Continua la lunga lista delle morti in carcere, e ancora una volta è un detenuto di Sollicciano, che ha il triste record italiano dei decessi dall’inizio dell’anno. E continua nell’indifferenza e nel disinteresse: come sempre il carcere è uno dei grandi rimossi nella pubblica coscienza.
Pochissimi a Firenze saprebbero anche solo trovarlo, Sollicciano, molto più facile guardare da un’altra parte, del resto ben indirizzati da una informazione mainstream che trova più elegante parlare del look della ministra Boschi o delle vacanze di Renzi, e da una classe politica che mai ha realmente pensato di porre mano alle allucinanti condizioni che si vivono nelle carceri. Anzi, a partire dalla destra di Alfano o di Salvini si tende ad inasprire ulteriormente quelle condizioni, con spirito ferocemente forcaiolo che però vale solo per i poveri cristi: gli amici, quelli no, quelli si salvano sempre.
Così a nessuno veramente interessa sapere che nonostante un calo nelle presenze a Sollicciano ci sono oltre 690 detenuti a fronte di una capienza di 492, che in molte delle patrie galere si sta chiusi 20 ore al giorno in tre o quattro metri quadri a persona, che maltrattamenti e pestaggi sono la regola.
O che ci sono oltre 700 prigionieri sottoposti al regime del 41 bis:
– isolamento per 23 ore al giorno (soltanto nell’ora d’aria è possibile incontrare altri prigionieri, al massimo tre); colloquio soltanto con i soli famigliari diretti (1 ora al mese), con vetri divisori, telecamere, microfoni, che impediscono ogni contatto diretto, anche vocale; “processo in videoconferenza”, rafforzando l’assoluto isolamento del detenuto che si protrae spesso per anni; divieto, per punizione, di scambiare parola e saluti tra prigionieri (introdotto con decreto da Alfano qualche anno fa); censura-restringimento nella consegna di posta, stampe, libri.
Per rompere il silenzio pubblichiamo di seguito una lettera delle detenute del carcere di Pozzuoli, e una dei detenuti della sezione Alta Sicurezza 1 del carcere di Parma. Continueremo, anche in futuro, a dare voce e accendere qualche luce su quell’universo parallelo e dimenticato che è il carcere. E a aggiornare la timeline delle morti in carcere per tenere puntata l’attenzione di una realtà aberrante e rimossa.
Sono una detenuta di Pozzuoli
vi scrivo anche da parte di tutte le detenute di questo carcere, anche se nessuno di noi può firmare, se no subito ci puniscono e non ci pensano su una volta a metterci in isolamento, che è una stanza che puoi fare solo i bisogni personali e non stare a contatto con nessuno.
Per prima cosa vogliamo che voi sappiate che tutte le lettere che vi mandiamo gli assistenti non ve le fanno arrivare per paura che noi vi scriviamo come siamo trattate qua dentro, e anche quando venite qua fuori non ci consentono di parlare né con voi né con i nostri familiari, nemmeno per salutarli, se no subito fanno abuso di potere incominciando a metterci i rapporti. Si perché in questo “inferno” che noi viviamo, andiamo avanti solo con le minacce dei rapporti, anche per una sigaretta, che è l’ultima cosa che ci è rimasta qua dentro, in questo inferno che è così facile ad entrare, ma così difficile ad uscire.
Vogliamo informarvi che viviamo in una stanza in cui siamo degradate e costrette a vivere piene di umidità. La mattina dobbiamo alzare i materassi perché sono bagnati di umidità e quando viene qualcuno da fuori gli fanno vedere solo la terza sezione che è un po’ meglio, mica li portano alla prima e alla seconda, dove è molto peggio della terza.
In ogni stanza viviamo in 10 persone e devi fare la fila per andare in bagno e svegliarti presto per farti una doccia prima che l’acqua calda va via; lo shampo lo possiamo fare solo una volta a settimana, quindi adesso è quasi estate e ci possiamo anche arrangiare, ma pensate quando viene l’inverno quello che dobbiamo subire. Tanto che l’inverno, tante volte, talmente che fa freddo che ci alziamo solo per mangiare.
Andiamo avanti. Il vitto è un vero schifo ed è anche insufficiente. Tante volte pensiamo che è meglio mangiare alla Caritas che qua dentro. Chi ha soldi per comprarsi qualcosa da mangiare e cucinarlo stesso noi detenuti mangiamo, ma chi non fa colloqui o non ha soldi può solo fare la fame.
I prezzi qui da noi anche sono un abuso di potere. Paghiamo tutto, non di più, ma addirittura il doppio. Anche le cose di prima necessità, come la carta igienica. Si, perché qui nemmeno quella ci danno: se hai i soldi ne puoi fare uso, altrimenti non so cosa dovremmo fare. E qui ce ne sono tante a cui mancano i soldi, anche per questo.
E a noi con i prezzi che paghiamo qua dentro, i nostri familiari per mantenerci, anche loro, cosa devono fare? Forse fra poco penso che dovranno pure loro fare reati come noi per metterci i soldi sul libretto. Che spesso e volentieri ci vediamo segnati sul libretto anche soldi che noi non abbiamo speso, ed è inutile anche chiedere spiegazioni, se no subito ci minacciano con il solito rapporto che hanno sempre a portata di mano.
Certo c’è qualche assistente che è più umano verso di noi, ma per il resto ci trattano proprio da detenute come fossimo dei mostri viventi.
Parliamo anche un po’ del servizio sanitario. Qua per prima cosa anche se qualcuno di notte sta male l’assistente fa finta di non sentire, perché l’infermeria la notte non vuole essere disturbata. Quindi devi aspettare la mattina che passa il carrello, quel carrello sempre pieno di psicofarmaci che vogliono darci sempre. Questo sempre per farci addormentare e quindi per non essere disturbati. Figuratevi che a Pasqua dormivamo tutto il carcere ed abbiamo avuto il dubbio che abbiano messo qualcosa nel cibo, perché è impossibile che dormivamo tutte le detenute.
Noi detenute della Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli vorremmo che voi ci aiutiate, ma sappiamo anche che anche se venite da noi siamo state avvisate che dobbiamo dire che qua va sempre bene e che ci trattano bene: sono tutte bugie che siamo costrette a dire.
Vorremmo che questa lettera venisse pubblicata su qualche giornale affinché tutti vengano a conoscenza che qui non è un carcere, ma è solo l’inferno, un inferno che siamo costrette a vivere. Che si passassero un po’ la mano sulla coscienza (se ce l’hanno ancora). Noi già soffriamo per la lontananza dei nostri familiari e soprattutto per i nostri figli che abbiamo lasciato fuori.
In nome di tutte le detenute di Pozzuoli vi chiediamo solo di fare qualcosa affinché possiamo soffrire solo per la lontananza dei nostri cari e non anche sopportare tutti i soprusi che subiamo qua dentro, cioè l’inferno.
Grazie
Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli
(Inferno di Pozzuoli, tanto è uguale)
Ah dimenticavamo anche un’altra cosa. Lo sapete che quando lavoriamo il carcere si prende 50 euro ogni mese per il letto? Si lavora molto e prendiamo quasi l’elemosina e quindi questo è un altro abuso, di sfruttamento vero e proprio.
Ma lo Stato questo lo sa? O conviene anche a loro?
Al Capo dello Stato, Al Ministro della Giustizia, Al Capo dell’Amministrazione Penitenziaria, Ai Magistrati di Sorveglianza di Reggio Emilia, Al Direttore della Casa di Reclusione di Parma, Al Garante dei Diritti dei Detenuti Regione Emilia-Romagna. E p.c. Senatore Luigi Manconi
Siamo i detenuti del reparto AS1 C.R.di Parma
Abbiamo deciso di rivolgerci alla SS. LL. dopo essere venuti a conoscenza del fatto che la sezione AS1 di Padova sarà dimessa e che i detenuti di quel reparto-secondo notizie giornalistiche- verranno trasferiti presso il reparto AS1 della C.R. di Parma.
Vogliamo, innanzitutto rivolgerci alla SS. LL. in termini civili, quei termini che ci consentono di affrontare una comunicazione responsabile e cosciente atta a fare conoscere e comprendere quali sono le difficoltà che segnano la nostra quotidianità.
Gli argomenti che tratteremo, per quanto complessi, sono indissolubilmente legati alla vivibilità all’interno delle celle e alla qualità della vita al di fuori di esse.
La sezione AS1 della C.R. di Parma, attualmente ospita 27 detenuti, per una capienza max di 25 posti. Tra gli ospiti qui reclusi, 19 sono ergastolani, i rimanenti 8 scontano condanne ventennali o trentennali.
Nel computo dei 27 ci sono persone affette da malattie debilitanti, altri soffrono di problemi psico-fisici-claustrofobici, altri ancora sono studenti universitari, infine ci sono individui con discrete condizioni fisiche. Per tutti, nessuno escluso, vale il principio del rispetto della dignità umana.
Dignità citata nelle premesse delle regole penitenziarie europee del 2006, ma anche all’art. 18 (I locali di detenzione e, in particolare, quelli destinati ad accogliere i detenuti durante la notte devono soddisfare le esigenze di rispetto della dignità umana e, per quanto possibile, della vita privata e rispondere alle condizioni minime richieste in materia di sanità e di igiene, tenuto conto delle condizioni climatiche, segnatamente per quanto riguarda la superficie e la cubatura).
Noi stiamo chiusi in cella 20 ore su 24. Le 4 ore sono assegnate ai passeggi.
Locali questi non idonei ad ospitare 27 persone, se si considera la superficie minima disponibile per ogni maiale che, secondo la direttiva CEE 91/630, recepita dall’Italia con B.L. n°534/92 e direttive 2001/88 e 2001/93, è di 6 mq.
Le celle detentive, per capienza, possono ospitare solo un detenuto. Se all’interno venissero collocate 2 persone lo spazio disponibile calpestabile pro-capite scenderebbe sotto i 3 mq, spazio calcolato al netto dell’ingombro del mobilio.
La cella è provvista di un piccolo wc privo di finestra. Il ricambio d’aria dovrebbe avvenire attraverso un areatore dimensioni di cm 10×10, ma questo non avviene e giornalmente chi vive stipato in due all’interno della stessa cella è costretto a respirare gli odori maleodoranti causati dai bisogni fisiologici del compagno di cella. Per le operazioni di pulizia corporale la porta del wc rimane aperta. Abbiamo costatato l’impossibilità di lavarsi nel lavabo con la porta chiusa. Questa situazione non è sufficientemente adeguata ad assicurare un minimo di privacy.
Ai fini della determinazione dello spazio individuale minimo intramurario, la giurisprudenza nazionale ha precisato che, dalla superficie lorda della cella debba essere detratta la superficie occupata dagli arredi, individuando nel suolo calpestabile il parametro di calcolo. Una misura questa calcolata sulla base del criterio di 9 mq per singolo detenuto, più 5 mq per gli altri. Lo stesso spazio per cui in Italia viene concessa l’abitabilità alle abitazioni, condizione più favorevole rispetto ai 7 mq per singolo detenuto più 4 mq stabiliti dal CPT per gli altri. (Fonte DAP, Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo statistica e automazione di supporto dipartimentale).
Tratto da Guida al Diritto nr°30 del 19/07/2014.
Tra gli aspetti della qualità della vita di noi detenuti AS1 da segnalare la mancanza di una biblioteca, di una scuola, di lavoro, l’esclusione alle nomine a Commissioni esterne, a corsi professionali finalizzati. Ma la questione dell’inumanità della pena non si esaurisce nello spazio messo a disposizione a una persona in carcere, ma vanno contemplati altri parametri, tra i quali spicca quella evidenziata nello standard del CPT, parte I, art. 47, che, nello specifico, afferma: “Tra i 3 ed i 7 mq a disposizione la disumanità è inversamente proporzionale al grado di implementazione di una serie di fattori compensativi, il primo fra tutti è assicurare che i detenuti possano trascorrere una ragionevole parte della giornata -8 ore o più- fuori dalla cella occupati in attività motivanti di vario tipo. Per i condannati i regimi dovrebbero essere di livello ancora più elevato”.
In considerazione di quanto descritto pare opportuno rivelare alle SS. LL. che l’eventuale -quanto probabile- arrivo di altri detenuti restringerebbero i già esigui spazi vitali in cella e se lo spazio recluso diventa incapace di garantire lo spazio vitale, viola la dignità umana.
Ci appelliamo alla sensibilità delle SS. LL. vi chiediamo una pena coerente con la dignità umana, spazi di vita umani, Trattamento umano, riconoscimento pieno di diritti, salvaguardando l’integrità psico-fisica della persona qui detenuta, nel rispetto dell’art.27 della Costituzione.
I detenuti
*Maurizio De Zordo, attivo in Acad, Firenze Antifascista e perUnaltracittà
Maurizio De Zordo
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