Paradisi bollenti: tour termale nella bassa Toscana (parte seconda).
La nostra prima tappa è Saturnia. Ci arriviamo dopo poco più di due ore di viaggio, con la pioggia che cade fitta. La strada per arrivare alle terme gratuite, verso cui siamo dirette, scende a ferro di cavallo intorno ad una vallata. All’inizio della discesa c’è un belvedere, da cui si possono ammirare da lontano le vasche. Non siamo le uniche a fermarci, e in effetti è una vista spettacolare: le cascate sono splendenti, gemme candide incastonate tra gli alberi. Fanno salire l’appetito, il desiderio di poterle toccare da vicino.
Nei cinque minuti di macchina che ci separano dal nostro obiettivo, ci imbattiamo in due agriturismi e due hotel. Ci infiliamo nella strada privata del primo degli alberghi, che costeggia un enorme campo da golf riservato alle utenti, ma al cancello, intimorite, decidiamo di tornare indietro. Il secondo hotel, invece, ha un’entrata molto più maestosa, ma sbarrata fin dall’inizio. Sul lato della strada si apre uno spiazzo, sovrastato da due eleganti cancelli in ferro battuto. Al centro, una fontanella ricorda simbolicamente la principale attrazione di questo posto: l’acqua. A destra e sinistra, due cartelli ci informano della presenza di un «restaurant 1919» e confermano che siamo proprio alle «terme di Saturnia, natural destination». Dietro a questa duplice porta magica, un vialetto tanto curato quanto espressamente videosorvegliato conduce al resort, di cui non riusciamo neanche a intravedere l’ingresso.
Riprendiamo la macchina e arriviamo fino al parcheggio a pagamento, a quattrocento metri dalle terme. L’accesso alle vasche è regolamentato da tre sbarre che impediscono l’ingresso alle macchine. Impossibile non vedere il cartello annesso, che elenca tutto ciò che è proibito: «il campeggio, il posizionamento di tende e/o simili, l’accensione di fuochi, il bivaccare, il posizionamento di oggetti, attrezzature e installazioni varie». Accanto al varco c’è un bar-ristorante, che essendo bassa stagione è chiuso. In attesa del trionfo primaverile, prendono la pioggia ombrelloni, sdraio, e i casotti degli accappatoi e degli asciugamani che sono dati in affitto, come ci informa l’apposita lavagnetta.
Le terme di Saturnia compongono un paesaggio bellissimo. Le vasche lattiginose hanno contorni curvi, disegnati da pietre che luccicano sotto la nebbiolina lieve. Avvolte dal fumo che emerge a contatto con l’aria fredda, si accumulano mollemente l’una sull’altra lungo un pendio dolce, che scivola nell’acqua gelida del fiume Gorello. Da lì, un prato risale le colline, fino a congiungersi al bosco che inizia sulla loro cima. Sembra l’ambientazione di un poema pastorale, un ritaglio di Paradiso dove non sarebbero fuori luogo creature fatate che scivolano eteree sull’orlo dell’acqua. In alcuni punti, negli incroci tra le vasche, crescono fasci di canne frondose. Tutto attorno prospera il bosco e gli alberi si riflettono sulla superficie increspata dell’acqua. Il rumore delle cascate copre gli schiamazzi delle persone, rendendo ovattato anche lo spazio sonoro. Sembra di stare in un sogno dalle linee indefinite, dove tutto è morbido e malleabile.
Nonostante sia domenica, è comunque la fine di gennaio e sta piovendo da due giorni, per cui non ci sono grandi folle. Le poche persone – saremo una trentina – lasciano i propri averi negli anfratti rocciosi attorno alle vasche, oppure li ammucchiano sotto lo scarso riparo offerto da un vecchio mulino, adesso sicuramente in disuso. È l’unico elemento evidentemente antropico visibile, ad eccezione della strada da cui siamo arrivate, lontanissima da qui. Dentro le vasche, oltre a qualche solitaria immersa nella propria catarsi, ci sono soprattutto coppie in gita domenicale, con il telefono attaccato al collo dentro una bustina di plastica. Mentre ci immergiamo con le videocamere in mano ci osservano, chi con curiosità e chi con un filo di sospetto. Tranne un ragazzo che si tuffa a favore di camera, tutte le altre distolgono in fretta lo sguardo e non chiedono niente. Forse non è così raro che arrivino persone a filmare e fotografare, e infatti verso sera compare un signore molto più attrezzato di noi, che si apposta sulla cima di una roccia.
Dentro le vasche ci si muove languidamente: sono così ampie che sembrano espandersi oltre le dita. Devono essere state costruite per accogliere molte persone e adesso, che c’è poca ressa, eliminano il rischio (o il piacere) di dover interagire con le altre. Sono terme che rispettano, anzi promuovono la privacy, il ritiro in sé come purificazione. Il senso di pulizia che sentiamo non è dato solo dal contatto con l’acqua, ma anche dal fatto che ogni elemento spiacevole o stridente è stato rimosso dal nostro campo visivo, per farci sentire davvero in una “natural destination”, dove è tutto perfettamente aesthetic. È uno spazio isolato, racchiuso dentro limiti ben definiti che lo proteggono dalle infiltrazioni del mondo, della società urbana e dei suoi inquinamenti. Sembra di stare in una bolla inviolabile, così perfetta da apparire eterna.
C’è però una nota stonata in questo idillio: l’acqua è fredda. Non veramente fredda, visto che permette comunque di immergersi piacevolmente nel pieno dell’inverno. Noi, però, siamo venute a Saturnia avendo in testa il ricordo di Petriolo, dei suoi getti così bollenti da far calare la pressione. La differenza, ci spiegheranno poi, è che la sorgente di Saturnia è segregata e amministrata dentro l’area di una grande Spa, attorno a cui sono agglomerati il club, il ristorante, i campi da golf e l’hotel dai cancelli alti dove siamo passate prima. Al mulino, l’acqua è già passata attraverso i filtri delle piscine clorate, è scesa per un chilometro come ruscelletto in mezzo ai campi e scendendo si è raffreddata, fino ad arrivare qui poco più che tiepida, da ustionante che era. Queste vasche sono piacevoli, avvolgono le gambe, ma rimane un leggero brivido addosso. Non si riesce a dimenticare che fuori si congela, a pensare a quanto si soffrirà nel tragitto che inizia dall’acqua e finisce al parcheggio. Insomma, la sensazione di scioglimento del sé che associamo alle terme si attua molto più nello sguardo che nel tatto. Quando cala il buio, la luce di un lampione non è sufficiente a illuminare le vasche. Forse non a caso, Saturnia si svuota: rimane solo una coppia impegnata a farsi le foto e una signora con un cane, il primo che vediamo oggi. Anche noi ce ne andiamo poco dopo, con lo sguardo saturo di bellezza, le gambe intirizzite e la pelle d’oca.
In macchina, dopo aver acceso il riscaldamento, annotiamo le sensazioni che Saturnia ci ha impresso addosso. Poi le mettiamo da parte e ci prepariamo per la nostra prossima tappa, il vero obiettivo della nostra impresa: le terme di Petriolo. (continua)
Paradisi bollenti: tour termale nella bassa Toscana (prima parte)
Nell’ottica di un ribaltamento gerarchico fra le forze di riproduzione, costituite dai gruppi subalterni fra cui il genere femminile, e quelle di produzione, tradizionalmente associate al genere maschile oltre che alle strutture del capitalismo estrattivista, in questo testo abbiamo deciso di utilizzare il femminile sovraesteso. In italiano è infatti grammaticalmente impossibile usare il neutro o, per questione di leggibilità, entrambe le forme.

Gaia Battaglia e Alessandro Lascialfari

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