Per il senso comune sembrerebbe ovvio che la pertinenza dei risultati di una interrogazione ad un motore di ricerca sia, se non univoca, semplicemente influenzata dalla specificità dell’interrogazione, ma sappiamo che da alcuni anni non è più così.
Si è pensato che là dove ci fossero dei nodi di ambiguità si dovessero scegliere dei percorsi che avessero una maggiore affinità con chi aveva posto l’interrogazione. Si è quindi avuta una personalizzazione dei risultati con due conseguenze.
La prima è che attraverso una ricerca su Google sarà più probabile trovare una conferma invece che una smentita alle proprie convinzioni con un’ovvia penalizzazione del pensiero critico; la seconda è che la personalizzazione comporta la raccolta di dati inerenti la tua persona e comprendenti le tue opinioni e preferenze di gusto, ma anche quelle etiche e politiche.
Internet è probabilmente la tecnologia più rappresentativa e più caratteristica di questa epoca; la rete infatti mette a disposizione di un gran numero di abitanti del pianeta una quantità enorme di informazioni con anche la possibilità per chiunque di poter essere non solo fruitore dei dati circolanti, ma anche di esserne produttore. Ma la rete funziona a partire dall’esistenza di un modo di orientarsi in questa enorme massa di dati, e il modo di orientarsi sono i motori di ricerca che non sono strumenti intrinsechi della rete come il sistema di scambi in quella ferroviaria, ma sono proprietà di poche aziende private con una di queste, Google, leader poco contrastata dai propri competitori.
Questa particolarità passa quasi inosservata poiché il servizio offerto è gratuito. Ma perché lo è? Semplicemente perché le aziende in questione vi chiedono in cambio i dati sulla vostra persona. Ogni tipo di dato che è possibile estrapolare dai vostri comportamenti in rete. Ogni azienda che ha dimensioni globali e che fa riferimento alla rete, possiede un’enorme quantità di dati che le permette di individuare ogni nicchia di mercato e di poter fare un’offerta ad hoc ad ogni tipo di consumatore.
Amazon raccoglie dati sulle vostre preferenze in termini di acquisti, Google scandaglierà le interrogazioni al suo motore, infine Facebook avrà a disposizione una gamma più vasta di tipologia di dati. Se poi a internet aggiungiamo il fatto che tramite la rete cellulare delle comunicazioni telefoniche mobili possiamo essere tracciati in ogni istante, che con l’uso dei pagamenti digitali e di un commercio sempre più in mano a catene di negozi ormai globalizzate ogni acquisto può essere monitorato, che il proliferare di telecamere contribuirà a documentare i vostri spostamenti, allora possiamo immaginarci che tramite un incrocio dei dati ogni vostra azione potrà essere osservata e documentata.
Ecco che ipotesi visionarie quali quelle immaginate dal P.H. Dick di Minority Report si faranno invece molto concrete; basterà che un governo imponga questo incrocio dei dati per avere il controllo totale di ogni singolo membro della popolazione.
Con la scusa dei vari terrorismi si è già avuta la totale invasione della privacy, e si è potuto assistere a pratiche impensabili in stati che si definiscono democratici come -scegliamo questo tra altri esempi – la carcerazione preventiva (seppur momentanea) di ipotetici ambientalisti dissidenti per la Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici, COP 21 o CMP 11 che si è tenuta a Parigi dal 30 novembre al 12 dicembre del 2015.
Come abbiamo visto anche Facebook personalizza la bacheca che vi trovate di fronte all’apertura del programma. Indipendentemente dal numero dei vostri “amici” (in questo social network si chiamano così le persone che avete deciso che facciano parte della vostra cerchia), troverete in bacheca non tutte le notizie che questi avranno postato ma soltanto quelle di coloro con i quali avete interagito di più. Così se inserite una comunicazione pensando che la leggeranno tutti, in realtà andrà soltanto sulla bacheca di alcuni, di quelli che probabilmente vi sono più affini, creando un circuito autoreferenziale con poche possibilità di poter far veicolare all’esterno una voce fuori dal coro.
Ora la quantità di informazioni che Facebook possiede è enorme. Più di un miliardo e mezzo di abitanti del pianeta costituisce – anche senza dover incrociare i dati con altri raccoglitori di informazioni – una potenzialità di controllo e condizionamento incredibile. Questo punto è facile da capire a livello di controllo, ma non immediato a livello di condizionamento. Per condizionamento non si deve pensare a qualcosa di simile al lavaggio del cervello, piuttosto a una forma di disagio nel trovarsi a dover esprimere idee e comportamenti diversi da quelli della gente che ti circonda se non al riparo di una nicchia che però non riesce a comunicare al di fuori.
Tutto questo è cosa ormai detta. Ma ci sono delle novità. Entrambe hanno a che fare con un ulteriore livello di “personalizzazione”. Prossimamente Google dovrebbe essere multato per una cifra record. Al centro delle contestazioni da parte dell’Antitrust europeo, la promozione del suo servizio Google Shopping a scapito delle logiche di concorrenza. Nel 2015, infatti, al termine della conclusione dell’indagine preliminare, la Commissione aveva stabilito che Google favoriva sistematicamente il proprio prodotto per gli acquisti comparativi (Google Shopping) nelle sue pagine generali che mostrano i risultati delle ricerche, deviando il traffico da servizi di acquisto comparativo concorrenti.
La seconda riguarda la presunta manipolazione dei trending topics che in alcune nazioni di lingua inglese compaiono in alto a destra sulla home di Facebook. Si tratta di una selezione delle notizie “più importanti” ricavate da un certo numero di siti di news e in particolare dalle pagine on line dei “più accreditati” giornali. In teoria la selezione dovrebbe essere neutra perché operata da un algoritmo. In realtà l’algoritmo è affiancato da una vera e propria redazione che opera in suo aiuto anche distorcendo i suoi risultati. Certo la neutralità di un algoritmo è cosa da dimostrare, ma fa egualmente riflettere il senso di autorevoli e importanti attribuiti rispettivamente alle testate giornalistiche e alle notizie. In un certo senso Facebook ufficializza quello che alcuni hanno chiamato “effetto dell’arteria principale” e cioè il fatto che anche le piccole testate attingono e scelgono le notizie da quelle più grandi che si possono permettere di avere giornalisti sul campo. A questo proposito, secondo un documento di Facebook, questi dovrebbero essere i siti italiani di riferimento per i trending topics nella nostra lingua: Repubblica, Fanpage.it, Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, Gazzetta, Libero, Mediaset.it, Msn.it, Rai.it, Sky.it, Tiscali e Virgilio.
Sia Google sia Facebook hanno manipolato il risultato di per sé non neutro degli algoritmi che sottostanno al funzionamento dei loro siti. Dimostrando una capacità e una potenzialità notevolissime, per di più in mano a una singola impresa privata.
Un’ultima considerazione: in un social come Facebook gli utenti postano le loro convinzioni politiche, etiche, sportive e le loro preferenze alimentari e culturali. Vi si può essere tracciati in ogni momento della giornata per segnalare la propria vicinanza agli amici; insomma è un programma attraverso il quale mettiamo a disposizione uno spettro molto ampio di dati sulla nostra persona così come fanno praticamente tutti gli altri utenti, e di utenti, come abbiamo già detto, ce ne sono più di un miliardo e mezzo.
Questo significa che, se preso un giusto campione della popolazione, è possibile prevedere molti dei suoi comportamenti, e con un campione di così grandi dimensioni i livelli di predizione tenderanno a diventare sempre più sofisticati e precisi tanto da permettere di interpretare e simulare qualsiasi spostamento nei comportamenti e nelle opinioni di masse significative della popolazione stessa.
Come anche di individuare e circoscrivere comportamenti ritenuti non consoni. E tutto questo, lo ripetiamo, in mano di una singola azienda privata che adesso usa questo potere per raccogliere pubblicità, ma che domani potrebbe pensare di fare anche qualche altra cosa.
*Gilberto Pierazzuoli, scrittore, attivo in perUnaltracittà
Gilberto Pierazzuoli
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