Le stagioni di Zhat: l’Egitto moderno di Sonallah Ibrahim

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 Comunista, in carcere per due volte negli anni di Gamal Abdel Nasser, è stato tra i fondatori di Kifaya (Basta!), movimento contro la rielezione dell’ex presidente Hosni Mubarak nel 2005. In quegli anni Ibrahim rifiutò un ingente premio in denaro del ministero della Cultura. Lo scrittore, 79 anni, attivista dell’Alleanza socialista in cui militava la poetessa egiziana, Shaimaa al-Sabbagh, uccisa il 24 gennaio scorso mentre portava una rosa in piazza Tahrir in occasione del quarto anniversario dalle rivolte del 2011, ha appoggiato il colpo di stato militare di Abdel Fattah al-Sisi del 3 luglio 2013. Ma Ibrahim è un intellettuale sorprendente e imprevedibile tanto da essersi dissociato dall’attuale repressione in Egitto. E ha deciso di non partecipare al voto in corso per le parlamentari.

zhaatLe stagioni di Zhat racconta dell’emancipazione di un popolo dall’occupazione britannica: una parabola della storia egiziana dalla presidenza di Gamal Abdel Nasser fino alla modernizzazione degli anni Ottanta e al capitalismo clientelare di Hosni Mubarak. Nasser e Sadat, come nei peggiori regimi autoritari, appaiono anche nei sogni dei protagonisti. Ma il libro parla anche dell’emancipazione di una donna: la protagonista Zhat è figlia della rivoluzione del 1952. Con l’avvento di Mubarak si impunta talmente con i suoi colleghi dell’ufficio dell’amministrazione pubblica dove lavora da chiedere che non venga rimossa la foto di Nasser, per fare spazio all’immagine del nuovo raìs, ma quella del suo successore, Sadat.

Zhat in arabo significa «sé». Un sé collettivo ma anche un’autobiografia dell’autore che mentre scriveva il romanzo si trasferì nella nuova casa con sua moglie, e come la giovane protagonista del libro, doveva provvedere all’arredo del suo appartamento. «Ero frustrato della situazione nei primi anni di Hosni Mubarak. Cresceva la rabbia contro i gruppi politici. Il popolo era deluso del discorso di Sadat e Mubarak. Iniziavo a ragionare cosa sarebbe successo se un manipolo di giovani, guidato da una donna, avesse ideato unazione terroristica o un colpo di stato. Avrebbero iniziato con unazione precisa: portare un furgone sistemando un equipaggiamento elettronico che avrebbe fatto interferenza con le trasmissioni televisive. Sullo schermo sarebbe apparso Mubarak mentre diceva le sue solite bugie. A quel tempo lavoravo al titolo: La principessa dalla grande energia interiore, pensavo ad una saga storica. Lavoravo ad un personaggio che avesse una grande capacità di azione: di portare gli arabi contro i nemici. Poi mi sono reso conto di non avere sufficienti conoscenze degli apparecchi elettronici, di come funziona la tv, ecc. A quel tempo non guidavo neppure. Sentivo la forza interiore di questa donna ma anche la sua debolezza nei confronti dello stato, della legge. Il libro ha iniziato così a cambiare: la protagonista è diventata una donna normale. Ho eliminato principessa, energia: è rimasto solo il sé” (Zhat in arabo) della protagonista e dellEgitto», ci spiega l’autore.

I protagonisti, Zhat e suo marito, Abdel Meguid, da una parte, sono completamente egiziani dall’altra sono straordinari e diversi da tutti. Per esempio, Abdel Meguid accetta benissimo l’afasia di suo figlio e addirittura Zhat ogni volta oscilla su quanto pagare un tassista valutando il suo grado di povertà. Il racconto è pieno di ironia e di termini originali ed efficaci, uniti a magistrali descrizioni del Cairo e delle sue vie caotiche. Le liberalizzazioni di Sadat e Mubarak hanno rovinato la città, ora ricolma di immondizia e sempre più caotica, più dell’occupazione inglese.

Nella storia si innestano continui ritagli di giornale. «Ho guardato al mio archivio, da quando ero giovane raccoglievo ritagli di giornale. Ho iniziato raccogliendo foto di attrici americane. Dietro queste foto cerano sempre commenti politici contro il governo. Ho iniziato a interessarmi di politica. La casa si è riempita di ritagli. Mia moglie mi ha intimato di buttarli via o avremmo divorziato. Ho deciso così di liberarmene perché non volevo divorziare. Ho raccolto quindi in un quaderno i ritagli di cui avevo bisogno. Ho subito avuto la sensazione di poter usarli per un romanzo. Poi ho deciso di includerli nella storia di Zhat», prosegue Ibrahim.

Zhat avverte di subire un continuo boicottaggio da parte dei colleghi e dei vicini. Per esempio, inizialmente crede di essere percepita come comunista per i suoi legami con l’attivista Safeya fino a velarsi completamente per un periodo per mettere a tacere queste voci.

Ma in Egitto che una parte della società boicotti un’altra è un male davvero moderno.

Le stagioni di Zhat, appena uscito con la traduzione italiana di Elisabetta Bartuli per Jaca book (18 euro, pp. 391), è uno dei capolavori del grande scrittore egiziano, Sonallah Ibrahim.

*Giuseppe Acconcia, giornalista specializzato in Medio Oriente 

 

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Giuseppe Acconcia

Giornalista e ricercatore specializzato in Medio Oriente. Lavora per istituti di ricerca e testate inglesi, egiziane e italiane (tra cui "Al Ahram" "The Independent" "il Manifesto"). E' laureato in Economia politica all'Università Bocconi di Milano con tesi sul movimento riformista iraniano. Ha conseguito un Master in Middle Eastern Studies alla School of Oriental and African Studies (SOAS) di Londra con tesi sul ruolo dell'esercito in politica in Medio Oriente.

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