Dal 25 giugno Assange è libero. Un epilogo atteso dal 2012, quando si rifugiò nell’ambasciata a a Londra, ancora più atteso dopo i millenovecento e un giorno passati nel carcere di Belmarsh nel Regno Unito. Se molti hanno festeggiato questo momento come una vittoria del fondatore di WikiLeaks, molte voci hanno guardato al patteggiamento come un colpo quasi mortale alla libertà di stampa. Assange è sempre stato dipinto dalla stampa come un individualista che ha messo a rischio le sue fonti e i suoi collaboratori, le accuse di stupro, archiviate nel 2018, aggiunsero un ulteriore tassello in questo ritratto.
Ma la liberazione di Assange non è una vittoria individuale che mette in scacco i giornalisti di tutto il mondo ma un risultato collettivo raggiunto grazie a migliaia di attivisti in tutto il mondo per cui Assange è un simbolo della libertà di informazione.
Spesso Assange è stato messo a confronto con Daniel Ellsberg, forse il primo whistleblower nel senso moderno del termine, che nel 1973 subì un processo per furto e cospirazione ai sensi dell’Espionage Act del 1917 per aver fornito al New York Times e poi al Washington Post i documenti top secret sull’intervento militare USA in Vietnam noti come Pentagon Papers. Le accuse caddero a causa della cattiva condotta del governo e della raccolta illegale di prove (condotta dai Plumbers che poi sarebbero stati coinvolti nel Watergate). Una delle accuse mosse al fondatore di WikiLeaks è proprio la contrapposizione, falsa, con Ellsberg che, a differenza di Assange, decise di sottoporsi al giudizio di una corte statunitense. L’America di oggi non è certo quella del 1973, quando forti correnti di protesta scuotevano la società e la politica americana grazie anche a un movimento contro la guerra in Vietnam che era fortissimo. Non solo, Ellsberg fu appoggiato da New York Times e Washington Post che due anni prima erano stati trascinati davanti alla Corte Suprema dal governo Nixon. Quella storica sentenza storica per la libertà di stampa non annullò però l’Espionage Act in base al quale anche Assange è stato accusato. Oggi gli equilibri del potere sono molto cambiati e nessuna testata, soprattutto legata alle elite del potere, potrebbe mai sfidare con tanta forza un governo.
Sicuramente il patteggiamento con gli Stati Uniti è stato possibile grazie alle imminenti elezioni e al fatto che lo staff di Biden, che in quasi quattro anni mai aveva fatto cadere le accuse contro Assange, ha ritenuto che questa fosse una buona mossa pre-elettorale in uno scenario piuttosto difficile per i democratici. D’altro canto Assange ha accettato la soluzione sapendo bene che in caso di vittoria di Trump qualsiasi via d’uscita sarebbe stata pressoché impossibile. Era infatti stata proprio l’amministrazione Trump a presentare formale richiesta di estradizione contrapponendo l’interesse nazionale e l’importanza del segreto di Stato rispetto alle rivelazioni di WikiLeaks.
L’importanza del lavoro di WikiLeaks è ben rimarcata da Stefania Maurizi su Il Fatto Quotidiano. L’impegno di Assange e soci ha portato a grandi scoop che hanno inaugurato un nuovo paradigma nel giornalismo d’inchiesta, fondato sulle fughe di notizie e sulle collaborazioni tra le principali testate giornalistiche internazionali. Questo modello è poi stato seguito da molti consorzi di giornalismo investigativo, come quello dei Panama Papers. Ciò che differenzia WikiLeaks è che i materiali, dopo una prima verifica di autenticità, sono a disposizione di tutti, chiunque li può utilizzare per fare indagini e ricerche accademiche. Come sottolinea Maurizi ‘Questo processo di democratizzazione dà potere ai lettori comuni: non sono solo recipienti passivi di quello che riportano giornali, televisioni, radio, ma per la prima volta hanno accesso diretto alle fonti primarie e questo diminuisce l’asimmetria tra chi ha questo privilegio, come i reporter, e chi no’. Questa affermazione da sola chiarisce la pericolosità per il potere di WikiLeaks.
Il patteggiamento, però, non toglie valore a tutto questo, né mette in pericolo la libertà di stampa. Su 17 capi di accusa di spionaggio Assange si è dichiarato colpevole di uno solo ovvero “associazione a delinquere finalizzata all’acquisizione di documenti, scritti e appunti connessi alla difesa nazionale, e comunicare intenzionalmente documenti relativi alla difesa nazionale” in concorso con Chelsea Manning. Inoltre il patteggiamento è un accordo privato fra le parti e non conta quindi come precedente legale. Su Pressenza Patrick Boylan chiarisce con dovizia di particolari tutte le implicazioni del patteggiamento.
La libertà dei giornalisti nel mondo non è minacciata dal patteggiamento di Assange ma dalle guerre e spesso dai governanti. Solo a Gaza i giornalisti uccisi sono più di 130: non vittime collaterali ma veri e propri obiettivi dell’esercito e dei droni israeliani. Mentre in Italia le querele temerarie e la criminalizzazione della diffamazione sono ostacoli enormi al lavoro giornalistico, basti pensare che solo nel primo anno di questa legislatura sono stati presentati cinque disegni di legge per riformare la normativa sulla diffamazione a mezzo stampa con aumento delle sanzioni e con l’introduzione della sospensione dalla professione per periodi da uno a sei mesi. Tutto questo procede di pari passo con le contrazioni degli spazi di democrazia nel nostro paese come la norma contro gli eco-attivisti o il decreto anti-rave.
La battaglia per la libertà di stampa è una priorità nel nostro paese e nel mondo, ma non facciamoci trarre in inganno: la vittoria di Assange non danneggia il giornalismo, al contrario è un punto a favore della libertà.
Francesca Conti
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