Piccoli David in azione per salvare le Apuane!

salviamoapuaneNel nord della Toscana si trovano, non sappiamo ancora per quanto, le Alpi Apuane, meravigliose montagne che appaiono solenni sul Mediterraneo, con le loro cime ineguali, aguzze che sembrano voler assaltare il cielo. Negli ultimi decenni questa fragile catena di monti, nota in tutto il mondo per i suoi marmi pregiati, è vittima di una escavazione mai vista prima che, con l’arrivo del nuovo business del carbonato di calcio (marmo sbriciolato) richiestissimo dall’industria chimica, dall’edilizia e da molti altri utilizzi, è degenerata nel giro di un paio di decenni.

L’escavazione industriale arriva a cavare in un giorno quello che prima si estraeva in tre mesi; oggi le nostre montagne si trovano profondamente trasformate e intaccate da questa attività antropica che per sua natura risulta invasiva e distruttiva. Va ricordato che ogni anno se ne vanno oltre 5 milioni di tonnellate, aggiungendo che le cave scavano duramente sui crinali dei monti, su circhi glaciali, a ridosso delle falde acquifere, all’interno dei monti, sopra e dentro alcuni dei più importanti sistemi carsici d’Europa e oltre i 1200 metri, tutte zone ad alta protezione ambientale anche per il Codice dei beni culturali e ambientali. Possiamo infine ricordare che le Alpi Apuane sono un Parco Regionale e un Geoparco della rete mondiale Unesco; potremmo insomma portare infiniti dati per far comprendere quanto sia fragile e importante questo territorio e questa catena di monti innestata dove l’Europa incontra il Mediterraneo.

Gli industriali affermano con leggerezza che “solo” il 5% del territorio è interessato da cave (780 siti tra cave attive, inattive e saggi di cava); le Alpi Apuane sono 40 kmq e il 5% di questa superficie risulta essere quindi 2 kmq, ma questa è solo la superficie interessata direttamente dall’escavazione (ed è comunque un quadrato enorme il cui lato misura circa 1,4 km). A questa superficie dobbiamo aggiungere le strade di arroccamento alle cave, i ravaneti (così si chiamano da noi le discariche di pietre), il passaggio continuo di camion carichi di marmo o detriti, le polveri che si diffondono sul territorio, l’inquinamento acustico delle attività di cava, i sentieri di montagna e le varie strade costellate di divieti d’accesso e cartelli che avvisano per i probabili pericoli; aggiungiamo l’inevitabile inquinamento delle falde acquifere e capiamo bene che l’invasività di questa attività arriva a quasi tutto il territorio che ne rimane schiacciato e sottomesso inevitabilmente. La monocultura tradizionale del marmo ha sfamato nei decenni passati migliaia di famiglie ma ad oggi è un’attività che non ha più grandi numeri occupazionali e tiene in scacco il territorio sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista dello sviluppo economico. Si pensi che negli ultimi decenni siamo passati da oltre 14000 addetti diretti alle cave a meno di mille attualmente; per noi del movimento “Salviamo le Apuane” l’scavanzione industriale è un’attività che crea oggettivamente disoccupazione e impoverisce le comunità locali favorendo solamente un pugno di industriali e multinazionali che lucrano a discapito di tutti.

In questo contesto è nato il movimento “Salviamo le Apuane” che ha introdotto tante novità nella decennale battaglia per la salvaguardia delle Alpi Apuane, cercando di togliere l’alibi occupazionale al mondo del marmo, alibi che come detto in precedenza è sempre più smontato. Salviamo le Apuane fin dalla sua nascita ha fatto proposte concrete di riconversione economica del territorio, attraverso un piano di sviluppo alternativo per le Apuane, acronimo PIPSEA; per noi sarebbe infatti inaccettabile una chiusura immediata delle cave che lasciasse a casa i lavoratori senza prevedere una ricollocazione; i nostri monti vivono già un impattante abbandono, sarebbe invece questa l’occasione giusta per poter invertire la tendenza sviluppando un’ economia durevole basata sulla produzione agricola, boschiva, pastorale e ovviamente turistica di un territorio d’eccellenza. Per questi motivi ci siamo trovati in pieno accordo con il piano paesaggistico votato nel mese di gennaio dalla giunta regionale che prevedeva la dismissione progressiva dell’escavazione e una riconversione economica del territorio, in modo da non lasciare nessuno a casa.

Il ricatto occupazionale nonostante questa evidenza ha continuato a persistere anche se ha sempre meno consistenza. Il processo attivato da Salviamo le Apuane da qualche anno, con la Carta delle Apuane, il PIPSEA, il Colpo d’ali, ecc., ha smontato le ragioni di chi difende la monocoltura del marmo e ha proposto una parallela alternativa economica nelle Apuane, da praticare qui ed ora. E’ un grandioso processo di “rottamazione” a cui pochi possono sottrarsi. Il vecchio mondo da superare è formato principalmente dalla classe politica e da quella economica, ma nessun settore del “potere” istituzionale è estraneo, con le diverse sfumature, compreso quello dell’associazionismo e della cosiddetta società civile. Si è messa in atto una rivoluzione culturale, ma anche economica e sociale, che supera e rottama sinistra e destra, culture politiche del ‘900, residui di un passato duro a morire. Dobbiamo cambiare visione del mondo: la lotta per salvare le Apuane è questo.

Qualcuno parla ancora di lotta di classe, rivolgendosi a quello che sta avvenendo sulle Apuane, ma noi non ne vediamo. Abbiamo visto gli operai andare a braccetto con gli industriali, tutti schierati contro il “bene comune”; abbiamo visto d’altro canto tanti imprenditori schierarsi dalla nostra parte. Stiamo assistendo alla nascita di qualcosa di nuovo, alla riappropriazione da parte di un popolo della sua cultura. Come nel 1992 i popoli andini si rifiutarono di partecipare ai festeggiamenti per la “scoperta delle Americhe” rifiutando le monoculture imposte dal colonialismo occidentale e aprendo un varco importante per la riconquista della propria cultura, così noi oggi rifiutiamo la monocultura che questo sistema ha imposto alla montagna da oltre un secolo spopolandola e devastandola a favore della cultura urbana dominante. Oggi le nuove generazioni stanno reclamando un nuovo futuro, lo stanno facendo in modo nonviolento denunciando e costruendo alternative concrete che vadano a riempire i vuoti lasciati da un sistema che si sta sgretolando. Siamo davanti ad una nuova visione complessiva, in cui l’essere umano non si erge più a padrone dell’universo, il più forte non si impone sul più debole e il valore centrale non sia il profitto: vogliano riuscire a vivere in armonia con l’ambiente, coscienti che oggi grazie alla tecnologia abbiamo le potenzialità per poter superare gran parte dei problemi che ci affliggono ma allo stesso tempo possiamo distruggere in modo irreversibile la vita e il nostro ecosistema. Sulle Apuane stiamo ricostruendo il senso di una comunità che guarda al futuro e si vuole riappropriare dei suoi beni comuni e collettivi.

Ci sentiamo oggi come un giovane David davanti ad un arrogante Golia.

Erso Tetti è un attivista dell’Associazione Salviamo le Apuane!