L’Auditorium del Centro Rogers di Scandicci è stato il palco d’esordio dell’appuntamento regionale riguardo al tema della mobilità sostenibile organizzato da Legambiente Toscana il 14 Giugno 2024. La necessità di un cambio di paradigma in materia è evidente poiché, secondo l’ultimo rapporto “Pendolaria – Speciale Aree Urbane”, in Italia si registra uno dei peggiori tassi di motorizzazione fra i paesi europei: si tratta di 666 auto ogni mille abitanti (il 30% in più rispetto alla media di Francia, Germania e Spagna). Nel 2023, l’area metropolitana di Firenze ha registrato 795 auto ogni mille abitanti – il dato peggiore a livello nazionale, ulteriormente insensato se si considera che la metà degli spostamenti fiorentini su auto privata non supera i 5 km di media.
Realizzato grazie al patrocinio del Comune di Scandicci e in collaborazione con alcuni attori del settore (Autolinee Toscane, Bit Mobility, Simurg Ricerche e A2A Life Company), l’evento “Forum Mobilità: muoversi in città, muovere idee” ha visto i contributi di amministratori pubblici, docenti universitari, ordini professionali e rappresentanti di piccole e grandi aziende suddivisi in tre diverse sessioni. La prima, a mio avviso la più interessante, ha posto al centro degli interventi la qualità dell’aria e della vita in un’ottica che renda possibile ripensare le città nella gestione dei tempi e degli spazi urbani; in altri termini, la prima tornata di interventi ha visto la condivisione di tentativi concreti per porre al cuore della città le persone, piuttosto che le automobili.
Ma di quale tipologia di persone si tratta? Giovani che si recano a scuola o che devono rincasare dopo una serata? Adulti che si apprestano a timbrare l’ingresso/uscita a lavoro? Anziani che vogliono andare a fare la spesa? Persone con disabilità che desiderano recarsi al parco per un tuffo nel verde? Questo tipo di premessa è fondamentale per capire che tipo di attenzioni è necessario affinare per trasformare le città in cui viviamo. In tal senso l’intervento di Andrea Colombo, Project Manager di “Bologna Città 30”, è stato ricco di spunti. Colombo ha confermato che il parere delle cittadine e dei cittadini bolognesi è stato essenziale per individuare più criticità possibili (le strade ritenute più pericolose, le vie dove si innesca troppo traffico) e, grazie a tali indicazioni, è emersa una pluralità di istanze il cui ascolto si è rivelato indispensabile per l’attuazione e la comunicazione dell’innovativo disegno di rigenerazione urbana.
Al netto di una nuova riforma nazionale del Codice della Strada a dir poco discutibile, almeno considerando i suggerimenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il progetto “città 30” non si esaurisce nell’evidente limitazione della velocità dei mezzi di trasporto, bensì pone delle interessanti prospettive sul ridisegno di alcune zone della città. Zone in cui il punto focale sarà garantire più spazio alle persone – vedere per credere. Certo, una trasformazione simile non può avvenire in quattro e quattr’otto; pensarla così, in effetti, significherebbe non comprendere che una politica così all’avanguardia determina un cambiamento che implica almeno tre differenti livelli di mutamenti: di priorità (la sicurezza stradale viene prima di tutto); strutturale (implementazione di una nuova segnaletica, costruzione di incroci protetti, piste ciclabili, piazze scolastiche); comportamentale (l’obbligo di circolare a velocità ridotte rende meno efficiente e appetibile lo spostamento attraverso mezzo privato su tragitti brevi). A proposito di quest’ultimo aspetto, ovvero quello legato alla mutazione dei comportamenti, l’attivismo della cittadinanza è un elemento imprescindibile per rendere efficace l’azione politica. Nel caso di Bologna, secondo Andrea Colombo, la scintilla che ha innescato una cooperazione tra cittadini e amministrazione pubblica seguì dall’ennesimo sinistro stradale con investimento di pedone: in quel caso toccò a una bambina, e l’indignazione fu talmente tanta che si formarono diverse associazioni finalizzate all’organizzazione di una raccolta firme per avanzare la proposta di rendere Bologna una “città 30”. A quel tempo uno dei candidati sindaci (Matteo Lepore) raccolse i frutti di questa iniziativa popolare, decidendo di farne un punto inderogabile del proprio programma, e dopo la sua elezione il capoluogo emiliano ha effettivamente iniziato un’operazione di rinnovamento in linea gli obiettivi generali del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS). Nonostante le dissonanze degli ultimi giorni.
Anche a Firenze diverse associazioni si sono unite in una rete volta a promuovere il progetto “Firenze30”: senza questa svolta è impensabile raggiungere gli obiettivi sottoscritti nel PUMS per la città metropolitana di Firenze. Una di queste associazioni è la Onlus Gabriele Borgogni (ragazzo ucciso da un automobilista che guidava in stato di ebrezza) e la sua presidente, Valentina Borgogni, ospite della prima sessione del Forum Mobilità, ha raccontato quanto l’intraprendenza della cittadinanza sia stata importante affinché venisse introdotto il reato di omicidio stradale; dal 2004 (data della morte di Gabriele) al 2014, difatti, Valentina e molte altre persone hanno girato l’Italia in lungo e in largo per raccogliere le firme necessarie per promuovere una simile legge. Nel giro di dieci anni sono state raccolte circa 85000 firme, e nel 2016 arrivò il momento dell’istituzione del delitto di omicidio stradale nella legge. Della serie: l’unione di cittadine e cittadini coscienti e consapevoli in movimenti di rivendicazione per i diritti essenziali ha sempre la sua efficacia.
Un altro intervento particolarmente apprezzato per la mole di spunti di riflessione offerti è stato quello del professore dell’Università degli Studi di Firenze Francesco Alberti. Egli ha inaugurato il suo contributo ricordando che per soddisfare gli obiettivi del Green Deal europeo (zero emissioni nette di gas serra di origine antropica entro il 2050) bisognerebbe ridurre del 90% le emissioni dovute al settore dei trasporti. Dunque, se il campo della mobilità è uno dei più problematici dal punto di vista della neutralità climatica, allora è necessario adottare fin da subito approcci lungimiranti. Ed è in questa direzione che il cosiddetto metodo “Avoid-Shift-Improve” (sviluppato in Germania agli inizi degli anni ’90) si pone come punto di riferimento assoluto. In cosa consiste tale approccio? In tre ordini di intervento: avoid nel senso di ridurre la necessità degli spostamenti, organizzando a livello architettonico-urbanistico una miscela intelligente di distretti residenziali, lavorativi e ricreativi; shift cioè cambiare la tipologia degli spostamenti inevitabili attraverso il trasporto pubblico locale o pratiche di mobilità attiva; improve ovvero migliorare l’efficienza dei veicoli e del carburante. Attenzione al seguente dettaglio: il metodo A-S-I prescrive una strategia d’intervento specificatamente gerarchica. Il primo passaggio è quello dell’avoid, guai a partire dall’improve; il miglioramento delle prestazioni dei mezzi di trasporto, infatti, deve essere preso in considerazione solo per quei pochi spostamenti inderogabili. In altre parole: è impensabile che in Toscana si mantenga un tasso di motorizzazione individuale così alto, anche se si trattasse di motorizzazione elettrica piuttosto che endotermica!
Durante la seconda sessione del Forum, dedicata al tema dell’efficientamento della mobilità, fra gli altri sono stati presentati due progetti che rappresentano esempi di imprese inserite nel settore della smart logistic. La logistica è responsabile del 35% delle emissioni perché la maggior parte delle merci vengono trasportate su gomma. Ovviamente, sulla scia di quanto suggerito dall’approccio A-S-I, si auspica che si eviti il trasporto di beni inessenziali; ciò ribadito, un’attività come quella svolta da Fabio Cartolano di FitConsulting (progettazione ed erogazione di servizi di consulenza tecnico-scientifica nell’ambito della logistica per l’accesso ai programmi di finanziamento europei, nazionali e regionali per la mobilità sostenibile) è fondamentale per rientrare nei parametri del Green Deal. Altrettanto determinante è lo sviluppo di imprese di ciclologistica: si prenda in considerazione la fiorentina CycloLogica. Pietro Pucci, uno dei soci, ha testimoniato l’efficacia di un’attività logistica di questo tipo nell’ultimo miglio, ossia nel centro città e nelle prossimità in raggi di circa 2/3 km. «Secondo stime autorevoli», si legge sul loro sito web, «il 33% dei trasporti commerciali e l’80% dei trasporti privati possono essere fatte con cargobici. E il 50% delle merci in centro città possono essere movimentate con la logistica leggera».
La terza ed ultima sessione è stata una tavola rotonda sulle possibili sinergie nel trasporto pubblico composta da Stefano Baccelli (assessore a Infrastrutture e Trasporti Regione Toscana), Gianni Bechelli (presidente Autolinee Toscane), Natalia Giannelli (direttrice Trenitalia Toscana), Marco Toccafondi (responsabile Sviluppo Infrastrutture Area Centro-Nord RFI), Mariacaterina Frallonardo (CNA FITA Trasporti) e Monica Santucci (segretaria FILT-CGIL Toscana). A mio avviso, questa sessione sarebbe stata molto più interessante se fossero stati presi in considerazione dei momenti per consentire al pubblico di intervenire; purtroppo, non è un’occasione così frequente per la cittadinanza quella di potersi confrontare direttamente con i piani alti delle varie amministrazioni. È vero che Lorenzo Cecchi, responsabile Mobilità Legambiente Toscana, ha svolto egregiamente il ruolo di moderatore del tavolo ponendo domande pertinenti, ma è altrettanto vero che gli unici momenti di contraddittorio sono emersi dalle parole di Monica Santucci come quando, per esempio, ha ricordato che i disservizi nel trasporto pubblico sono spesso rintracciabili nella carenza di personale a causa di salari troppo bassi. Ritengo che, per dare un’idea, sarebbe stato interessante ricevere qualche risposta in merito alla problematica questione del tunnel TAV di Firenze – sarà per un’altra volta.
In conclusione, il Primo Forum Mobilità regionale si è rivelato essere un evento ben riuscito, perché in questa occasione sono stati condivisi risultati di ricerche inequivocabili (perfettamente in linea con il concetto di “ambientalismo scientifico” che caratterizza l’operato di Legambiente) e sono state amplificate buone pratiche che, in un modo o nell’altro, dovranno essere attuate il prima possibile da parte di pubbliche amministrazioni, aziende private e cittadini. A patto che la qualità della vita rappresenti una priorità rispetto al profitto.
Lorenzo Robin Frosini
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