Matteo Renzi ha reso celebre in tutta Italia la Leopolda con le sue iniziative di grande effetto scenico, tutte “chiacchiere e lustrini”. Proprio da questo luogo, un mix di memoria storica (la stazione ferroviaria del Granduca Leopoldo) e di eventi contemporanei (la moda, le rassegne musicali etc.), il piccolo Caudillo ha preso slancio per il suo percorso politico da Firenze a Palazzo Chigi.
Ma la Leopolda, dietro il proscenio sfavillante, ha anche un’altra faccia, in cui predominano incuria e degrado, proprio a ridosso del Teatro dell’Opera, il Nuovo Teatro Comunale, ancora incompiuto (punto centrale di quello che dovrebbe diventare il Parco della Musica).
Passano i sindaci – a Renzi è seguito Nardella – ma il degrado che caratterizza “l’altra faccia della Leopolda” è ancora ben presente, senza peraltro che si prospettino soluzioni adeguate. Eppure sia per Renzi che per Nardella risulta prioritaria la lotta senza quartiere ai lacci ed ai lacciuoli posti dalla burocrazia e dalle lungaggini amministrative (o i lacci e lacciuoli che essi intendono eliminare sono soltanto quelli che riguardano le imprese, e che spesso coincidono con i diritti di chi lavora?).
Uno stato di abbandono
Scendiamo allora nel merito del caso della Leopolda (quella dietro le quinte). E’ possibile che una zona abitata da migliaia di persone viva da oltre 5 anni in uno stato di abbandono e che le indispensabili opere di urbanizzazione (il completamento di una piazza, i collegamenti stradali, la realizzazione degli spazi verdi previsti, l’illuminazione, la realizzazione di una pista ciclabile e di un minimo di arredo urbano – cestini, panchine -) siano rinviate di anno in anno, con un degrado (dovuto anche allo stato di abbandono in cui versano i capannoni, ancora delle Ferrovie, al di là dei binari), che progressivamente porta ulteriore degrado e insicurezza?
E’ accettabile che l’area accanto a piazza Bonsanti, destinata all’edificazione da una lottizzazione poco attenta alla qualità della vita (altrimenti sarebbe stata destinata a verde e non ad accrescere il cemento), sia oggi un terreno incolto, da bonificare, sempre più assimilabile ad una discarica? E che mentre si facevano, tre anni fa, turni notturni di lavoro per portare a parziale compimento il Teatro (in modo da giustificare la prima inaugurazione) e successivamente si sono avuti turni continui per finire nei tempi previsti la grande piazza davanti al Teatro stesso, rimanga nella sua condizione di eterno cantiere lo spazio a 100 metri di distanza?
In che modo un’amministrazione opera a favore della cittadinanza, se non è in grado di far effettuare alle ditte costruttrici, a cui spetterebbero [la CEPA, poi fallita, il Consorzio ACLI/Giotto] o di effettuare essa stessa, le indispensabili opere di urbanizzazione? Oppure esistono cittadini di serie B, ed anche Z, che hanno minori diritti e che non vengono minimamente ascoltati quando presentano le loro richieste e le loro proposte al Comune?
Il Comitato per la Rinascita della Leopolda
In effetti le persone che abitano alla Leopolda, dopo aver portato a lungo pazienza, si sono organizzati, da circa tre anni, in un Comitato – il Comitato per la Rinascita della Leopolda – ed hanno denunciato la situazione, fatto assemblee, incontri in Palazzo Vecchio, sopralluoghi insieme agli amministratori, raccolto firme su petizioni, richieste, proposte, messo in atto varie forme di protesta. Ma le questioni principali che essi ponevano e pongono rimangono irrisolte, né vengono indicati dei tempi certi per la loro soluzione. Occorre, ovviamente, eliminare il degrado, ma anche sanare una condizione che vede la mancanza di luoghi di aggregazione, di servizi, di spazi verdi adeguati.
Non devono più esistere due Leopolde, quella luccicante di Renzi ed un’altra (“l’altra faccia della Leopolda”) in stato di abbandono. La zona denominata Leopolda deve essere un tutt’uno e costituire una parte, piccola ma importante, della città, sia dal punto di vista culturale (va portato a termine, finalmente e davvero, al di là delle varie inaugurazioni parziali, il Parco della Musica), che nell’ottica abitativa ed urbanistica (dopo anni di latitanza delle istituzioni, si impone la realizzazione di un ambiente che ponga al primo posto la qualità della vita di chi vi abita).
Un’urbanistica al servizio di venditori (di terreni) e costruttori
Dalle vicende, tutto sommato assai limitate, di una piccola zona di Firenze è possibile trarre alcune indicazioni su quella che è stata, e continua ad essere, la politica urbanistica del Comune di Firenze (e, più in generale, ai criteri che hanno impostato le politiche urbanistiche nella maggior parte delle città) durante gli ultimi decenni.
La zona denominata Leopolda è sorta sui terreni delle Ferrovie (un tempo c’erano delle officine per la riparazione di locomotive e vetture) messi in vendita dall’Azienda e resi disponibili per nuove edificazioni dal piano di urbanizzazione comunale redatto al tempo della giunta Domenici, con Gianni Biagi Assessore all’Urbanistica. Il piano prevedeva lo sviluppo di strutture abitative, e quindi l’arrivo di centinaia e centinaia di abitanti, senza individuare alcuno spazio per servizi sociali, con il verde ridotto ai minimi termini delle aiuole spartitraffico e di alcuni fazzoletti di terra fra un edificio e l’altro.
Ne viene fuori una prima considerazione: l’Amministrazione, nel predisporre i propri interventi di pianificazione urbanistica, ha presenti in primo luogo gli interessi dei venditori dei terreni e dei costruttori, mentre le esigenze della cittadinanza (di avere un ambiente dotato di servizi e di verde) rimangono sullo sfondo, magari per essere citate nelle relazioni che accompagnano i piani. Ma il prevalere di tali interessi non si limita alla fase della pianificazione.
Le opere di urbanizzazione
Ai costruttori spettano le opere di urbanizzazione, ma le abitazioni vengono messe in vendita prima che tali opere vengano realizzate (è quello che si è verificato nella zona Leopolda, ma non credo che sia un caso isolato). Cosicchè quando le case cominciano ad essere abitate le opere di urbanizzazione sono ancora ben lontane dall’essere completate. Nella situazione della Leopolda ciò continua ad essere realtà a distanza di 5 anni da quando l’ultimo palazzo è stato finito.
L’Amministrazione, così sollecita nel garantire i diritti di edificazione garantiti dalla pianificazione urbanistica, si mostra impotente di fronte alle inadempienze dei costruttori. In tutto ciò si registra una notevole continuità di comportamenti fra la Giunta Domenici e quelle che l’hanno seguita.
Risposte politiche, risposte tecniche
Ultimamente, di fronte alla richiesta del Comitato che l’Amministrazione provveda a sanare un difetto di partenza riconvertendo a verde l’area su cui non è stato costruito l’edificio previsto a causa del fallimento della CEPA, la ditta costruttrice, l’Assessora all’Urbanistica Elisabetta Meucci (oggi Consigliera regionale) aveva detto di essere politicamente d’accordo, salvo poi passare la parola ai tecnici che hanno invece messo in evidenza l’impossibilità di procedere in tal senso. Ma il Sindaco non dovrebbe avere anche funzioni volte a tutelare la salute e la sicurezza delle persone? Va sottolineato che la realizzazione dell’immobile in questione si basava su una convenzione con il Ministero dell’Interno probabilmente non più in funzione a distanza di tanti anni e che sta nei poteri del Comune non rinnovare la concessione e definire, con una variante, una diversa destinazione dell’area.
Il ricorso all’utilizzo della cauzione per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a carico della CEPA, divenuto obbligatorio dopo il suo fallimento, ha comportato oltre un anno di trattative con l’Assicurazione (trattative che non si sono ancora concluse). Altro che eliminazione dei lacci e lacciuoli quando si tratta di dare risposte concrete alle esigenze della cittadinanza!
Sull’altro costruttore che dovrebbe provvedere alle opere di urbanizzazione, il Consorzio ACLI/Giotto, l’Amministrazione, sempre a detta dei tecnici a cui l’Assessora demanda le risposte, vuole esercitare una “moral suasion” (ma visto che sono anni che tale opera di persuasione è in atto e che i risultati non sono stati certo significativi, non c’è molto da sperare per il futuro).
I progetti di sviluppo oltre la ferrovia
Il destino della Leopolda è strettamente collegato ai progetti urbanistici riguardanti gli spazi oltre i binari, quelli ancora in possesso delle Ferrovie.
Dai primi elementi che abbiamo si tratterà di un’ulteriore processo di cementificazione, fra l’altro, con edifici molto alti. L’Amministrazione si era impegnata ad un’ampia consultazione sui suoi progetti, ma per ora si sono avuti continui rinvii delle date previste al riguardo.
Se il confronto non sarà solo d’immagine – com’è stato nell’operazione “cento luoghi” -, sarà necessario battersi per cercare di ridurre i volumi previsti, e le altezze degli edifici, per garantire il collegamento con Le Cascine, per recuperare nei nuovi spazi le strutture socializzanti e per i servizi sociali che mancano completamente nella zona della Leopolda.
Tali posizioni potranno essere portate avanti dal Coordinamento delle realtà di base esistenti nell’area Porta a Prato-San Jacopino, di cui il Comitato per la Rinascita della Leopolda fa parte.
E’ soltanto sulla base di progetti costruiti in modo partecipato, quindi insieme alla cittadinanza, che si potrebbe operare una svolta nella politica urbanistica comunale, facendo della Leopolda e dell’area oltre la ferrovia un virtuoso intreccio di funzioni culturali, ambientali, residenziali e dando così vita ad una cerniera attiva e vitale fra la zona centrale e la parte ovest di Firenze.
Per un’urbanistica non più non più solo al servizio dei venditori (di terreni) e dei costruttori.
*Moreno Biagioni, Comitato per la Rinascita della Leopolda
Moreno Biagioni
Ultimi post di Moreno Biagioni (vedi tutti)
- A Firenze per una società della cura, a vent’anni dal Social Forum - 17 Novembre 2022
- Territori solidali - 9 Novembre 2021
- L’uso razzista del linguaggio - 10 Ottobre 2019