No alla centrale idroelettrica sul torrente Pescia, in Comune di Pescia

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I cittadini di Pescia, nel lontano 2015, vennero casualmente a conoscenza di un progetto di costruzione di una centrale idroelettrica sul torrente Pescia, mediante il prelievo di acqua con una presa a monte e la costruzione di un edificio a valle per ospitare la turbina generatrice di corrente e il sistema di scambio con la rete elettrica nazionale.

Un comitato spontaneo chiese di essere ammesso al percorso decisionale per poter sollevare alcune evidenti criticità derivanti al progetto. Ma alla richiesta di costruire, nella logica di una governance all’altezza della complessità del processo democratico nelle nostre società, strumenti e occasioni per aprire sul progetto in epigrafe un reale percorso partecipativo fu data risposta negativa. La valutazione puntuale dell’impatto ambientale dell’impianto fu reclamata anche attraverso una raccolta firme di cittadini del Comune di Pescia, trasmessa alle autorità competenti; nella sessione del 2 luglio 2015 della Conferenza di Servizi la richiesta fu definita “tardiva”, omettendo però di riconoscere che i cittadini, tenuti totalmente all’oscuro dell’esistenza di questo progetto di centrale idroelettrica, avevano avanzato questa osservazione con assoluta tempestività rispetto al momento in cui del progetto si era venuti effettivamente a conoscenza.

Nel merito, il comitato rilevò incongruenze ed espresse dubbi e perplessità su diversi aspetti del progetto e del percorso decisionale. In particolare sui seguenti elementi:

  • poiché l’impianto avrebbe inciso sul regime delle acque pubbliche del fiume Pescia, si ritenne sussistente la giurisdizione di legittimità del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (come da giurisprudenza del Consiglio di Stato: vedasi, per esempio, pronuncia n. 3436 del 7 luglio 2014);
  • Il progetto fu escluso, con Ordinanza n. 1156 del 17.9.2014 del Dirigente Settore Salvaguardia degli equilibri ambientali e valorizzazione delle risorse naturali” della Provincia di Pistoia, dalla Valutazione d’Impatto Ambientale a seguito di apposita procedura, i cui contenuti di merito non apparvero cogenti rispetto alla valutazione di tutte le interazioni con le diverse componenti ambientali e paesaggistiche del contesto nel quale l’impianto in sarebbe ricaduto. Questo aspetto era di evidente rilievo considerando che la stessa Autorità di Bacino ammetteva che si potesse determinare “il deterioramento dello stato ambientale”. Non si trovava, del resto, nella documentazione della procedura alcun elemento in ordine alle ricadute che il prelievo di acqua dal torrente avrebbe comportato per la vita biologica dell’ecosistema fluviale nel lungo tratto fra la presa e il canale di restituzione dell’acqua, che si dovevano poter valutare puntualmente, riferendosi alla natura e alla qualità della flora, della fauna ittica, della capacità drenante dei terreni fluviali, e agli effetti sulle estese falde freatiche funzionali al torrente, rapportate inoltre alle interazioni combinatorie collegate all’esistenza di un’altra centrale idroelettrica già presente sul corso d’acqua appena a monte di quella in oggetto. E apparve singolare che, dopo l’esclusione dall’assoggettabilità a VIA, si precisasse, come si evinceva dal verbale della sessione di Conferenza di Servizi del 2 luglio 2015, che “a seguito del monitoraggio ecologico, eseguito con le modalità previste dal DM 260/2010, ….. qualora, negli anni successivi, il monitoraggio mostri che l’impianto ha impatti tali da determinare il deterioramento dello stato ambientale, di concerto con le altre Amministrazioni competenti, potranno essere adottate opportune misure correttive del DMV”, espressione che, tradotta in linguaggio esplicito, significa che gli impatti potevano essere tali da compromettere lo stato ambientale, ma che, comunque, si procedeva alla costruzione della centrale, per poi prendere misure correttive quando dovesse verificarsi l’eventuale danno ambientale (a dispetto di ogni misura precauzionale, che dovrebbe guidare le scelte in materia di impatto ambientale secondo la normativa europea!). La criticità delle scelte appariva così evidente che lo stesso dirigente Arpat di Pistoia, dott. Andrea Cappelli, nella sessione del 2 luglio 2015 della Conferenza di Servizi, chiese “se il progetto, considerato le varianti sopraggiunte successivamente debba essere riproposto all’approvazione della assoggettabilità alla VIA”. Oltretutto, le varianti sopraggiunte avrebbero dovuto comportare un nuovo screening di VIA: infatti, in data 4 marzo 2015 l’Autorità di Bacino del Fiume Arno dette atto che il valore del deflusso minimo vitale (DMV) proposto in sede di assoggettabilità a VIA pari a 27 l/s, doveva essere incrementato fino a 100 l/s.;
  • In merito ai pareri paesaggistici, si ritenne che la contestualità della valutazione in un unico ambito logico-giuridico non togliesse che il procedimento di VIA dovesse essere considerato funzionalmente distinto e che le conclusioni espresse in sede di verifica di assoggettabilità a VIA dalla Soprintendenza non potessero essere oggetto di trasposizione analogica nella valutazione dei profili attinenti alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico definiti dal procedimento unico, tanto più se formulate nei seguenti termini generici: “considerato il contesto di insieme, non ritiene necessario assoggettare a VIA la procedura di cui all’oggetto”. Si ritenne inoltre, richiamandosi alle valutazioni sulla non applicabilità ratione temporis delle disposizioni del PIT-PPR adottato dalla Regione Toscana il 2 luglio 2014 presentate da Coldiretti Pistoia nel giugno 2015, che il soggetto proponente l’impianto dovesse ottenere apposita autorizzazione paesaggistica per verificare la compatibilità dell’opera con il contesto paesaggistico e con le specifiche prescrizioni del PIT-PPR;
  • La centrale di produzione ricadeva in zona agricola EPF: il comma 7 dell’art. 12 d.lgs 387/2003 disponeva che “gli impianti di produzione di energia elettrica di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b9 e c9, possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni, in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, art. 14”. Ma dalla documentazione esaminata non risultava che tali variazioni erano state compiute in sede di Conferenza dei Servizi;
  • Il progetto prevedeva inoltre la distruzione di un antico gorile, che sarebbe stato riempito e ridotto a viabilità di servizio alla centrale di produzione. Si tratta di un gorile storico, già menzionato nei libri su Pescia nel Seicento, catastalmente definito come “Ente Pubblico indivisibile”, costruito a servizio del sistemi degli ortali dell’area periurbana di Pescia e utilizzato anche per il movimento dei meccanismi tecnici di una antica filanda. Questo bene storico è di fatto un bene pubblico, che, pur alterato, anche sensibilmente, nel suo primo tratto e interrato per alcune porzioni, documenta una qualità, una vocazione agricola e manifatturiera del territorio periurbano pesciatino e si presenta intatto nella sua parte terminale, con elementi architettonici di sicuro interesse. Prima di ogni sua trasformazione, trattandosi di un bene che di oltre 70 anni di vita, si sarebbe dovuto procedere, per il disposto del Codice dei Beni Culturali, alla verifica del suo profilo di interesse storico-artistico. Nonostante questa richiesta di valutazione fosse stata avanzata da più soggetti (associazioni locali e cittadini di Pescia), nessun atto fu compiuto, anche se la Soprintendenza aveva con sua nota fatto presente che ogni trasformazione del gorile fosse subordinata alla sua competenza.

L’opposizione al progetto fu avanzata anche da Italia Nostra Firenze.

Il progetto non fu comunque realizzato, probabilmente per il venir meno di finanziamenti pubblici sui quali si crede contasse l’azienda proponente. Ma nell’aprile del 2023 siamo venuti a conoscenza che la Soc. Mers era tornata a proporre la costruzione, sulla base del progetto risalente alla metà del decennio precedente, di una centrale idroelettrica sul torrente Pescia. Stavolta il progetto è stato inserito nel piano degli interventi energetici della Regione Toscana.

Il comitato cittadino che allora si oppose al progetto rinnova le sue molteplici preoccupazioni, ancor più sostenute per il moltiplicarsi dei periodi di siccità che riducono fortemente in questi ultimi anni la portata del fiume Pescia. Nell’ultimo inverno ampi tratti del suo letto sono rimasti a secco. Non riusciamo anche per questo a capire il senso di un’operazione industriale che già sconta questo deficit e che, prelevando quel poco di acqua che scorre, comprometterà la vita biologica del torrente e inciderà negativamente su altri aspetti che indichiamo di seguito.

Nel merito, abbiamo riproposto alle Autorità interessate, in primo luogo alla Regione e al Comune di Pescia, le criticità che rilevammo nel 2015. La nuova conferenza di servizi era stata conclusa nel gennaio 2023, senza alcun coinvolgimento del Comitato locale. Il progetto era stato dichiarato dalla Regione di pubblico interesse.

Abbiamo aggiunto e sottolineato ulteriormente, sulla base di datti di fatto ineccepibili, che l’impatto ambientale sul tratto del torrente Pescia sarebbe stato grave tenendo conto del preoccupante stato odierno di stress idrico del corso d’acqua, già compromesso perché da anni ormai soggetto a periodi di secca non solo durante l’estate, ma anche nelle altre stagioni, legati agli effetti dei cambiamenti climatici e al rarefarsi delle stagioni piovose. Ogni prelievo di acqua da un torrente come la Pescia, che sconta già un deficit relativo al deflusso minimo vitale, appare insostenibile, e comunque da valutare attraverso una VIA. Inoltre, su un gorile storico che risale al Seicento sarà realizzata la viabilità di servizio all’impianto, cancellando dalla percezione visiva un elemento ‘costituzionale’ del territorio periurbano pesciatino, infine saranno sottratte terre ad aziende agricole e impatti sul paesaggio. Abbiamo chiesto di conoscere, in dettaglio, le ragioni e le motivazioni con le quali la Regione Toscana ha dichiarato di pubblico interesse il progetto e di conoscere se sono state previste almeno ricadute compensative per il danno ambientale, paesaggistico e storico. Ma, con tutta evidenza, nessuna risposta è giunta.

Noi, infine, consideriamo – e non si tratta di un aspetto non meno importante rispetto agli impatti già indicati – questo percorso decisionale quale esempio di dinamica ‘postdemocratica’, nella quale agiscono, al di fuori di ogni modalità di valore ‘partecipativo’, élite burocratiche e politiche in concorrenza con interessi di tipo privatistico. E non vorremmo che il progetto fosse sostenuto anche da contribuzioni pubbliche, nello specifico i finanziamenti del famoso PNRR.

Pescia, 12 febbraio 2024

Comitato cittadino Via della Torre-Nieri, Pescia

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