In Italia e nei paesi occidentali siamo molto attenti a ciò che avviene vicino a noi, in particolare alla guerra in Ucraina e a quella in Medio Oriente. Ma ci sono altre gravi crisi che ci vedono implicati e responsabili; un caso gravissimo è la crisi che attanaglia la Repubblica Democratica del Congo.
Sono scarse le notizie che i media dedicano a questo paese, forse perché sono molti gli interessi che consentono politiche ferocemente coloniali per il controllo delle enormi risorse che sono presenti.
La lettera che la Rete “Insieme per la Pace in Congo” ha inviato ai parlamentari italiani nel Parlamento europeo chiarisce cosa sta avvenendo e chiama tutti ad alzare gli occhi e la testa per far cessare il pluridecennale disastro politico, militare e umanitario che avviene in favore degli interessi occidentali.
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Roma, 24 gennaio 2025
Alla cortese attenzione degli Europarlamentari italiani
Oggetto: Richiesta urgente di intervento del Parlamento Europeo per la crisi nell’est della Repubblica Democratica del Congo
Egregi Europarlamentari,
ci rivolgiamo a Voi con la massima urgenza per denunciare la gravissima situazione che, nel silenzio quasi totale della Comunità internazionale, si sta ulteriormente aggravando nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC).
Dal 1996, il Congo è vittima di una guerra di aggressione, di occupazione e di saccheggio che ha già causato oltre 10 milioni di morti e continua a devastare la regione. Il Ruanda, attraverso i suoi suppletivi – il movimento M23 (Mouvement du 23 Mars), l’AFC (Alliance du Fleuve Congo) e più di 4.000 effettivi delle forze armate ruandesi (Rwanda Defence Force, RDF) –, viola impunemente il diritto internazionale, perpetrando atti che minano l’integrità e la sovranità del Congo. Questi fatti sono stati più volte documentati nei vari rapporti del gruppo di esperti delle Nazioni Unite.
Le politiche di aggressione del Ruanda hanno portato all’annessione di territori nell’est del Congo, molti dei quali ricchi di risorse minerarie, dove sono state instaurate amministrazioni parallele, e hanno generato milioni di sfollati che cercano rifugio e vivono in condizioni disumane nei dintorni della città di Goma, mentre la città stessa è circondata, assediata e tagliata fuori dal resto del Paese. Secondo l’UNHCR, solo in questo mese di gennaio, altri 237 mila sfollati interni si sono aggiunti alle centinaia di migliaia già sfollati per questa guerra. È in corso un disastro umanitario senza precedenti che potrebbe ulteriormente aggravarsi se dovesse cadere anche Goma.
L’est del Congo vive in uno stato di insicurezza totale e indescrivibile. Questo conflitto è strettamente legato allo sfruttamento delle sue ricchezze minerarie, indispensabili per il settore tecnologico e per la transizione verde globale. Parliamo dei minerali 3TG (stagno, tungsteno, tantalio – uno dei metalli che compongono il coltan – e oro), fondamentali per l’elettronica di ultima generazione, e del cobalto, elemento chiave per le batterie dei veicoli elettrici. Il saccheggio di queste risorse non è solo un crimine contro il popolo congolese ma ci riguarda direttamente, rendendoci corresponsabili.
L’Europa non può considerarsi estranea a questo conflitto fintantoché non sanzionerà i vari autori di questi atti di aggressione, di occupazione e di saccheggio. Invece, anziché sanzionare il Ruanda, l’Unione europea l’ha premiato con la firma, il 19 febbraio 2024, di un accordo per l’approvvigionamento di minerali critici. È un fatto noto che il Ruanda non dispone di tali risorse nel proprio sottosuolo, ma le saccheggia dal Congo, come dimostrato da diversi rapporti delle Nazioni Unite.
Come “Insieme per la Pace in Congo” – una rete di persone e associazioni della società civile, con legami di cooperazione, di amicizia e di affetto con persone e realtà della Repubblica Democratica del Congo – ci siamo opposti fermamente a questo accordo e ribadiamo la nostra richiesta di un suo annullamento immediato. L’Europa deve mettere fine alla politica di due pesi due misure. Non possiamo più permetterci di ignorare questa tragedia.
Con questa lettera urgente, Vi chiediamo di agire con determinazione affinché il Parlamento Europeo:
- denunci pubblicamente l’aggressione del Ruanda contro la Repubblica Democratica del Congo
- esiga che il Ruanda ritiri immediatamente le sue forze armate e cessi di sostenere le milizie M23 e AFC
- imponga e chieda sanzioni economiche significative contro il regime di Kigali per porre fine a queste violazioni del diritto internazionale
- garantisca il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale della Repubblica Democratica del Congo
- si adoperi presso l’Unione Europea per l’annullamento dell’accordo economico firmato con il Ruanda, che legittima il saccheggio delle risorse congolesi
Diciamo no all’aggressione, all’occupazione e ai tentativi di balcanizzazione del Congo. È necessario intervenire prima che sia troppo tardi, per salvare milioni di vite e ristabilire la pace e la giustizia nella Repubblica Democratica del Congo ed in tutta la Regione dei Grandi Laghi in generale.
Confidiamo nella Vostra sensibilità e nel Vostro impegno per agire senza esitazione. Restiamo in attesa di un vostro riscontro e ci rendiamo disponibili per qualsiasi ulteriore chiarimento o approfondimento fosse necessario.
Con i nostri più cordiali saluti.
Rete Insieme per la Pace in Congo
(insiemeperlapaceincongo@gmail.com – www.insiemeperlapaceincongo.org)

Redazione

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Praticamente in contemporanea con la lettera della Rete Insieme per la Pace in Congo la guerra ha avuto una forte accelerazione:
https://www.avvenire.it/mondo/pagine/congo-i-ribelli-filo-ruandesi-arrivano-a-goma-tor
Ancora si tratta di colonialismo e guerre per le risorse; ecco un passo dall’articolo dove, tra l’altro, l’escalation della guerra è collegata allaa elezione di Trump:
Stranamente – è un eufemismo s’intende – proprio ora, a distanza di una settimana dall’insediamento di Trump alla Casa Bianca, M23 ha alzato la cresta con l’evidente sostegno ruandese. Anche se nel corso del suo primo mandato definì alcuni paesi del cosiddetto Global South (inclusi alcuni stati africani) come “shithole”, non traducibile per compostezza, oggi fonti vicine al nuovo inquilino della Casa Bianca sostengono che nella sua nuova presidenza farà di tutto per rilanciare la presenza statunitense in Africa, sia per contenere l’espansionismo cinese, sia per garantire l’accesso alle materie prime indispensabili per l’industria interna. Ecco perché è ineludibile il confronto tra gli Stati Uniti e la Cina in Africa. Certamente, disegnare scenari futuribili è azzardato, ma quello che appare chiaro è quanto la militarizzazione per procura del continente – poco importa se di matrice statunitense, cinese, islamista o altro – finalizzata al controllo delle commodity, oltre alla competizione tra i grandi player internazionali, stia portando a una radicalizzazione dei problemi che affliggono l’Africa piuttosto che a una loro soluzione.: