Firenze, il lungo inverno dell’emergenza casa

Arriva lo tsunami previsto dai sindacati, e l’emergenza sfratti rischia di tornare al periodo “d’oro” del 2018. A Firenze, le procedure di sfratto in corso si aggirano sulle 3.800, il che comporterebbe, con lo sblocco degli sfratti in due tranche previsto dal governo (primo step a ottobre, liberi tutti a gennaio) fra i 100-130 sfratti al giorno. Al netto delle difficoltà burocratiche che già fanno sentire il loro peso, con sfratti fermi da anni surclassati da sfratti che hanno preso inizio a luglio, il che comporta per le famiglie circa sei mesi di tempo per provvedere a una nuova abitazione. Lasso di tempo risibile, in particolare se come dice il Sunia e confermano Unione Inquilini e sindacati di base, il 95% circa è dovuto a morosità.

Ed ecco dove il covid ha picchiato duro, mettendo in difficoltà un’intera classe medio piccola che qualcuno si ostina a chiamare “fascia grigia”. Fascia grigio antracite forse, dal momento che il covid ha giustiziato per lo più famiglie che si reggevano con stipendi che consentivano appena di non entrare in morosità. Caso tipo, famiglia monoreddito con stipendio base di 1200-1330 euro al mese, con uno o più minori, con uno dei due genitori (la madre solitamente) impegnata in un lavoro al nero. Classico, le pulizie presso famiglie, o qualche ora da badante. Il tutto, al nero, impossibile da intercettare per i vari contributi comunali che, oltre alla residenza (altro tema caldo, che investe anche fiorentini da generazioni), chiedono di mostrare l’ammanco dovuto a covid, nero su bianco. Difficile farlo quando si parla di nero su nero.

Tornando alle morosità e all’emergenza abitativa, bisogna considerare anche un altro dato, fornito dal Sunia, che parla a Firenze di almeno 6-7mila famiglie che hanno problemi abitativi significativi. Il problema principale che emerge da chi si rivolge agli sportelli dei sindacati degli inquilini sono legati ai costi
dell’abitare, ovvero al canone. Canoni che a Firenze non hanno proprio sentito l’impatto del covid, mantenendosi fra i più alti d’Italia, in particolare nella zona Unesco, ma guadagnando terreno anche sulle direttrici della tramvia. Del resto, il generale seppur lieve apprezzamento emerge anche dalle compravendite immobiliari, che non solo, come confermato dal Fiaip, acronimo di Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali, hanno tenuto molto bene non mostrando apprezzabili cali, ma hanno mantenuto i valori precovid, magari con un apprezzamento ulteriore per immobili con le caratteristiche rivelatasi preziose in tempo di lockdown: una stanza in più, grandi terrazzi e spazi esterni.

Tornando all’emergenza abitativa fiorentina, il problema di calmierare i prezzi si è fatto sentire varie volte nella storia cittadina, ad ora senza trovare soluzioni.

Un nuovo strumento che per molti potrebbe funzionare in tal senso, è la nuova Agenzia Sociale per la Casa, presentata la scorsa settimana in Palazzo Vecchio. Si tratta in realtà di una sorta di agenzia immobiliare pubblica, che dovrebbe mettere in contatto inquilini che cercano casa a prezzi calmierati e proprietari disposti a mettere a disposizione i propri immobili a fronte di una serie di “premi” fiscali e anche di qualche soldo, proprietari disposti al “sacrificio” di percepire un canone calmierato (secondo quanto disposto dai Patti Territoriali), che vedrebbero inoltre un’ulteriore garanzia da parte del Comune a farsi carico di eventuali morosità (a patto che si dimostri che sono incolpevoli) da parte dell’inquilino, fino a 12 mesi. Una formula che sembra, pur con discostamenti, ricalcare un po’ le orme di un altro strumento, quello del Comune Garante, che tuttavia non funzionò. E’ vero che gli sgravi fiscali e le altre agevolazioni sono più consistenti, e che il comune prevede anche un contributo in soldi per la messa a norma dell’impiantistica al proprietario con un tetto di 3mila euro, oltre alla garanzia per 12 mesi, ma la vera domanda è: quanto sarà allettante la formula per proprietari che possono guadagnare, senza timore di dover iniziare un lungo percorso di sfratto, anche mille euro a settimana sul mercato turistico? Mercato che tra l’altro, nonostante qualcuno pensi che sia solo una questione di falsa prospettiva di rimbalzo, sembra ricominciare a funzionare. Altro punto dolente strettamente legato al primo, è quello del costo dello strumento. Per far partire la macchina, secondo voci del Comune, sono serviti circa un milione di euro o poco più. Casa spa, ente gestore anche di questa nuova figura, ha cambiato almeno un po’ la propria natura vocata alla gestione e costruzione di case popolari, per creare un nuovo ufficio con due dipendenti, in sinergia stretta con il disastrato ufficio casa comunale, per mettere in atto le attività di matching e le altre attività legate all’avviso pubblico. A ciò si aggiunge il fondo garanzia, 500mila euro, che andrà rifinanziato di anno in anno, sempre che le cose vadano bene e i proprietari si lascino convincere che conviene.

E se non funziona? Insomma, i rischi sono due: che FASE (questo l’acronimo) diventi un inutile e costoso giocattolo, o che si trasformi in una sorta di agenzia immobiliare pubblica che punta in ogni caso non sul bisogno, ma, a conti fatti, a favorire la rendita, non solo affrancata dalle tasse che pure gravano ad esempio sui salari dei dipendenti, ma incentivata e favorita. Senza contare un altro pericolo già accennato sopra, ovvero che lo strumento, rivolto palesemente alla “fascia grigia”, rischi di non trovare più la fascia sociale di riferimento, già scivolata, complice il covid, nel
grigio scuro-nero dell’Erp.

Erp che d’altro canto non gode affatto di buona salute. Intanto, causa anche del rallentamento giuridico che ha colpito la legge 2 della Regione Toscana a causa dei 5 anni di residenza in Regione o altrettanti di attività lavorativa per l’accesso, principio colpito da incostituzionalità già due anni fa per quanto riguarda la Lombardia e poi a cascata altre regioni, eliminato solo recentemente, il nuovo bando non esce da tre anni. Tre anni di attesa che non solo hanno fatto lievitare il numero stimabile delle persone con i requisiti per l’accesso, ma hanno anche consentito di mettere in evidenza l’esistenza in città non solo degli 800 circa alloggi vuoti fermi del patrimonio pubblico non assegnabili a causa della mancanza di fondi di Casa spa per riqualificarli mettendoli a norma, ma anche quella di contenitori pubblici vuoti da anni che non sono mai stati utilizzati, in una città con grossi problemi di spazi pubblici collettivi, per una politica abitativa
popolare. D’altro canto, come suggeriscono i sindacati, il nuovo bando che dovrebbe essere imminente non risolverebbe che in parte e purtroppo una parte molto piccola, il problema. Si calcola infatti che soddisfi mediamente il 4-5% delle richieste di coloro che hanno avuto accesso. Con l’allungamento delle liste di attesa. Permanenza nelle liste di attesa che conducono dritti dritti alla modifica della norma della legge regionale 2 sulla casa inficiata da incostituzionalità. La destra ha rivendicato, con ragione, come una grossa vittoria il fatto di aver sì accettato di eliminare il principio dell’anzianità di residenza quinquennale come paletto per l’accesso, ma in cambio di aver ottenuto un criterio di premialità spinto rispetto all’anzianità di lista. Di fatto, visto il peso della premialità per chi da anni giace in attesa (meccanismo che tra l’altro era già presente nella legge, seppure più moderato) ala luce di due conti fatti dalla Rete Antisfratto fiorentina, la famiglia con più anzianità finisce per avere un punteggio pari se non superiore a quella di accesso recente con magari un portatore di handicap, minori, sfratto esecutivo e perdita di reddito. Insomma, si finisce sempre per perdere di vista il bisogno per premiare altri criteri.

Tornando sul tema case popolari, bisogna anche chiedersi quanto sia significativo il nuovo piano casa di ispirazione lapiriana, come fu definito a suo tempo, varato dal sindaco già nel suo primo mandato. Ebbene, grattando la superficie, si scopre che alcuni di questi step sono realizzazioni di progetti vecchi di almeno decenni, come il piano di riqualificazione di via Schiff, partito con la giunta Primicerio, o quello di via Torre degli Agli, circa 600 alloggi che sono per lo più già assegnati, dal momento che gli assegnatari originari sono stati spostati per consentire la riqualificazione e torneranno poi nei loro alloggi, appunto, originari. Di molti altri progetti emerge che ci si trova ancora in fase di progettazione, quindi non spendibili immediatamente. Fra gli strumenti che i fatti hanno dimostrato più utili, c’è senz’altro il contributo affitto. Tuttavia, come ha rilevato a suo tempo il Sunia, l’utilità è reale a patto che vengono consegnati tempestivamente. Dato
l’inghippo dell’incrocio col reddito di cittadinanza, da cui per legge deve venire scorporata la quota del contributo, i contributi vengono assegnati con un ritardo di almeno qualche mese rispetto all’ordinario. Sembra poca cosa, ma sono molte le famiglie che nel frattempo entrano in morosità, con i risultati che ben conosciamo.

Dunque, non c’è modo di venirne a capo? No, qualcosa di molto concreto si può fare. E funziona persino. Al netto del referendum di Berlino, in cui con oltre il 56% delle preferenze i berlinesi hanno detto sì alla espropriazione delle case sfitte ai colossi immobiliari, un segnale importante dell’aria che tira in Europa sebbene molti si dimostrino scettici sulla concreta possibilità di mettere in atto un simile provvedimento, il caso di Vienna dimostra come si può a un tempo calmierare i prezzi e combattere l’emergenza abitativa. Nella capitale austriaca infatti per gli immobili antecedenti agli anni ’50 vige un obbligo d’affitto con un tetto rispetto ai canoni. Qualcuno obietterà che in Italia le leggi lo impediscono. Allora, ci chiediamo, a cosa serve la politica, se non a cambiare le leggi in aderenza ai mutamenti socioeconomici che investono il Paese?

Stefania Valbonesi