Il 2 dicembre scorso l’editrice LEF ha presentato il libro di Fabio Clauser Romanzo Forestale.
L’età -96 anni- consente all’autore un excursus storico dalla legge Serpieri (1923) e dalla Milizia Nazionale Forestale (1926), sino alle più recenti riforme costituzionali e all’annunciata soppressione del Corpo Forestale dello Stato. “Nel mio tempo, il destino non ha riservato lunghi periodi di normalità ai forestali italiani”, afferma l’autore.
Nel testo si notano due registri diversi, uno più intimamente biografico nella prima parte, che evidenzia le drammatiche vicende della guerra e della liberazione viste con gli occhi del giovane ufficiale e l’epoca postbellica fanfaniana, quasi mitica. Fabio Clauser può vantare anche una diversificata esperienza internazionale, della quale dà estesamente conto.
La mia interazione personale con l’autore inizia da studente di Scienze forestali, quando egli era amministratore delle foreste demaniali di Vallombrosa (lo fu dal 1973 al 1984), giudicato in qualche misura eretico, per la sua insofferenza al dogmatismo dell’assestamento forestale, disciplina che io percepivo come delirio d’onnipotenza, figlia di quell’Illuminismo che pretende di misurare tutti i fenomeni per assoggettarli al controllo della razionalità umana, supposta incontrastata padrona del mondo, filosofica riproposta della stessa visione ispiratrice del paesaggismo assolutista di Le Nôtre: allineamenti prospettici chilometrici e raggiere regolari realizzati impiegando gli stessi strumenti astronomico-topografici coi quali la Francia dominava i mari e le sue colonie. La selvicoltura è una scienza applicata, come la medicina, e troppo facilmente propende per protocolli rigidi, auto-poietici, fondamentalmente auto-difensivi, mettendo sullo sfondo il proprio destinatario originario: rispettivamente l’ecosistema forestale e il paziente umano, intesi in senso olistico come sistemi complessi e imprevedibili, irriducibili a semplificazioni razionali.
Le utilizzazioni boschive meglio riuscite in termini di stabilità del soprassuolo e di biodiversità, nella mia breve carriera di funzionario istruttore dei tagli boschivi per conto di una Provincia toscana, sono quelle che ho visualizzato in trance sciamanica, stato di coscienza più affine al sistema complesso brulicante di vita che è la foresta, habitat di Pan e Diana. Buoni risultati in termini evolutivi e di biodiversità hanno conseguito anche alcune utilizzazioni boschive illegali, pesantemente sanzionate perché non conformi alle convenzioni legali, delle quali mi sono occupato in fase di contenzioso, da forestale-poliziotto, funzione residuale conservata dal C.F.S. dopo la modifica del titolo V della Costituzione nel 2001, fino alla sua annunciata seconda militarizzazione, che Fabio Clauser ed io abbiamo scansato (ma lui ha subito la tragica prima…). Ho evitato quasi per miracolo di “sequestrare partite di latte sospette di essere inquinate dall’inchiostro dalle etichette dei contenitori”, ma l’operazione di polizia da me condotta e più apprezzata dall’Amministrazione, come si comprende dalla pubblicazione sul sito internet di Interpol-Europol, pare esser stata il sequestro, con sanzione pecuniaria e accessoria dell’interdizione dal rinnovo del marchio registrato, di ottimo olio extravergine d’oliva dal nome commerciale fuorviante; proprio a me doveva toccare un’operazione nominalista, a me sostenitore del No-Logo nei tre settori dell’economia contemporanea generatori di enorme valore aggiunto immateriale: moda, design industriale e agroalimentare.
Ricordo invece con intima soddisfazione una scongiurata (per poco) speculazione edilizia; ciò fu possibile per sintonia di vedute con l’assessora provinciale pro-tempore; una giunta successiva, di composizione non troppo dissimile, ma di mentalità pervicacemente sviluppista, spalancò invece le porte al diboscamento e alla speculazione, con conseguenze idrogeologiche che non tardarono a manifestarsi. Diversamente dal Clauser, cui pure si deve render merito di una scongiurata speculazione edilizia accennata nel libro, non credo che la regionalizzazione di per sé e la successiva delega di competenze agli Enti locali abbiano facilitato le speculazioni molto più di quanto si potesse fare sotto il controllo dello Stato; l’abusivismo edilizio nel Parco Nazionale del Circeo mi pare paradigmatico. Il problema è semmai il peso dell’ideologia sviluppista rispetto al pensiero ambientalista nei diversi livelli della politica.
Nella seconda parte il testo non rinuncia a ricordare affetti a antipatie personali, ma diventa più tecnico, filosofico e politico.
Il ceduo è tema focale per eccellenza delle scienze forestali italiane, come dato di fatto, essendo esso l’eredità prevalente lasciata dai sistemi statali preunitari, e il tavolo di confronto-scontro delle conseguenti visioni del bosco e del mondo. La filosofia politica produttivista ha afflitto e ancora affligge l’assetto del territorio trasversalmente: sono stati produttivisti i social-comunisti, in omaggio al lavoro, valore costituzionale primario, i democristiani assistenzialisti, lo sono i liberisti, sia quelli storici sia i neofiti “ambientalisti del fare”. Così del ceduo si è auspicata a più riprese la continuità di utilizzazione, sebbene la domanda di legna da ardere si sia ridotta a seguito del crollo demografico rurale seguito alla fine della mezzadria e alla generalizzazione degli idrocarburi fossili nelle città, col metano divenuto protagonista per facilità di distribuzione e per le limitate emissioni inquinanti. La legna da ardere viene progressivamente bandita dalle città per cercare di ridurre l’inquinamento (di questo si tratta in diversi articoli su La Città Invisibile), risultando soluzione energetica consigliabile solo in collina e in montagna, a filiera cortissima e a diluizione dei fumi ampiamente assicurata (esempio virtuoso la centrale a biomasse di Rincine).
L’industria cartaria si era resa disponibile a una valorizzazione del ceduo solo se adeguatamente sovvenzionata con fondi pubblici, ma questi non furono accordati e i relativi progetti furono accantonati.
Ancora si discute di ceduo, a Genova il 15 dicembre nel workshop “Gestione dei boschi cedui oltre turno”, temo che nemmeno stavolta verrà dichiarata obsoleta questa forma di governo.
Fabio Clauser mi è stato maestro nel valutare positivamente, senza eccessive preoccupazioni, l’evoluzione spontanea dei cedui non più regolarmente utilizzati.
Con l’autore condivido anche l’appartenenza all’Accademia Italiana di Scienze Forestali e con lui (io da più breve tempo), seguo l’evoluzione del pensiero forestale, focalizzato inizialmente (1951) sulla prosperità, poi (2010) sul benessere della nazione. Come lui, mi spingo oltre la selvicoltura sistemica, verso una concezione biocentrica del mondo, da lui molto precocemente concretizzata già con l’istituzione della riserva naturale integrale di Sasso Fratino nel 1959, e non perdo occasione di esternarla nei miei interventi su La Città Invisibile.
Questa visione del mondo trova resistenze in Italia per eccessivo umanesimo, in forza del quale il paesaggio viene modellato sin dal tardo medioevo secondo un’estetica formale concepita in città e proiettata sulle campagne e sui boschi; tutto questo rilanciato dall’estetica crociana e dalla sua formalizzazione nel vincolo paesaggistico del 1939 e ribadito nell’art.9 della Costituzione, che assimila il paesaggio, fino a incorporarlo, ai beni culturali. Eppure, afferma Salvatore Settis: “il paesaggio non va protetto perché estetizzato, ma perché è portatore di valori civili”, compresa l’uguaglianza sociale. Fabio Clauser provò temerariamente a chiedere di modificare l’articolo 9 con una menzione al bosco; non ci riuscì e, al contrario, l’ha avuta vinta il “fondamentalismo umanista”, che con le semplificazioni amministrative di cui alla Legge n.35/2012 consente la distruzione di rimboschimenti spontanei e artificiali per il recupero di paesaggi storici peraltro ancora ben lungi dalla catalogazione esaustiva. Espressione della stessa cultura tardo-crociana del decoro urbano sono le diffuse piantagioni nelle città di cultivar arboree “estetizzate”, il cui beneficio principale consiste nel dar lavoro ai vivaisti, a dispetto delle raccomandazioni dell’Accademico Pier Virgilio Arrigoni di dirottare verso interventi conservativi e verso ordinamenti paesaggistici trasformativi validi “risorse pubbliche e private oggi destinate allo sviluppo di un giardinaggio intensivo di dubbio valore estetico”.
Fabio Clauser, Romanzo forestale, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2016, pag. 196, € 16.00.
*Paolo Degli Antoni
Paolo Degli Antoni
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Anche io ero ad ascoltare Fabio Clauser ed ho letto il suo libro. Legata da amicizia ho ripercorso con piacere alcune vacanze estive passate con tutti quei tanti giovani , i figli Clauser e Fanfani quando si giocava a guardie e ladri la sera o si cantava i Beatles senza conoscere non troppo bene le parole delle canzoni…e la Pira che ogni tanto compariva! Grazie per i ricordi di passeggiate meravigliose nei boschi di Camaldoli dietro la guida attenta del forestale Clauser. Mi ha molto colpito il tema del bosco che ha una sua spontanea trasformazione, lenta ma efficace, che contrasta con l’aspetto economico della proprieta’ …che spesso porta a sostituzioni e modifiche non sempre necessarie e/o dannose. Vorrei da non tecnica capire meglio i pericoli ..
stasera ho sentito in TV parlare Richetti del PD che auspicava che si possa trovare nei boschi italiani il fabbisogno di legno per le costruzioni. Da dove si forniscono le ditte di produzione di legnami per la costruzione della nuova edilizia …? Noi abbiamo boschi per la grande produzione ? grazie per la risposta
Da qualche tempo l’edilizia ha riscoperto il legno, anche nelle grandi città e per l’edilizia popolare. Un esempio si può vedere a Novoli, di frontre all’energivoro Palazzo di Giustizia, col quale contrasta non poco. I vantaggi energetici e antisismici sono notevoli.
La carpenteria lignea contemporanea è assai dissimile da quella medievale, basata su tronchi enormi (es. capriate di Santa Croce a Firenze), ricavati da alberi ultracentenari.
Oggi si usano pezzature più piccole e per quelle più grandi travi lamellari composte da pezzi più piccoli, ricavabili da fustaie a turno più breve. In Alto Adige ci sono peccete e pinete assestate proprio in funzione dell’edilizia. L’arch. Matthäus Antonius Maria Graf von Thun und Hohenstein, laureato a Firenze, è il più famoro creatore di questa nuova scuola.
Nell’Italia peninsulare prevale il querceto, per la maggior parte ceduo, poco adatto alla nuova architettura lignea, produttore di legna da ardere, di massello per mobilio di pregio e di doghe da botte (meglio pagate rispetto al legname da carpenteria).
Si potrebbe sviluppare un’arboricoltura da legno con turni brevi, adatta a soddisfare la domanda industriale, su terreni abbandonati dall’agricoltura e dalla pastorizia, ma con effetti paesaggistici importanti (cui Fabio Clauser non è ostile, ma lo sono i molti oppositori della “borealizzazione”).
Escluderei di riproporre il coniferamento dei cedui, così in voga in era fanfaniana; lascerei invece i cedui non utilizzati alla loro evoluzione ecologica spontanea, esclusi quelli per i quali potrebbe essere pericolosa (es. i cedui a prevalenza di carpino nero su suoli superficiali, dove il ribaltamento delle piante più annose è molto facile).
Si continuerà in ogni caso a importare la materia prima per decenni.
L’edilizia in legno, a livello mondiale, è causa della banalizzazione ecologica delle foreste nordamericane, assoggettate a intensissime ed estesissime utilizzazioni a raso (con conseguente dissesto idrogeologico), attuate per soddisfare l’enorme domanda giapponese. In Giappone hanno foreste, ma se ne guardano bene da sfruttarle con quella intensità, così esternalizzano il danno…
Mi pare che l’auspicio di Richetti sia tipica espressione del cosiddetto “ambientalismo del fare”, una visione della natura funzionale allo sviluppo economico, produttivista a oltranza
Caro Paolo,
quante volte ti ho seguito tra gli scaffali dei supermercati in Norvegia, Svezia, Regno Unito e Francia, alla ricerca di olio extravergine d’oliva confezionato da industriali italiani con etichette fuorvianti, che regolarmente trovavi e che, una volta rimpatriato ed esperiti i debiti controlli, sanzionavi. Non ti ho mai nascosto il mio disappunto per questi bizantinismi protezionistici, che tutelano la concorrenza più che il consumatore; a me del resto piace di più l’olio spagnolo da cultivar arbequina e picual, non amare, non piccanti; spendo poco e sono più soddisfatto.
Sono invece grato ai forestali come te e come Fabio Clauser per quanto avete fatto per contrastare la speculazione edilizia, proteggere gli habitat forestali di pregio naturalistico, prevenire il dissesto idrogeologico, rimettere in discussione un concetto di paesaggio troppo letterario. Speriamo che i carabinieri forestali sappiano proseguire questa preziosa missione
Caro Paolo,
leggo sempre i tuoi interventi con grande piacere. Condivido la filosofia di fondo del Clauser, ritenendo che l’impronta prettamente utilitaristica delle utilizzazioni forestali in Italia sia ormai un retaggio di epoche precedenti. Un bosco è sempre un qualcosa di più di un insieme di alberi da classificare in base ai metri di legna che se ne possono ricavare.
Citavi la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. E’ per me un bel ricordo! Assieme a te e ai colleghi del 1° Corso di Formazione Ufficiali del C.F.S. (il primo dal dopoguerra ) abbiamo avuto l’occasione per una bellissima escursione in questo angolo incredibile d’Italia, dove la natura stava facendo il suo corso senza alcun intervento da parte dell’uomo. Era il 1987. E’ passato parecchio tempo da allora e sono avvenuti cambiamenti di ogni genere per il C.F.S. Ultimo in ordine di tempo è la inopinata militarizzazione, che non mi sarei mai aspettato. Ma forse c’era da aspettarselo, viste le scriteriate e miopi politiche dirigenziali del C.F.S. degli ultimi tempi.
Con piacere leggo nei commenti dichiarazioni d’affetto, che ricambio.
Noto perplessità condivise anche a proposito delle “derive” più recenti del C.F.S., con l’accentuazione delle funzioni di polizia, non solo forestale e ambientale, a seguito della riforma del titolo V della Costituzione nel 2001 e della sua recentissima rimilitarizzazione.
La notorietà di Fabio Clauser, l’interesse per il suo libro e per la sua visione biocentrica si accompagnano ai piacevoli ricordi dei commentatori affezionati alle splendide Foreste Casentinesi e a quella di Vallombrosa.
Invito in particolare Giovanna a leggere l’articolo del giovane collega Marco Giuseppi sul n.1/2017 di TerrAmica “Il legno, un materiale innovativo” pp.53-54 http://associazione.agraria.org/TerrAmica-ANNO-IV-NUM-6-GENNAIO-2017
Buonasera mi perdoni se contatto lei, ma con mia mamma sono imbattuta nel suo articolo perché per curiositá volevo vedere se su internet c’era la foto dell’avvocato Carlo Clauser che esercitava a Fondo in Val di Non è dove mia mamma ha fatto la segretaria fino alla chiusura del suo studio….e credo che fabio Clauser sia uno dei figli. A mia mamma piacerebbe avere un contatto con lui…si chiama Laura… Solo per salutarlo. Mi perdoni dell’intrusione
Mi spiace signora Cristina, ma non conosco l’avv. Carlo Clauser; a Firenze con quel nome c’è un dentista. L’avvocato Fabio Clauser JR, nipote dell’omonimo forestale senior, esercita a Firenze, si trova facilmente il suo indirizzo. In Anaunia i Clauser sono molti…
Sul numero 2/2017 Vol.72 de L’Italia Forestale e Montana ci sono due articoli di Fabio Clauser dal forte contenuto scientifico e politico, ma scritti come favole animiste degne del miglior Dino Buzzati. Si scaricano dalla pagina
http://ojs.aisf.it/index.php/ifm
Ciao Paolo oggi vado a festeggiare i 100 anni del Forestale amico Fabio Clauser! Bel traguardo