La scuola distrutta dalla ministra Azzolina e non dal Codiv-19

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“La scuola è, ai tempi della didattica a distanza, un dispositivo che evidenzia e alimenta le differenze come svantaggio, non di certo come risorsa. Una scuola delle disuguaglianze che produce ingiustizia e marca le distanze tra chi può e chi no. È la scuola degli ineguali, senza relazione e senza futuro”. Si legge in un  appello alla mobilitazione affinché le scuole a settembre vengano riaperte in sicurezza.

Mentre stiamo portando a temine questo breve articolo è ormai arrivata la metà di maggio e la ministra Lucia Azzolina non ha ancora presentato un piano che spieghi come riapriranno le scuole a settembre: perché, senza se e senza ma, le scuole a settembre devono riaprire per garantire il diritto allo studio e contenere la dispersione scolastica, soprattutto dei minori.
Similmente, a metà maggio non sono ancora state date indicazioni certe su come si svolgerà l’esame di terza media (l’anno scolastico termina il 10 giugno).

I bambini e gli adolescenti sono stati completamente dimenticati durante tutta la fase emergenziale determinata dall’arrivo del Codiv-19 e ora, che gran parte dei settori economici stanno ripartendo, i loro bisogni continuano ad essere ignorati.

Le scuole sono state chiuse il 22 febbraio in Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna, il 5 marzo nel resto d’Italia. Sono passati quasi 3 mesi: cara Azzolina, che cosa è stato fatto e che cosa si farà per accogliere in sicurezza insegnanti e studenti il prossimo anno scolastico? Se la chiusura di marzo poteva essere giustificata con l’emergenza causata dal Covid-19, a settembre, dopo 6 mesi dallo scoppio della pandemia, di emergenza non possiamo più parlare, ma solo di negligenza, incapacità e mancata volontà.

Il Miur proclama che l’anno scolastico non è mai stato interrotto, ma questo non è vero: la didattica a distanza (DAD) è altro dalla scuola, soprattutto per i minori; è un esperimento che sta funzionando solo grazie alla buona volontà e al lavoro di insegnanti, genitori e studenti, abbandonati a loro stessi da una ministra e da una classe politica incapace di esprimere una visione della scuola che non sia punitiva. Checché ne dica la ministra Azzolina, la scuola in Italia è finita il 5 marzo e chi aveva il dovere di pensare a una soluzione per ristabilire il diritto allo studio ha completamente fallito.

La scuola è finita perché è fatta di corpi e di relazioni in presenza, di esperienze e scambi tra pari che non possono essere sostituite da lezioni frontali e connessioni in cui i compagni di classe spariscono dietro uno schermo: “Nel giro di 24 ore siamo ripiombati/e, volenti o nolenti, nel modello idraulico dell’insegnamento/apprendimento in cui io-prof produco contenuti e te li invio caricandoli su una piattaforma, mentre tu-studente ricevi, spacchetti, esegui e, quando sei molto fortunati/e, ci metti anche del tuo”, denuncia una insegnante sul sito dell’associazione Scosse, da anni impegnata in progetti dal basso per rimettere al centro della scuola i bisogni degli studenti. 

Il lavoro e l’impegno di insegnanti, genitori e studenti per far vivere questa didattica dell’emergenza ha messo un argine alla solitudine e al vuoto delle scuole chiuse: ha infatti garantito il mantenimento di un’idea di classe e per i più piccolini la possibilità di conservare un legame con le maestre, che sono importantissime figure di riferimento extra-familiari. Ma questa non è didattica, come spiegano molto bene alcune insegnanti di Firenze in una lettera indirizzata a Conte e Azzolina. 

La DAD aumenta le diseguaglianze e penalizza gli alunni più deboli, coloro che partono svantaggiati perché appartengono a classi subalterne e a famiglie che non riescono a sostenerli durante il processo di apprendimento basato sulle nuove tecnologie. Nella nostra esperienza di questi mesi, in ogni classe ci sono almeno 1-2 bambini o ragazzi che rimangono indietro o non ci collegano perché non hanno strumenti, giga o adulti in grado di sostenerli. Per risolvere questo problema il Miur ha pensato bene di mettere un po’ di soldi per acquisire nuovi tablet e finanziare la banda larga (i colossi della comunicazione, che crisi Covid-19 non sentono, ringraziano!). Ma veramente al ministero pensano che così si risolva il problema delle disuguaglianze e si renda la scuola più inclusiva? Diciamo no a questa idea di insegnamento e di didattica perché distruggerebbe definitamente – dopo decenni di tagli e di interventi distruttivi – uno dei pochi luoghi del nostro paese in cui avviene ancora la produzione di pensiero e di buone pratiche.

Il 26 aprile, quando avrebbe dovuto aprirsi la cosiddetta fase 2, dalle nebbie che hanno caratterizzato il discorso del presidente Conte è emersa un’unica certezza: la scuola non è una priorità per questo governo e questa classe dirigente. Ma noi – e sicuramente tanti altri – non ci stiamo e pretendiamo delle risposte ad alcune domande semplici e cruciali: le scuole sono chiuse dal 5 marzo, quando inizieranno gli interventi per renderle agibili in vista della riapertura di settembre? Come viene attuato e chi sta portando avanti un dialogo con il territorio per individuare gli spazi eventualmente necessari per la ripresa della didattica in presenza? In caso di mancanza di spazi idonei, dove verranno collocate delle strutture temporanee sostenibili in grado di accogliere studenti e insegnanti? Quali interventi di medio-lungo periodo sono al vaglio e dove verranno recuperate le risorse economiche per attuarli? Quanti nuovi insegnanti e bidelli verranno assunti per far fronte alle esigenze della “nuova” scuola? In che modo le “nuove” prime verranno organizzate così da accogliere un numero minore di studenti e affrontare concretamente il problema di classi sovraffollate?

Per fortuna nella scuola, come in tanti altri settori del nostro paese, ci sono energie e risorse molto migliori di quelle che dovrebbero governarci. Ci appelliamo a tutti i soggetti – insegnanti, studenti, genitori, associazioni che lavorano dal basso per il diritto allo studio e per una scuola veramente inclusiva e solidale – affinché in questi mesi vengano costruite iniziative e gruppi pressioni che abbiano come fine la riapertura delle scuole a settembre, scuole che siano sicure per TUTTI, migliori e più ricche di prima. Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema.

*Studenti, insegnanti e genitori di Firenze

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1 commento su “La scuola distrutta dalla ministra Azzolina e non dal Codiv-19”

  1. Condivido pienamente l’appello! Grazie per aver fatto riferimento alla nostra lettera inviata alla ministra e aver appoggiato e rinnovato le nostre richieste. Anna Bianchi insegnante I.C. Le Cure Firenze

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