In seguito alle prese di posizione repressive del governo nei confronti delle ONG impegnate nei salvataggi nel Mediterraneo, ho sentito l’esigenza di salire a bordo di una di queste navi e documentarne l’attività. Nasce così un documentario di 53 minuti sui salvataggi in mare da parte delle navi ONG.
L’impegno di “salvatori di vite umane” è mistificato, a fini propagandistici, con le false accuse di complicità con gli scafisti e responsabilità delle numerose morti in mare.
Il divieto di effettuare più di un salvataggio alla volta e l’assegnazione di porti molto distanti si rivela, nei confronti dei migranti, già molto provati, una tortura gratuita ed evitabile.
Questo documentario, per quanto può essere possibile, cerca di smascherare le calunnie riguardo al più che meritevole lavoro delle ONG, unico presidio di umanità, nel cimitero liquido del Mediterraneo.
Ho conosciuto Pietro Bartolo, il “medico di Lampedusa”, ed ascoltato i suoi racconti, davvero raccapriccianti. C’è un’informazione “tossica”, come lui stesso dice e mi sono impegnato per dar luce alla verità, con la speranza di aprire il cuore a coloro che reputano i migranti “scarti umani”.
Ho iniziato questo lavoro a marzo del 2023, recandomi più volte a Livorno e Carrara per intervistare gli equipaggi delle navi ONG, cui erano stati assegnati questi “porti lontani”.
Ho viaggiato con la nave della Open Arms, da Carrara a Siracusa; ho fatto un volo di ricognizione alla “caccia di naufraghi” con i Pilotes Volontaires ed ho passato un mese a Lampedusa continuando a fare interviste.
Una breccia nel muro dell’indifferenza, dell’odio e del razzismo.
Il video vuole far riflettere sul decreto Cutro, l’assegnazione dei porti lontani ed il divieto di fare più di un salvataggio alla volta.
Premesso che non è Netflix, è autoprodotto e costato alcune migliaia di euro, non milioni di euro, quindi non aspettatevi effetti speciali acrobatici al limite della fantascienza. Mi sono immerso in questa realtà per viverla e documentarla dall’altra parte della barricata per raccontarla a tutti, partendo da Firenze, attraverso la voce di chi è lì sul campo, nel territorio di “guerra”.
Nel documentario viene data voce a persone cui normalmente i media danno poco o nessuno spazio (dai medici, al personale di macchina, ai marinai). Viene presentata l’esperienza quotidiana dei soccorritori, i loro sentimenti, le aspirazioni che li hanno condotti ad operare e che le sostengono nelle lunghe attese nei porti. Più voci e più situazioni che aspirano a dipingere i contorni di un volontariato e di un lavoro solidale verso chi rischia la vita alla ricerca di un futuro migliore.
Questa risulta essere la prima opera che mette assieme tutte le ONG senza apporre alcuna differenza fra di loro.
Il linguaggio usato nella realizzazione di quest’opera è semplice e di facile comprensione a chiunque, un linguaggio che non arriva a toccare la pancia, ma tocca il cuore e la mente.
Le immagini mostrano bellezza e le interviste sono incentrate sulla positività.
Un linguaggio “diverso” perché per troppi anni il pubblico è stato bombardato da immagini crude e violente, che con tutti i problemi che ognuno di noi ha nella propria vita quotidiana, hanno stimolato più alla chiusura che all’apertura.
Una percentuale che viene ripetuta più volte all’interno del documentario è 93% e 7%.
Nella mentalità comune, grazie alla propaganda dei vari partiti che si sono avvicendati in questi ultimi decenni, si è diffusa l’idea che senza le ONG non vi sarebbero i migranti. Niente di più falso. I numeri ufficiali riportano che il 93% dei salvataggi viene effettuato dalla Guardia Costiera, dalla Guardia di Finanza e alcuni sbarchi autonomi, mentre le navi ONG salvano solo il 7% dei migranti.
Le navi ONG tappano il buco creato dalla repressione di Mare Nostrum, l’agenzia europea che pattugliava le zone SARS e davvero funzionava e salvava migliaia di vite umane, tant’è che i morti erano davvero pochissimi.
Dopo Mare Nostrum si sono avvicendate varie agenzie fino ad arrivare ad oggi con Frontex. Un’agenzia europea che ha il costo di quasi un miliardo di euro l’anno e che NON funziona. Come dice il documentario, serve solo come specchietto per le allodole, per mettere a posto le coscienze dei governanti europei.
Questo documentario vuole essere un’appendice al film “Io Capitano”.
Lo scopo di questo lavoro, è divulgativo, per rappresentarlo nei cinema, nelle scuole, nelle università, nelle associazioni, nelle parrocchie e ovunque sia possibile.