Quanto è pericoloso COVID-19?

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-Dipende da quanto siamo vicino al picco della pandemia

-Dipende da quanti anni abbiamo

-Dipende dalle patologie che abbiamo

-Dipende da come sarà la nostra  risposta immunologica

-Dipende da quanto è efficiente e pubblico il Sistema Sanitario della nostra regione

-Dipende da quali co-fattori negativi ambientali sono  presenti

 

Non andrà tutto bene, se ci si ammala quando siamo vicino al picco dell’epidemia (ci può essere carenza di posti letto in rianimazione); se si è over 70; se siamo affetti da più patologie; se il nostro sistema immunitario risponderà in modo troppo aggressivo (la tempesta di citochine), oppure in modo insufficiente; se ci si trova in una zona in cui ci sono pressioni ambientali negative, che deprimono il sistema immunitario, come per esempio l’inquinamento atmosferico come per esempio il  5G  ; se ci troviamo in una regione con un Servizio Sanitario Pubblico depotenziato.

Non andrà tutto bene se, passata questa emergenza, non si darà una svolta decisiva nella gestione della salute e della sanità in Italia, a partire dal cassare le diverse forme di “sanità integrativa”, incluso il cosiddetto “welfare aziendale” e la cosiddetta  “autonomia regionale differenziata”, recuperando le risorse a partire per esempio dalla riduzione delle spese militari.

L’epidemia di coronavirus ha “slatentizzato”, cioè fatto emergere, le carenze e la continuata definanziarizzazione del sistema sanitario pubblico, non interessato alla prevenzione primaria e alla promozione della salute. Come vedremo in modo analogo a quanto accade in Cina.

Fra il 2010 e il 2019 il SSN “ha perso” 45.000 posti letto e 43.386  dipendenti, di cui 7.625 i medici  e 12.556 infermieri: questo è il risultato del definanziamento del SSN cumulato in questo decennio, pari a 37 miliardi di euro. Carenze e inadeguatezze strutturali, chiusura di reparti e/o ospedali pubblici, gravi carenze strumentali, completano il quadro.” come scrive anche nel suo Appello Medicina Democratica. 

Il punto chiave: il territorio abbandonato

La battaglia contro Covid-19 si è persa subito all’inizio perché il territorio è stato abbandonato a se stesso, nella consueta ottica ospedalo-centrica. I medici di base sono stati lasciati a se stessi, forniti di risibili dispositivi di protezione individuali: 1 mascherina, 1 boccetta di disinfettante, guanti monouso. Non si sono creati adeguati corridoi sanitari per frenare il contagio, per mettere in sicurezza i pronto soccorso, proteggere i pazienti con gravi difficoltà respiratorie e gli operatori sanitari ospedalieri.

La strage dei medici e degli operatori sanitari in Italia

Non meraviglia quindi che siano deceduti 24 medici (i numeri purtroppo sono sempre in aggiornamento)  e che il 10%  circa dei contagiati è rappresentato da operatori sanitari. ‘Si tratta di vittime del lavoro, una vera e propria strage di persone impegnate, oltre ogni limite, contro un temibile nemico, senza le necessarie misure di protezione, così come accade purtroppo in tanti, troppi, luoghi di lavoro. A loro va la nostra solidarietà e la nostra più profonda riconoscenza per quanto hanno fatto. Ciò che è accaduto, certo, è stato un evento imprevisto, ma non imprevedibile’, scrive ancora Medicina Democratica. 

Il dr. Li Wenliang

E’ il medico oculista cinese di 34 anni che è stato il primo a dare l’allarme di Covid-19, e che a causa di questa malattia è deceduto il 7 febbraio. Nel dicembre 2019 in diversi ospedali di Wuhan, capoluogo della provincia dello Hubei, si erano notati diversi casi di polmoniti atipiche. Li in un gruppo di WeChat, aveva informato che sette casi di SARS erano stati confermati al mercato della frutta e dei frutti di mare di Huanan. In seguito a ciò è stato vittima di una retata della polizia cinese, insieme ad altri 8 medici, per aver diffuso “informazioni false su internet”. Poi ci sono state le scuse postume della Polizia e la Previdenza Sociale del Comune di Wuhan, che ha identificato Li come un caso di infortunio sul lavoro.

Covid-19 non è un ‘cigno nero’ e non ci sono più i medici a piedi scalzi

Non fa parte di eventi assolutamente imprevedibili e senza precedenti. Gli esperti da anni sapevano che una nuova pandemia virale stava per accadere (ascolta ‘Coronavirus: origini, effetti, conseguenze’, a cura del dr. Ernesto Burgio, in podcast su Onda Rossa). In Italia, come in Cina c’è un deficit dell’assistenza sanitaria di base. Terminato negli anni ’80 il periodo dei ‘medici a piedi scalzi’, già lo scoppio della SARS in Cina nel 2003 aveva rivelato la debolezza del sistema sanitario cinese. Si legge in Social Contagion: ‘Il coronavirus è stato originariamente in grado di impadronirsi e diffondersi rapidamente a causa di un generale degrado dell’assistenza sanitaria di base tra la popolazione in generale. Ma proprio perché questo degrado ha avuto luogo nel mezzo di una crescita economica spettacolare, è stato oscurato dallo splendore di città scintillanti e di fabbriche enormi. La realtà, tuttavia, è che in Cina le spese destinate a beni pubblici come l’assistenza sanitaria e l’istruzione rimangono estremamente basse, mentre la maggior parte della spesa pubblica è stata indirizzata verso infrastrutture in “mattoni e malta”: ponti, strade ed elettricità a basso costo per la produzione.’ 

Anche in Cina la Sanità è definanziata

Oggigiorno la spesa pubblica cinese per la difesa della salute è, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, di 323 dollari pro capite [In Italia, nel 2016, la spesa sanitaria pro capite è stata pari a 2.466 euro, sec. i dati ISTAT]. Questa cifra è bassa anche in comparazione con quella di altri paesi a “reddito medio-alto”, ed è circa la metà di quanto spendono Brasile, Bielorussia e Bulgaria. La regolamentazione è minima o inesistente, con conseguenti numerosi scandali. Nel frattempo, gli effetti di questa situazione ricadono con maggiore forza sulle centinaia di milioni di lavoratori emigranti interni, per i quali qualsiasi diritto alle cure sanitarie di base svanisce completamente nel momento in cui lasciano la loro città natale rurale (luogo in cui, sotto il sistema hukou, sono residenti permanenti indipendentemente della loro effettiva residenza, il che significa che le risorse pubbliche rimanenti non sono accessibili altrove).”

Violenze sui medici in Cina

In conseguenza di questa crisi della sanità pubblica, numerosi medici vengono uccisi ogni anno e dozzine vengono feriti negli attacchi di pazienti arrabbiati o, più spesso, dei familiari dei pazienti che muoiono durante le cure. L’attacco più recente è avvenuto alla vigilia di Natale, quando a Pechino un medico è stato pugnalato a morte dal figlio di una paziente, che riteneva che sua madre fosse morta per le cure ospedaliere scadenti. Un sondaggio condotto tra i medici ha rilevato che un incredibile 85% di loro aveva subito violenza sul luogo di lavoro e un altro, del 2015, ha rilevato che il 13% dei medici in Cina era stato aggredito fisicamente nel corso dell’anno precedente. I medici cinesi oltre a tutto visitano ogni anno il quadruplo dei pazienti rispetto i loro colleghi statunitensi, ma sono pagati meno di $ 15.000 all’anno.

“Bisogna essere consapevoli che l’emergenza COVID-19 è correlata alla drammatica crisi ambientale, conseguente un modello economico capitalistico, fondato sul prelievo illimitato di risorse dal Pianeta, il loro spreco e la produzione sempre maggiore di rifiuti. “Niente- ha sottolineato il Presidente di Medicina Democratica Marco Caldiroli– dovrà più esser come negli ultimi decenni, caratterizzati da politiche volte alla privatizzazione della sanità, con la conseguente contrazione del diritto alla salute!” 

*Gian Luca Garetti

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Gian Luca Garetti

Gian Luca Garetti, è nato a Firenze, medico di medicina generale e psicoterapeuta, vive a Strada in Chianti. Si è occupato di salute mentale a livello istituzionale, ora promuove corsi di educazione interiore ispirati alla meditazione. Si occupa attivamente di ambiente, è membro di Medicina Democratica e di ISDE (International Society of Doctors for the Environment).

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