Di notevole rilievo la scelta delle Edizioni E/O di dedicare una parte della propria linea editoriale al noir o meglio, come viene espressamente definito, al thriller. In questo periodo sono già stati pubblicati alcuni romanzi di assoluto interesse. E’ quindi opportuno dedicare l’attenzione ad un autore che in Italia fino ad oggi è stato sì pubblicato, ma è doveroso dire, con poco “successo“.
Si tratta di un autore sudafricano: Deon Meyer e del suo Safari di sangue. L’ambientazione di tutto il romanzo ruota attorno ad una tra le bellezze naturali esistenti nel mondo. Si tratta di un parco: il parco Kruger, la più grande riserva naturale del Sud Africa di ben 20000 km quadrati, riconosciuta a livello internazionale dall’Unesco. Circa 1 milione di turisti all’anno visitano il parco, dove si possono trovare praticamente tutte le specie animali esistenti. Infatti è famoso per la presenza delle cosiddette “Big five“, e cioè bufali, leoni, leopardi, rinoceronti, elefanti. Per chi ha la possibilità di riuscire a farsi un viaggio in Sud Africa, la visita del parco Kruger può essere considerata veramente fondamentale.
Questa premessa è da ritenersi utile per addentrarsi nelle pagine scritte da Meyer, e sono da considerarsi un valore aggiunto la descrizione del ciclo vitale degli avvoltoi o dei grifoni; del resto, come viene detto nel romanzo: “la natura è una delicata opera d’ingegneria”. Il tutto è strettamente collegato ai continui rimandi che vengono fatti a quanto accaduto in Sud Africa in occasione della lotta contro l’apartheid ed alla divisione “tribale” che, nonostante tutti i tentativi onesti portati avanti, permane.
Come si è detto, il romanzo ruota attorno al parco naturale, non solo perché vengono descritti gli aspetti naturalistici, ma soprattutto perché si parla dei tentativi di speculazione, dei raggiri affaristici, della corruzione della classe politica – anche di quella uscita dalla lotta di liberazione-, degli intrighi e dei rapporti internazionali esistenti durante la segregazione e che, in modo non ufficiale, permangono, della divisione e contrapposizione non solo razziale ma anche, per così dire, intertribale (Zulu, Xhosa, Bantu, Makuleke, ecc..).
Non poteva mancare, come in tanti noir, il fatto che il protagonista abbia avuto la sua scuola di vita in carcere e da questo si sia costruito la propria personalità, fatta di una rabbia che pervade anche i “Safari di sangue“. Si potrebbe definire un romanzo dal “pollice verde“ ma forse sarebbe più corretto definirlo “nero” non tanto in quanto “noir“, ma per il punto di vista ribelle che vi si esprime in difesa e a tutela di un Sud Africa che con tenacia, forza e rabbia resiste.
Un piccolo appunto, che a mio avviso non attenua il livello generale del romanzo: il finale un po’ troppo a lieto fine per un noir. Chissà se questo romanzo avrà per Meyer una fortuna maggiore dei precedenti, anche se c’è da tenere in considerazione che autori che provengono dal cosiddetto “terzo mondo” non riscuotono l’attenzione dovuta e meritata.
Deon Meyer, Safari di sangue, edizioni E/O, Roma, 2011
*Edoardo Todaro, libreria Majakowskij CPA-Fi sud
Edoardo Todaro
Ultimi post di Edoardo Todaro (vedi tutti)
- L’orizzonte della notte di Carofiglio - 9 Aprile 2024
- Per giusta causa di Danilo Conte - 6 Febbraio 2024
- In quattro è una banda di Michele Piccardi - 21 Dicembre 2023