In principio fu il binomio maschilista ‘donne e motori’, su cui il marketing delle case automobilistiche puntò velocemente una volta affermatasi l’auto come feticcio consumistico. Feticcio che sempre di più misurava, con le sue prestazioni crescenti, l’affermazione sociale e la potenza economica del proprietario che ad esse poteva accedere.
Proprietario preferibilmente maschio, appunto, come per lo più maschi erano i progettisti ed i responsabili marketing delle aziende produttrici. Tutti questi ‘addetti ai lavori’, nel rivolgersi soprattutto ai principali produttori di reddito familiare, ne attraevano l’interesse consolidandone al contempo il dominio familiare e sociale; e con ciò confermavano anche il proprio ruolo di interpreti principali dei desideri dei consumatori e più in generale dello ‘spirito del tempo’.
In sostanza non si può condurre un’analisi seria ed affidabile della storia, dell’uso (e dell’abuso) dell’auto, se non si tengono presenti le strategie produttive ed aziendali nel loro evolversi differenziato anche geograficamente, e specie in relazione alle condizioni di contesto della produzione (materie prime e seconde, energia & carburanti). Ma allo stesso tempo, nel rapporto di questo mezzo di trasporto col bacino dei potenziali acquirenti, non si può trascurare il suo ormai consolidato ruolo di strumento/simbolo di affermazione sociale nonchè di solida icona di un più generale ‘sentimento’ dominante nelle varie epoche e nei vari luoghi del mondo. Per dirla tutta, forse la sovrapposizione maliziosa fra le forme e la potenza in cavalli vapore (o in watt) della macchina d’acciaio posseduta dal ‘macho’ di turno, e la sua potenza sessuale e sociale non è solo il frutto delle menti dell’industria automobilistica: su ciò si sono versati fiumi di inchiostro e impiegati decenni di ragionamenti. Ma sappiamo bene che nella pratica industriale certe posture consumistiche pur derivate da archetipi sociali e umani di incerta individuazione, si danno per ‘oggettive’ ed indiscutibili al fine di assecondarle a fin di business.
Ci interessa a questo punto considerare come l’auto d’oggi vada a rappresentare con efficacia diverse qualità deteriori della società attuale, evidenziando inoltre che spesso i consumatori, invitati a montare sulle luccicanti giostre consumistiche per loro predisposte dagli uomini d’affari, da buoni criceti ammaestrati e intrappolati ne richiedano delle più grandi e ‘divertenti’ al fine di non interrompere mai il gioco, per quanto perverso.
Il graduale ma spiccato aumento dimensionale e di potenza delle 4 ruote attualmente in circolazione è solo paragonabile – perché ben relazionato – all’incremento delle loro parti in materiale plastico o comunque non metallico (altro interessante tema che ora tralasciamo). Probabilmente tali aumenti in centimetri e watt sono stati una sorta di ‘riflesso condizionato’ delle case automobilistiche davanti al progressivo aumento di efficienza delle motorizzazioni endotermiche, che avrebbe potuto tradursi in un consumo sempre decrescente, a parità di cilindrata dei modelli di auto recenti rispetto agli antichi.
In sostanza, secondo i dati ISPRA, l’affermarsi di una tendenza al risparmio di carburante deve aver preoccupato molto i petrolieri e gli altri sostenitori delle energie fossili, tutti strettamente connessi se non coincidenti con i produttori di auto, dato il grande peso del settore automotive sul mercato dei carburanti derivati dai prodotti petroliferi. Quindi ai consumatori è stata lentamente proposta, fino all’odierna affermazione, un’immagine ‘moderna’ del feticcio automobile come dispensatore di sicurezza, di forza, di stabilità e quasi di assoluta intangibilità da parte delle minacce normali dell’andar per strada, qualsiasi strada; così finendo per alludere chiaramente ad una auto che protegge dai pericoli esistenziali in generale. Ma sottolineando in ciò la postura parecchio aggressiva di chi è deciso ad opporsi a tali pericoli con tutto il peso del proprio potere d’acquisto e della tecnologia dedicata.
Per ottenere prestazioni all’altezza delle promesse pur senza smentire le vecchie caratteristiche fondanti del mito automobilistico quali velocità, comodità, semi-ubiquità ecc., occorre un sovradimensionamento (di materiali e conformazioni strutturali, di coibenti e insonorizzanti, delle motorizzazioni) tale da generare maggiori dimensioni totali e peso del veicolo. Ecco quindi raggiunta la condizione auspicata dalle major delle energie fossili cui si alludeva poco prima: le nuove auto ‘gonfiate’ che perciò qui chiamiamo ‘bubble car’, tornano a consumare molto carburante. Con buona pace delle contemporanee pretese ‘green’, pur sempre meno convinte o addirittura ipocrite, di quella parte del sistema industrial-politico che le ammannisce ancora con disinvoltura.
In sostanza, come accade in tutti i fenomeni riguardanti la produzione e la commercializzazione di beni di consumo voluttuari e non, un mix ben studiato di esigenze vere, presunte e indotte ha di recente creato e accompagnato la nascita (o meglio la riproposizione su larga scala) di almeno due varianti dell’auto: il SUV (Sport Utility Vehicle) e il crossover. Il successo di queste proposte è stato tale da fare in modo che la stragrande maggioranza delle auto circolanti è o sarà ‘suvvizzata’ in breve tempo. Infatti, alla luce degli attuali standard di sicurezza stradale, che non nascono certo per caso ma sono invece il portato di studi ed analisi (non del tutto e sempre indipendenti) sul patrimonio veicolare circolante, nessuna nuova progettazione può trascurare la stazza e la potenza delle auto esistenti e progettate. Si è innescata quindi una spirale evolutiva davvero critica di questi oggetti, che non si esaurirà tanto presto poiché auto più grandi e pesanti hanno una massa maggiore e sono quindi cineticamente più temibili. Quindi in caso di incidente conducente e passeggeri possono essere protetti solo con maggiori sicurezze passive, che significano dimensioni maggiori e pesi maggiori, e così via via amplificando il tutto…
Pur non essendo sociologi o psicologi, pensiamo di non invadere troppo o invano campi di analisi altrui se, partendo da semplici dati tecnici come quelli illustrati in webliografia e nelle grafiche nonché da certe sensibilità progettuali, insistiamo nel vedere in questa moda automobilistica un atteggiamento fortemente difensivo/aggressivo dell’andar per auto. Cioè del muoversi attraverso un territorio ‘da conquistare’, quindi spesso concepito come fonte di problemi cui resistere, o da combattere più con la forza che con la conoscenza, l’attenzione e l’abilità. Non è certo un caso che molte delle pubblicità di SUV e simili rechino messaggi che si rifanno apertamente ai noti miti statunitensi degli spazi sconfinati da possedere per ogni dove, in assoluta libertà (di rovinarli ed inquinarli…). Un atteggiamento antropocentrico brutale e quindi a suo modo estrattivista, che non esitiamo a mettere pure in continuità con la corrente e fin qui vincente militarizzazione della società.
Motorizzazioni esorbitanti e ingorde, dimensioni imponenti (ormai oltre i limiti degli stessi stalli medi di parcheggio) ergonomia interna dimensionata su super-umani anabolizzati, superfici vetrate il più possibile ridotte ed opportunamente oscurate, interfacce digitali onnipresenti collegate ad una sensoristica ipertrofica (per dare alla guida il dominio assoluto della situazione) grande spreco di materiali anche di (finto) pregio per dare senso di forza ed opulenza, e molto altro, fanno assomigliare in tutto queste auto d’oggi a dei veri tank dei loro proprietari in guerra, civile o incivile, col mondo esterno.
Senza contare che come ogni guerra produce il suo devastato paesaggio che ne diventa il connotato abituale, auto ingombranti e pesanti infieriscono sui centri abitati storici e sulle vie di comunicazione asfaltate e non, in modo notevole, dandone però al guidatore di auto super accessoriate sempre minore sensazione e consapevolezza. Ovvero, talvolta aumentandone il gusto dell’andare tranquillo nonostante le asperità del percorso, quasi ogni spostamento fosse la tappa di un personale Camel Trophy, urbano o no. (Tutto ciò, presumibilmente, con grande felicità degli amministratori pubblici, non sollecitati a riparare buche stradali spesso gigantesche per auto di vecchie e più umane caratteristiche…)
E’ bene sottolineare che i proprietari di SUV e simili restano sempre e comunque servi del mondo reale da cui in fondo vorrebbero estraniarsi e difendersi, perché i loro costosi giocattoloni su quattro ruote producono ormai una enorme quantità di dati (vedi gli apparati di sorveglianza da remoto integrati a bordo o proposti da molte assicurazioni con promessa di sconti sulle polizze) di cui le case produttrici e l’indotto sono ghiotte. Dati che popolano il mondo e l’economia virtuale in cui siamo immersi, che servono a gestire la domanda consumistica attuale e preparano la futura, allestendo nuove ‘simpatiche’ giostre per il criceto-consumatore-automobilista.
La coscienza critica che sempre stimoliamo in noi e nel prossimo, unita ad una saggezza che pur latita, dovrebbero spingerci a ridimensionare le aspettative ‘altre’ che riponiamo sul nostro mezzo di trasporto privato, al di là del suo semplice valore d’uso. Ma tenendo in conto fattori coincidenti come la sempre più difficile manutenzione non specialistica (già da tempo non più di competenza stretta del meccanico dell’angolo), la connessa e inesorabile obsolescenza programmata del mezzo e gli inviti sempre più pressanti alla sostituzione dello stesso con modelli adeguati alle normative ambientali, l’uscita da tale ambiente estremamente condizionante non è facile.
Il ritorno al mezzo pubblico – quando c’è e funziona – e/o la condivisione di quello privato fra tanti soggetti e/o il prolungamento intelligente della vita operativa delle auto, nascono da cambiamenti profondi delle prospettive di vita di singoli e comunità, che in territori non urbanizzati o variamente difficili possono essere fuori portata dei più. Ma pensiamoci ugualmente.
L’alternativa è essere sempre in balìa di un’industria dell’automobile che pur nell’attuale aspra lotta fra l’automotive legata alla metalmeccanica tradizionale (quindi ai motori endotermici o ibridi, comunque dipendenti dall’energia fossile) e quella più dipendente dall’industria chimica (motori elettrici alimentati da batterie) rimane lontanissima delle semplici esigenze di efficiente e poco inquinante mobilità degli umani.
WEBLIOGRAFIA con stralci e commenti
https://benzinazero.wordpress.com/2017/01/25/lindustria-dellauto-agisce-come-lindustria-del-tabacco/ gennaio 2017. Avendo saturato il mercato Usa ed europeo, dove si assiste a una tendenziale riduzione per gli evidenti problemi di congestione e inquinamento, l’industria dell’auto si rivolge al terzo mondo. La stessa strategia dell’industria del tabacco: a fronte di una riduzione dei consumi in Europa e Stati Uniti, cerca nuovi mercati nei paesi in via di sviluppo.
https://benzinazero.wordpress.com/2018/07/05/i-suv-sono-molto-piu-pericolosi-di-berline-e-utilitarie/ luglio 2018. Molti hanno notato la suvvizzazione del parco automobilistico italiano, a imitazione di quello statunitense. Negli ultimi 15 anni le auto sono diventare più alte e più ingombranti. È una reazione all’insicurezza intrinseca del mezzo: siccome andare in auto è oggettivamente pericoloso per sé e per gli altri, per sentirsi più sicuri gli automobilisti comprano auto sempre più grosse, pesanti e ingombranti, pensando che guidare dentro un carro armato sia più sicuro rispetto a usare un’utilitaria (non è del tutto vero: sopra i 40 km/h la pericolosità degli impatti in auto cresce in modo pericoloso anche per automobilista e passeggeri, e anche l’esplosivo intervento dell’airbag ha la sua pericolosità).
https://benzinazero.wordpress.com/2019/01/21/i-ricchi-guidano-peggio-dei-poveri-studio/ gennaio 2019. Le persone che guidano auto di lusso mediamente fanno più infrazioni [studio comparato]
https://www.greenpeace.org/international/story/24107/bigger-is-not-better-how-suvs-are-killing-the-climate/ settembre 2019. The problems with SUVs don’t stop with climate. Because of their height and weight, you’re more likely to die if you’re in an accident involving an SUV, if you’re on foot or in another car . This is compounded by the fact that SUV drivers are less likely to obey the rules of the road and more likely to take risks while driving.
https://benzinazero.wordpress.com/2020/09/02/lenorme-aumento-delle-dimensioni-delle-automobili-a-scapito-della-sicurezza-di-ciclisti-e-pedoni-per-non-parlare-dellinquinamento-volumetrico/ settembre 2020. Auto sempre più alte e larghe comportano il mancato utilizzo di numerosi box costruiti in epoche di auto più piccole, e la crescita degli spazi di parcheggio: la larghezza standard di 2,5 metri dei posti auto classici (5×2,5) è troppo poco per i sempre più diffusi suv larghi 1,80-1,98 metri e lunghi 5 metri e oltre. Questo comporta un interessante paradosso: automobilisti che comprano auto troppo grandi per i loro box chiedono all’amministrazione pubblica di fornire più parcheggi, come se chi compra un divano troppo grande per il proprio salotto chiedesse al condominio o al comune di risolvere il suo problema di spazio. È quindi evidente che l’auto crea più problemi di quel che risolve e, dopo oltre 120 anni dalla sua invenzione, è tuttora piena di difetti: pericolosa, costosa, inquinante, ingombrante, sempre più ingombrante.
https://it.motor1.com/news/621967/auto-batterie-peso-volkswagen-volvo/ novembre 2022. Gli ultimi dati raccolti da JATO mostrano un aumento del 21% del peso medio delle auto vendute in Europa tra il 2001 e il 2022. Secondo i dati, il peso medio di un’auto venduta nel 2001 era di 1.328 kg. Questo totale è aumentato quasi ogni anno fino agli attuali 1.600 kg. Negli Stati Uniti, dove i veicoli sono più grandi, il loro peso è passato dai 1.713 kg del 2001 agli attuali 1.908 kg. (Felipe Munoz, vedi referenze).
https://www.autoappassionati.it/le-auto-di-oggi-pesano-troppo-e-da-qui-nascono-diversi-problemi/ marzo 2023. Green Ncap ha redatto un report dopo aver condotto degli studi relativi al valore inquinante delle auto calcolata sull’intero ciclo vitale. Quel che ne è uscito è un dato già noto: il peso delle auto sempre maggiore influisce negativamente sui consumi e sulla loro produzione. L’ente ha calcolato un incremento del 9% sul peso riscontrato negli ultimi 10 anni sulle auto nuove immesse sul mercato in Europa. La ricerca condotta sulle emissioni nell’intero ciclo vitale del veicolo ruota intorno ad un utilizzo stimato su oltre 16 anni e 240.000 km percorsi. A tutto si va ad aggiungere l’energia necessaria per la produzione e l’utilizzo dei veicoli, senza tralasciare le emissioni prodotte per l’estrazione delle materie prime, l’energia necessaria alla produzione, la distribuzione ed il riciclo a fine utilizzo. I dati segnalano come e auto elettriche arrivino a produrre fino al 50% in meno di emissioni climalteranti rispetto ad auto termiche, differenze che si riducono se l’analisi è fatta sulla domanda primaria di energia. Questo ha messo Green Ncap nel lanciare un appello, lo ha fatto mediante il responsabile tecnico Damyanov che ha detto:
“I veicoli elettrici e l’elettrificazione in generale offrono un potenziale enorme di riduzione dei gas serra, tuttavia, la tendenza crescente di veicoli più pesanti diminuisce questa prospettiva. Per contrastare questa tendenza, Green Ncap si rivolge ai costruttori perché riducano la massa dei loro prodotti e chiede ai consumatori di compiere decisioni di acquisto che non considerino esclusivamente il tipo di motore delle loro nuove auto ma anche il loro peso”.
https://www.greenncap.com/mission-vision/?iebrowser=1
https://www.sicurauto.it/news/novita-del-mercato/auto-sempre-piu-grandi-e-pesanti-lanalisi-di-munoz-jato/
marzo 2023. L’aumento di peso e la sicurezza passiva delle auto, oltre al comfort, sono spesso legati a doppio nodo, anche per questo gli enti indipendenti come Euro NCAP e IIHS, hanno iniziato a fare i crash test di compatibilità tra veicoli di massa diversa, ma solo recentemente. Felipe Munoz infatti scrive che: “L’obesità delle automobili è un problema crescente nel settore. Man mano che gli standard di sicurezza diventano più severi e i consumatori richiedono più comfort, le case automobilistiche stanno producendo auto più grandi. E più volume significa di solito più peso. Auto più esigenti in termini di consumo di carburante con un maggiore impatto sulle emissioni, senza escludere l’effetto sulle prestazioni”.
https://www.fleetmagazine.com/le-auto-elettriche-sono-troppo-pesanti/ marzo 2023. Trovare un’auto elettrica di medie dimensioni sotto le 2 tonnellate è difficile. La batteria dell’Hummer elettrico pesa più di un’intera Honda Civic (e si ricarica in 5 giorni, stando a un popolare video su YouTube). La British Parking Association chiede “indagini strutturali urgenti” perché il peso maggiore potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza dei parcheggi multipiano. Lo statunitense National Transportation Safety Board (Usa) esprime preoccupazioni riguardo i rischi di impatto con auto che pesano un terzo (in Usa sono anche aumentati i morti sulle strade).
https://green-alliance.org.uk/briefing/big-car-little-car-the-sustainability-implications-of-growing-vehicle-sizes/#:~:text=SUVs%20pose%20environmental%20challenges%3B%20petrol%20and%20diesel%20models,raw%20materials%20and%20generate%20higher%20emissions%20during%20manufacturing novembre 2023. SUVs pose environmental challenges; petrol and diesel models use more energy than their smaller counterparts, keeping greenhouse gas emissions high. Due to their size, battery electric models create unnecessary demand for critical raw materials and generate higher emissions during manufacturing.
https://translogistics.net/2023/11/environmental-impact-of-bigger-cars/ novembre 2023. Consumer Preference and Lifestyle : The shift towards bigger cars is largely influenced by consumer preferences. Many people opt for larger vehicles due to the perception of increased space, comfort, and utility. These cars are often seen as more suitable for family use, outdoor activities, and hauling needs. The desire for a commanding road presence and a perceived status symbol associated with larger cars also plays a significant role.
Marketing and Industry Trends. Automobile manufacturers have responded to and reinforced these consumer trends through aggressive marketing. Larger vehicles typically offer higher profit margins for manufacturers, providing an incentive to promote them more heavily. This marketing often highlights the versatility, luxury, and safety of these vehicles, further attracting buyers.
https://www.finn.com/en-DE/campaign/supersized (2023).
https://www.transportenvironment.org/articles/cars-are-getting-1-cm-wider-every-two-years-research gennaio 2024. The trend towards wider vehicles is reducing the road space available for other vehicles and cyclists while parked cars are further encroaching on footpaths. The wider designs have also enabled the height of vehicles to be further raised, despite crash data showing a 10 cm increase in the height of vehicle fronts carries a 30% higher risk of fatalities in collisions with pedestrians and cyclists.
https://www.transportenvironment.org/articles/ever-wider-why-large-suvs-dont-fit-and-what-to-do-about-it/ gennaio 2024. Spurred on by rising sales of large SUVs, newly-sold passenger vehicles (i.e. cars) are getting one centimetre wider every 2 years (see figure 1 below). All the indications are that this trend will continue without regulatory action by European law-makers. The current EU maximum width applied to all vehicles, 255 cm, was enacted to limit the expansion of buses and trucks in the mid 1990s – and was never truly intended for cars.
https://sbilanciamoci.info/lindustria-dellauto-in-sette-punti/ Marzo 2025. Contro l’affermazione dell’auto elettrica lavorano da anni le lobbies del fossile e le forze politiche sensibili ai loro messaggi, che hanno convinto larghi strati della popolazione dei Paesi occidentali che le vetture elettriche sono piene di difetti. Ma tutte le principali case del mondo stanno effettuando enormi investimenti nel settore per la transizione elettrica ed è sostanzialmente impossibile tornare indietro. (…) Le batterie sono cruciali per la vettura elettrica e per quella a guida autonoma. Lo sforzo in atto da tempo è quello di ridurne il costo anche attraverso l’evoluzione tecnologica, nonché di aumentare la durata e abbassare i tempi delle ricariche. Il costo della batteria su quello totale di una vettura, che sino a poco tempo fa si aggirava intorno al 40%, si colloca ormai al 30-35% e tende a scendere ancora. La novità principale nel settore è rappresentata dall’introduzione, preannunciata dalla cinese Byd per il 2027, di batterie allo stato solido, che rappresenteranno un significativo passo in avanti. In effetti questi prototipi racchiudono maggiore energia in uno spazio più piccolo e sono quindi più leggere, con maggiore velocità di ricarica, più sicure e più economiche.
https://sbilanciamoci.info/ue-briciole-per-lauto-e-zero-garanzie-sul-lavoro/ Marzo 2025. “Annunciano 800 miliardi di investimenti sul militare, mentre il documento che abbiamo visto sull’automotive prevede meno di 2 miliardi sulle batterie e, nel testo, su più di 20 pagine, c’è mezza pagina dedicata alle lavoratrici e ai lavoratori, su cui però non c’è nessuna garanzia dal punto di vista occupazionale né tanto meno ci sono gli investimenti in risorse per ricerca e sviluppo”. La bocciatura di Michele De Palma, che guida la Fiom-Cgil, ben fotografa il Piano per il settore europeo automotive della Commissione europea. Un documento che dovrà essere approvato dall’Europarlamento e dai governi nazionali, e che ha già conquistato un piccolo record: non piace praticamente a nessuno.
https://sbilanciamoci.info/le-materie-prime-critiche-e-strategiche-una-sinossi/ Aprile 2025. La Commissione europea ha lanciato, già nel 2008, l’Iniziativa Materie Prime, con l’obiettivo di limitare la dipendenza dalle importazioni di tali materie dall’estero, proponendo una strategia per l’ottimizzazione delle risorse in-house fondata su tre pilatri: estrazione primaria sostenibile, riciclo e sostituzione. Dal 2011, inoltre, la Commissione stila ogni tre anni una lista che definisce “critiche” quelle materie prime che superano una determinata soglia calcolata sulla base di due parametri.
https://sbilanciamoci.info/tra-crisi-e-transizione-lautomotive-italiano-al-bivio/ Aprile 2025. Un nuovo studio commissionato da ECCO e T&E Italia a un gruppo di docenti e ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e del Centro Ricerche Enrico Fermi di Roma ha analizzato gli impatti economici e occupazionali sull’industria dell’auto nazionale della mancata transizione alla mobilità elettrica. Con riferimento ai diversi scenari analizzati, il costo dell’inazione risulta compreso tra 7,24 e 7,49 miliardi di dollari di riduzione del valore della produzione e tra 66.000 e 94.000 posti di lavoro persi, causando un aumento di spesa per la cassa integrazione fino a 2 miliardi di dollari in 10 anni.
https://sbilanciamoci.info/il-futuro-dellauto-e-disarmante/ Marzo 2025. (…) lasciano sgomenti le recenti dichiarazioni del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che a margine del Tavolo automotive dello scorso 14 marzo ha esplicitamente incoraggiato “le aziende della filiera automotive a diversificare e riconvertire le proprie attività verso settori ad alto potenziale di crescita e redditività, come la difesa”. È assurdo pensare di poter salvare l’industria dell’auto riconvertendone le produzioni sul militare e distogliendo risorse e investimenti dal Green Deal per assegnarle al War Deal preconizzato dal Piano ReArm Europe della Commissione Europea. Tutt’altra è la strada da seguire, come è stato chiarito nel corso dell’appuntamento torinese dell’Alleanza Clima Lavoro. (…) Sul piano della domanda, va implementato un piano di incentivi per veicoli a zero emissioni e l’elettrificazione delle flotte aziendali, insieme a un programma di social leasing per utilitarie elettriche a beneficio delle fasce meno abbienti della popolazione, sul modello della sperimentazione francese. Per recuperare il grave ritardo accumulato dal nostro Paese sul fronte tecnologico, occorrono infine investimenti robusti sulla produzione di batterie elettriche e sul riciclo dei materiali critici.

Antonino Prizzi

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