Dopo l’assoluzione per gli agenti che hanno ucciso Michele Ferrulli, un altro morto di Stato non ha trovato udienza nelle aule di tribunale.
Dino Budroni è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco mentre era nella sua macchina, sul Raccordo Anulare di Roma, alla conclusione di un inseguimento da parte della polizia. La sua auto era ferma, lui aveva le mani alzate. Eppure un giudice, pochi giorni fa, ha stabilito che l’agente che ha sparato dovesse essere assolto per uso “legittimo” della forza.
Sono sentenze che lasciano una infinita pena per i familiari di queste vittime di serie B, e una grande amarezza in tutti noi. Sono sentenze con cui lo Stato si autoassolve nel suo spietato comminare una pena di morte che formalmente è fuori dal codice penale, ma drammaticamente presente nelle strade, nelle questure, nelle carceri.
Una pena di morte che può essere impunemente inflitta perché le vittime sono, o vengono fatte passare, per colpevoli, persone che “se la sono cercata”. Spesso con un agghiacciante linciaggio postumo: Cucchi è morto perché era drogato, non per le botte che gli hanno fracassato il corpo. Magherini era violento, anche ammanettato e con 4 carabinieri sulla schiena. Aldrovandi dava in escandescenze (!), Ferrulli era ubriaco, e Marcello Lonzi, in una pozza di sangue, ha avuto un infarto, e poi era in galera! Chi porta la divisa, la pistola, le manette e il manganello invece è un onesto servitore dello Stato. Che non può e non deve essere punito.
La realtà ci consegna scenari ben diversi. Cittadini comuni che vengono uccisi da agenti delle “forze dell’ordine” per un comportamento appena fuori norma, per una parola sbagliata, o perché nel posto sbagliato al momento sbagliato. E agenti che sui social network inneggiano al fascismo, offendono vittime e familiari, pubblicano foto di Mussolini, plaudono all’uso e all’abuso della forza. Da parte loro, naturalmente.
Per non farli morire un’altra volta, insieme ad un pezzo di ognuno di noi, non possiamo che unire le forze e rivendicare in tutti i modi verità e giustizia. Non sarà un giudice compiacente a impedircelo.
E in questa fine luglio a Genova, ancora, per un altro morto di Stato: per non dimentiCarlo!

Maurizio De Zordo

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A volte vorrei trovare parole, per la rabbia che provo, scrive bene noi cittadini di serie b. Io un altra mamma che piange il suo amato figlio…io vittima dello stato anche se lo stato e fatto di persone come me…ma la meschinità che trovo in tanti miei simili mi fa tanta tristezza. Chi sa cosa si prova ogni mattina appena svegli a pensare che avrebbero potuto non uccidere e invece dovranno portare questa realtà per tutta la loro vita…basterebbe che chi sa parlasse sarebbe tutto così semplice…non ditemi che non mi devo vergognare di essere italiana.