di quasi il 70% entro il 2050! Una catastrofe.

Non si può nascondere che la transizione dall’agricoltura animale dovrà affrontare molti ostacoli e molte sfide per ribaltare un business da trilioni di dollari all’anno e per trasformare le diete di sette miliardi di persone. Fra questi gli investimenti globali per garantire oltre un miliardo di persone che si guadagnano da vivere con l’ agricoltura animale, essendo l’allevamento del bestiame parte integrante delle economie rurali di tutto il mondo e quelli per garantire un’alimentazione adeguata in quelle regioni in cui attualmente manca l’accesso su larga scala a una dieta vegetale varia e sana. Ma una transizione alimentare a base vegetale è urgente per la sopravvivenza del pianeta e di tutti i suoi abitanti.

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Gian Luca Garetti

Gian Luca Garetti, è nato a Firenze, medico di medicina generale e psicoterapeuta, vive a Strada in Chianti. Si è occupato di salute mentale a livello istituzionale, ora promuove corsi di educazione interiore ispirati alla meditazione. Si occupa attivamente di ambiente, è membro di Medicina Democratica e di ISDE (International Society of Doctors for the Environment).

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