Firenze e la Fortezza da Basso, assediata dalla miopia dei suoi padroni

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Fra i temi urbanistici della cronaca fiorentina ve ne sono alcuni di cui spesso, malgrado la rilevanza cittadina, ci sfugge sia l’origine sia la ratio perchè tutte interne alle decisioni degli Enti pubblici che ne sono titolari e amministratori. Temi e soggetti mai presentati in pubblico nemmeno per una formale consultazione popolare.

La Fortezza è uno di questi.

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Figura 1

Proviamo a ricostruire qualche passaggio. Nel titolo di un articolo uscito su “Repubblica” il 3 febbraio 2012, leggevamo «Fortezza, padiglioni in scadenza. Corsa suspence per salvare Pitti» http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/02/03/fortezza-suspense-per-salvare-pitti.html. Si veniva a sapere che esisteva un progetto con tanto di rendering pubblicato nel quotidiano, che avrebbe sostituito ai padiglioni da demolire (perché incongrui e non autorizzati), spazi espositivi sotterranei, ricoperti da un giardino pensile «lungo oltre un chilometro a disposizione della città, oltre a tre grandi piazze al posto dei padiglioni abbattuti e l’auditorium multiuso da 4.000 posti sotto il vascone».

Anche se in pillole, comparivano tutti gli ingredienti della più ordinaria postmodernità architettonica: il gigantismo, la banalità pop (le “piazze”sempre evocate quando si è a corto di idee), l’euforia di maniera per il supertecno, culminante nel fondo di vetro della vasca dei cigni (da distruggere e ricostruire (?) insieme al suo possente getto d’acqua che fa da fondale a via Lorenzo il Magnifico e il bellissimo giardino ottocentesco a doppia cortina arborea, che il PS ha definito «verde esistente dove risultano presenti alberature isolate»!), che farebbe da lucernario all’auditorium sottostante.

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Figura 2

Questo Piano di Recupero di iniziativa pubblica deciso nel 2010, era nato in seguito ai rilievi insormontabili della Soprintendenza verso il “progetto unitario” a firma del prof. arch. Gurrieri approvato nel 2007 che prevedeva troppi nuovi padiglioni nelle aree libere del monumento cinquecentesco.

Nel frattempo la pratica era anche inciampata nelle more di una collegata Variante al Piano Regolatore Generale trascinatasi fin nel Piano Strutturale (2011) insieme alla normativa sulla VAS (valutazione ambientale strategica, 2011). Anche questa volta la Soprintendenza non mancava, con garbo fin troppo diplomatico, di rilevare che le modifiche proposte dalla Variante «possono rappresentare potenziali forme di rischio» per il patrimonio culturale riferendosi al padiglione del vascone (dei cigni).

Mentre viene ridefinita la titolarità tra Regione, Provincia, Comuni e Camera di Commercio, si affida un nuovo incarico interno agli uffici comunali coordinati dall’arch. Pittalis, già coautore del progetto di recupero delle Murate, per la rielaborazione del Piano di Recupero. Piano che è stato approvato nel dicembre 2015 dalla Giunta e attualmente all’esame della Commissione Urbanistica in vista della prossima adozione da parte del Consiglio Comunale.

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Figura 3

Gli obbiettivi e sopratutto le soluzioni vengono ridimensionate. Si parla di un uso culturale più ampio allargato ai grandi eventi cittadini (forse tributo nostalgico al Social Forum del 2003, che si svolse qui in un raro momento di grande partecipazione popolare), mentre sembra ridursi il peso del Polo Fieristico che si converte in Polo Espositivo e Congressuale da integrare con il Palazzo dei Congressi e degli Affari che stanno nel giardino di villa Contini di fronte al Mastio all’entrata principale della Fortezza. Un obbiettivo che è più in linea con la ripulitura funzionale innescata dal processo di consegna al lusso e di gentrificazione della città storica per il nuovo brand fiorentino così caro al Sindaco e all’Assessore che ha firmato il Regolamento Urbanistico.

Questo Piano di Recupero, sostenuto fortemente dalla Camera di Commercio, se appare più sensibile al valore storico-architettonico del luogo, deve tuttavia rispondere all’eccedente richiesta di spazio della committenza. Così se da un lato trasferisce gli 8.000 mq dell’auditorium già sotto al vascone, in un edificio parzialmente interrato da costruirsi nel piazzale di fronte al laboratorio delle Pietre Dure (che fortunatamente rimane), dall’altro lato compensa e aumenta le superfici dei padiglioni da demolire (ex vincolo DL 42/2004, CBCP) con padiglioni addossati al muro perimetrale occupando ben tre bastioni. Anche se dotati di una ingannevole copertura verde percorribile che allude a un antico terrapieno (fig. 3), i disegni esemplificativi ne rivelano la reale invadenza, il disturbo e la pesante detrazione spaziale di quello che sarebbe con la Fortezza “ripulita”, come rappresentata nella fig. 2.

Non senza qualche retropensiero notiamo che nessuna costruzione è prevista lungo la muraglia e nel bastione di sud-ovest, quello verso la Stazione di SMN, destinato al maggior rischio di cedimento dallo scavo curvilineo dei due tunnels della linea TAV.

La prima domanda che viene in mente è: perché uno spazio definito da un circuito murario così importante cui l’arrivo della ferrovia aveva conferito un deciso valore territoriale e che la realizzazione dei viali aveva brillantemente trasferito nel novero dei luoghi rappresentativi a ponte tra la città antica e la nuova, viene appesantito da volumi che malgrado gli artifici progettuali sottraggono al godimento quella generosa spazialità interna? La compressione dello spazio generata dai troppi volumi trascina con sé inevitabilmente il monouso, tutto mercantile, degli edifici e degli spazi liberi che verranno sottratti completamente all’uso pubblico.

La seconda domanda: si sono accorti gli Amministratori responsabili (si fa per dire) della pianificazione e committenti del progetto, che intorno alla Fortezza c’è una parte di città con la maggiore concentrazione di edifici dismessi di grande dimensione che da anni sono in attesa di riutilizzazione? Li elenchiamo in ordine di prossimità alla Fortezza.

La Dogana, di via Valfonda (proprietà Demanio), posta tra il bastione sud-ovest della Fortezza e la Stazione Centrale, a fianco del Palazzo dei Congressi, in perfetto stato di conservazione, con il solo vincolo di facciata; già destinata «F2» (attrezzature pubbliche), di mq 7.817 quasi equivalenti a quelli del progetto dell’auditorium. Dotata di due grandi strategici piazzali interni e affaccio interno alla Stazione.

Gli edifici ferroviari (ex officine) del Romito, distanti 450 metri dal bastione nord-ovest e 320 dalla stazione di Statuto; 132.480 mq di superficie equivalenti a un intero quartiere fieristico di medie dimensioni, mentre la Fortezza è, e rimane, di piccole dimensioni. Da notare che anche il Piano di Recupero ipotizza una passarella di collegamento con i binari.

– La Centrale termica delle F.S. progettata da Angelo Mazzoni, posta di fronte alla Fortezza, sul lato opposto del fascio ferroviario, raggiungibile con un sottopassaggio di soli 70 m. Oggi inutilizzata è uno degli edifici più rilevanti, con la Stazione di Santa Maria Novella, del novecento italiano.

– La ex Stazione Leopolda e due storici capannoni delle ex Officine ferroviarie di Porta al Prato, la cui distanza dalla Fortezza può essere coperta dal prolungamento di 500 m della linea tramviaria nella naturale direzione di Firenze est.

– Non trascurabile la Scuola allievi sottufficiali dei Carabinieri che si trasferirà, liberando ben 14.772 mq di un edificio storico in piazza della Stazione, distante 400 metri dal polo congressuale e 650 dalla Fortezza.

– La Manifattura Tabacchi di piazza Puccini, posta lungo la stessa linea ex Leopolda, futura linea 4 della tramvia, con un proprio spazio di fermata baricentrica rispetto al complesso edilizio. In buono stato di conservazione, di rilevante qualità architettonica e con ampi spazi di manovra. Con i suoi 120.000 mq potrebbe offrire una integrazione espositiva insieme ad altre attività di interesse pubblico legate alla sua doppia appartenenza “metropolitana,” che il Piano Strutturale non ha saputo né voluto riconoscere.

Alla scontata critica che già ci sentiamo fare circa le capacità finanziarie per questa riarticolazione spaziale del polo Fieristico-espositivo, opponiamo subito due argomenti. Il primo è che il non poco denaro pubblico che si propone di impiegare nella costipazione della Fortezza, al di là di una discutibile razionalità, sarebbe impiegato assai meglio nel recupero e riarticolazione di edifici e funzioni in uno spazio cittadino più ampio capace di moltiplicare gli effetti qualitativi di funzioni pregiate. Il secondo, per quanto difficile, è che si metterebbe in moto la cooperazione di più realtà economiche con più capacità di spesa. Terzo, il dato negativo che deriva dalla scombinata o assente pianificazione della mobilità fiorentina (vedi l’articolo di Alberto Ziparo su questa rivista) che proprio alla Fortezza sta creando difficoltà destinate a diventare permanenti.

Si ricordino gli amministratori che il loro modo di affrontare il governo della città caso per caso, per singoli oggetti senza relazioni né con lo spazio urbano né con la molteplicità dei soggetti sociali che non siano le compagnie finanziarie, trasforma l’Amministrazione pubblica in un opaco CdA di una qualsiasi Spa dove contano solo gli affari e la “competizione” per aggiudicarsi la classifica nelle riviste patinate magari in lingua americana. Forse qualcuno, anzi molti, potrebbero accorgersi del disastro urbanistico, della perdita di Patrimonio collettivo sperperato applicando la dottrina integralista della “Valorizzazione” (nel Regolamento Urbanistico, leggi vendita) e le cose potrebbero cominciare a cambiare. In meglio.

*Roberto Budini Gattai, urbanista, attivo nei Comitati e in perUnaltracittà

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Roberto Budini Gattai

Urbanista, attivo in perUnaltracittà e nei Comitati fiorentini di resistenza alla speculazione

1 commento su “Firenze e la Fortezza da Basso, assediata dalla miopia dei suoi padroni”

  1. Riccardo Chellini

    I miei complimenti per l’articolo. Non solo propone di arrestare la serie di interventi irresponsabili fatti intorno alla Fortezza negli ultimi venti anni, ma elenca una serie di alternative per l’utilizzo di spazi dismessi che, se non utilizzati, tra qualche tempo saranno consegnati al degrado.

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