Vicenza. Unesco e non Unesco

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Quando si pensa a un sito UNESCO prende subito forma, nella nostra mente, l’immagine di un luogo ricco di eccezionale bellezza, di cultura e di straordinario pregio artistico: valori capaci di veicolare, ovunque nel mondo, il senso di unicità di quel bene.

La tutela attiva di questo patrimonio, secondo quanto prevede la Convenzione di Parigi del 1972, spetta in primo luogo allo Stato nel quale tali beni si trovano, sebbene la responsabilità debba essere ripartita fra tutti i membri della comunità internazionale (stati membri) raccolta nel Comitato internazionale del patrimonio mondiale.

rotondaL’Italia, con i suoi 51 siti, rappresenta il Paese con il maggior numero di beni iscritti nella lista del patrimonio mondiale, seguita di misura dalla Cina. Un capitale culturale di inestimabile valore da cui derivano, come affermato dal sottosegretario del MIBACT Ilaria Borletti Buitoni, «enormi potenzialità e possibilità d’azione, ma anche grandi responsabilità connesse alla capacità di saper gestire, mantenere e valorizzare un patrimonio vasto e diversificato» (maggio 2016).

Se si guarda a Vicenza città diventata, dal 1994, la capitale di un distretto culturale importantissimo, quello dell’opera del Palladio nel Veneto, status sancito proprio dal riconoscimento UNESCO (nel 1994 e nel 1996), si è portati a pensare che la «capacità di saper gestire, mantenere e valorizzare» sia tutt’altro che un fatto acquisito.

Nel corso degli ultimi quindici anni le denunce da parte di associazioni e comitati di cittadini, che davano conto di pesanti violazioni dei principi della Convenzione internazionale, si sono susseguite a ritmo costante, trovando in coloro che avrebbero dovuto occuparsi della tutela del sito (in primo luogo il Comune, in qualità di site manager) i più aspri detrattori.

Le pietre miliari di questa lista di denunce, corredata da molte altre pressioni, sono:

l’opposizione all’autostrada A31 (tratto sud iniziato nel 2005 e concluso nel 2013) che si è divorata un pezzo di campagna tra le province di Vicenza e Padova: un paesaggio bellissimo e straordinariamente ricco di patrimonio culturale diffuso all’interno del quale spiccano opere palladiane straordinarie come Villa Saraceno a Agugliaro e Villa Pojana a Pojana Maggiore;

la grande battaglia civica contro la base militare Dal Molin/Del Del Din che ha visti coinvolti centinaia di migliaia di cittadini poi ugualmente costruita, malgrado le proteste unanimi, al posto di un vecchio aeroporto in disuso a un chilometro e mezzo dal centro storico;

e più di recente: la costruzione di un enorme complesso multifunzionale (Borgo Berga) dove è stato collocato il nuovo tribunale corredato di edifici per il commercio, uffici e residenze di lusso. Una sorta di pachiderma edilizio, molto ambizioso, che incombe sulla città storica offuscando la collina dove, a poche centinaia di metri si erge la Villa Rotonda, e sui due fiumi che attraversano distinti la città e che proprio in quel punto si ricongiungono formando una piccola isola occupata da questo mostro di cemento.

Infine la battaglia, ancora estremamente attuale, contro la costruzione della linea di alta velocità/capacità ferroviaria la quale, attraversando il territorio vicentino e la città, provocherebbe danni non ancora quantificabili al tessuto edilizio e al paesaggio urbano, compensati, sulla carta, da scarsi, quasi nulli, vantaggi per gli spostamenti ferroviari.

Le denunce hanno avuto il merito di sollevare l’attenzione sul pericolo provocato sul patrimonio da progetti palesemente in contrasto con quanto richiesto dall’UNESCO e avallati, se non addirittura promossi, dal Comune.

L’ICOMOS su indicazione del World Heritage Centre si è mosso. E così, a breve, dovrebbe giungere a Vicenza una delegazione (advisory mission) con il compito di valutare sul campo quanto acquisito tramite documenti e informazioni indirette.

Il rischio di essere iscritti nella lista del patrimonio in pericolo, che corrisponde all’anticamera del ritiro del riconoscimento da parte di UNESCO, è serio e la prima relazione ICOMOS invita in modo stringente a correre ai ripari.

Con la petizione che abbiamo lanciato (https://www.change.org/p/ministro-ministro-dei-beni-e-delle-attività-culturali-e-del-turismo-on-dario-franceschini), e che vorremmo condividere con un numero ampio di persone (vi invitiamo a sottoscriverla, se siete d’accordo), chiediamo al Ministro Franceschini di revocare al Comune di Vicenza l’incarico di gestore del sito, avendo dimostrato apertamente di non considerare la tutela un obbligo nei confronti dei cittadini e della comunità internazionale.

Solo così si capirà che i cittadini non possono essere considerati complici di questa lenta ma pervicace distruzione. Si capirà soprattutto che chi denuncia violazioni e abusi non può essere considerato un “criminale”, come si è espresso nei nostri confronti il vicensindaco Bulgarini d’Elci, bensì egli si mostra come un cittadino consapevole dei propri diritti e delle proprie responsabilità, che intende muoversi nel solco dei principi dell’UNESCO e che sente in questa azione l’esercitarsi del diritto alla città.

*Francesca Leder

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