Anni ’70? Anni di piombo! Questa è il sillogismo che ci viene propinato da anni. Che sia vero o falso, l’importante è ripeterlo continuamente affinché divenga opinione condivisa e sostenuta. Ma gli anni ‘70 sono stati, soprattutto anni di lotte importanti, di conquiste sociali: divorzio, aborto, legge 180, detenzione, vita nelle caserme, lotta per la casa. A queste lotte lo stato, con i suoi apparati repressivi rispose criminalizzando un conflitto sociale, diffuso in ogni settore, che metteva in discussione lo stato di cose presenti.
Con Il silenzio di Sabina Barilli, e come lui in passato altri come l’ultimo libro di Lucarelli oppure il sempre importante Le torture affiorate, ci porta a fare i conti con un qualcosa che veniva ritenuto inammissibile in una democrazia: la tortura. Quante volte chi svolgeva ruoli istituzionali negò l’evidenza. Quante volte fu negata la realtà.” La democrazia ha vinto senza dover ricorrere agli stadi “ ( vedi Cile … ). Una realtà fatta di soprusi, di violenze, di false fucilazioni, di sparizioni.
Certo ammettere che l’ Italia sia stata attraversata da una vera e propria guerra a bassa intensità non è cosa da poco. Eppure negli anni ’70 è accaduto proprio quanto detto. La tortura è stato uno strumento decisamente importante, spesso determinante, nelle inchieste portate avanti tra montature e “ teoremi “. Nelle pagine scritte da Barilli, troviamo Sabina, militante comunista nella lotta armata,con quattro anni di prigione sulle spalle, che la tortura l’ha subìta ed una storia d’amore nata in uno scompartimento di un treno. Tortura che ha lasciato i segni sul corpo di Sabina.
In poche pagine, Barilli riesce ad addentrarsi in aspetti che sicuramente necessitano di approfondimenti e che ancora oggi restano da investigare: la vita in clandestinità; cosa vuol dire lotta armata e come ci arrivi; il perché di alcune scelte.
Comunque la tortura resta al centro di queste 126 pagine: dalle pressioni fisiche alla “ tortura geniale “ dell’acqua (geniale perché non lascia segni sul corpo), dalle sigarette spente sul corpo ai peli del pube strappati, tortura come privazione sensoriale ed il suo uso scientifico. Questo libro, oltre a quanto detto, assume un valore anche rispetto ai tentativi, attuali, da parte della Lega, di riscrivere il reato di tortura, reato che è entrato a far parte del codice penale solo nel 2017. Tentativo non poi soltanto tale, vista la tracotanza che ha portato il governo a fare proprio il dl sicurezza, e questo tentativo va avanti tra processi su violenze commesse nei carceri ad opera delle “ forze dell’ordine “, vedi ad esempio S. Maria Capua Vetere.
Dalla tortura degli anni ’70, rimossa e mai accettata, al colpo di spugna di oggi: il filo dell’impunità non si interrompe e sta a tutti noi far si che la “ democrazia “ in Italia non subisca un nuovo colpo dalle conseguenze che ricadranno sulle spalle di chi si pone all’interno del conflitto sociale senza compromessi.

Edoardo Todaro

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