Zona rossa, di vergogna. Ecco il decoro di Nardella, ecco la sicurezza di Salvini
Una lavoratrice aspetta l’autobus alla stazione per andare al lavoro, un vecchio precedente ormai probabilmente dimenticato nelle pieghe di giorni e anni di fatiche certamente poco pagate. Un controllo, il trasferimento in caserma per l’allontanamento dalla “zona rossa”, e la notifica della trasgressione (!) dell’ordinanza prefettizia.
Non ha fatto niente di male: se ha un precedente avrà scontato il dovuto, ma questo non può bastare per i solerti gendarmi de noantri, vigili controllori del decoro e della sicurezza. Non sia mai che la nostra (ex) rea si aggiri impunemente per piazza dei Ciompi, o passi dalle Cascine, faccia la spesa in via dell’Ariento, o, appunto, aspetti l’autobus alla Stazione! Ora scatta l’impossibilità di passare da lì come nelle altre 16 zone rosse individuate dalla ordinanza del prefetto Lega (nomen omen), concordata con il sindaco Nardella e rivendicata da Salvini.
Chissà se la signora in questione avrà ancora un lavoro, e se sì come farà a raggiungerlo. E chissà quanto si sentono più decorosi e sicuri Nardella, Salvini e tutti quelli che tengono loro bordone in questo delirio vessatorio.
Che città è quella che si vieta (a pezzi, intendiamoci) ai propri cittadini e cittadine, che riconosce come prioritaria la propria missione di distinguere, espellere, allontanare? Che politica è quella che infierisce sui più deboli, che infligge pene accessorie a reati ormai giudicati, o peggio a semplici denunce, che pur di accaparrarsi un like o un ringhio di soddisfazione dei più beceri passa sopra ad ogni diritto e ogni principio?
Giuristi, avvocati, costituzionalisti stanno smontando l’atto, profondamente iniquo.
Noi rivendichiamo una città diversa, e diversi politici.
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