L’isolario arabo medioevale di Angelo Airoli

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In un qualunque gioco antropogenico, permane la sensazione e la memoria di come invece potevamo essere. La nostalgia seguente alla cacciata dal paradiso o alla perduta età dell’oro, insieme alla costatazione dei disagi e delle difficoltà a raggiungere continuativamente elementi di felicità, producono proiezioni verso nuovi paradisi possibili.

Ma, lasciando da parte i sogni escatologici, quelli relativi a un aldilà ultimo, c’è comunque la possibilità di pensarne altri semplicemente probabili, per incontrare i quali occorre però un po’ allontanarsi, oltrepassare i confini, andare egualmente lontano, spesso vicino al limite ultimo del visitabile. Andare alla ricerca di terre lontane dove l’ordine delle cose potrebbe essere diverso, dove i sogni e le pulsioni possono essere soddisfatti. Ma permane una paura. Terre e popoli, per quanto lontani, possono contaminarci, minacciare la nostra tranquilla ripetizione della quotidianità, la lontananza può non essere garanzia della possibilità di una interazione, forse invasiva.

Ecco allora le isole, universi circoscritti, meglio comunque che siano in mari lontani. L’isola dove possono trovare localizzazione i miti e le paure, il meraviglioso accattivante e quello orrifico. Le amazoni, i tagliatori di teste, i mostri marini. Isole delle pietre preziose, dell’oro a profusione. L’isola delle donne prestanti sessualmente, ma anche di quelle che sessualmente esauriscono fisicamente i maschi sino alla loro morte. L’isola dove regna una regina che siede nuda sul trono con soltanto la corona e attorniata da damigelle, ben quattromila vergini, anch’esse nude. Donne antropofaghe. Isole delle scimmie e altri animali da bestiario fantastico. Isole della canfora e delle abbondanti spezie.

IMG_7761Isole dai confini mutevoli alla mercé delle maree, di localizzazione incerta (in particolar modo con gli strumenti a disposizione nel medioevo) e con gli approdi in balia dei venti o anche del caso. L’isola sognata e quella raccontata. L’isola abitata dai mostri o che, con il mostro coincide.

Siamo di fronte a un’antologia commentata di autori arabi del medioevo. Le fantasie dunque non sono dell’autore, ma vengono da più lontano, permettendoci così anche un confronto tra i racconti dei mercanti e viaggiatori dell’Islam e quelli occidentali, con notevoli consonanze. Si raccontano quegli eventi, quelle cose degne di “narrazione” «o, se si vuole, per contemporaneo risvolto dialettico, che quanto è oggetto di “narrazione” si postula implicitamente come “evento”, “novità”». Così che in arabo “narrare”, “novità” ed “evento” hanno la stessa radice linguistica somigliando di fatto al campo semantico coperto dalla parola italiana “novella”.

Miraggi e leggende con infiniti intrecci linguistici che la lingua araba favorisce non essendovi trascritte tutte le vocali brevi che devono essere aggiunte dal lettore in base al contesto e alle sue conoscenze. Fantasie linguistiche che, se già in occidente il termine “miraggio” si traduce in tedesco “Fata Morgana”, il termine arabo “tinnin” sta sia per le trombe d’aria sia per i draghi, che infatti, come tutti sanno, sono trasportati nel cielo all’interno appunto delle stesse.

Un testo che non può non ricordarci le finzioni di Borges, le città invisibili di Calvino o altre raccolte sul tipo appunto dei bestiari medioevali. Ma, in questo caso si tratta di un “isolario arabo medioevale” dal quale ci concediamo di trarre un breve racconto, che spiega le caratteristiche di una pianta, il bis:

«[…] Con mezza misura se ne fa un veleno mortale e a chi ne prende fuoriescono gli occhi, gli si gonfiano labbra e lingua, gli gira la testa e sviene. Quando i re d’India, si rammenta, vogliono usare perfidie a re loro ostili, tirano su una schiava con il bis sin da quando è bimba: le mettono uno strato di bis sotto la culla per un certo lasso di tempo, poi sotto il materasso, poi sotto i suoi vestiti, così in maniera graduale fin quando può mangiarne senza che le accada nulla. A quel punto è pronta e quindi la inviano assieme a regali al re cui vogliono usare perfidie. Se i due giacciono, quello muore».

Angelo Arioli, Isolario arabo medioevale, Adelphi, Milano 2015, pp. 334, € 22.00.

*Gilberto Pierazzuoli

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Gilberto Pierazzuoli

Attivista negli anni 70 . Trasforma l'hobby dell'enogastronomia in una professione aprendo forse il primo wine-bar d'Italia che poi si evolve in ristorante. Smette nel 2012, attualmente insegnante precario di lettere e storia in un istituto tecnico. Attivista di perUnaltracittà.

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