Riflessioni aperte sulla Fertility di Alice Lutrario

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Io sono fertile.
Sono fertili i miei pensieri, le mie curiosità, i miei desideri.
Sono fertili i viaggi che ho fatto e le persone che ho incontrato.
Sono fertili le città in cui ho vissuto e gli uomini e le donne che le abitano.
La nostra vita è piena di fertilità ma voi non lo sapete.
Fertile è ciò che è pronto a dare vita.
download (1)E’ proprio qui che il discorso si fa complesso, troppo complesso per farne una campagna pubblicitaria.
Cosa significa “dare vita” è un problema complesso perché implica una riflessione sul valore che attribuiamo alla parola “vita”.
Il fondamentalismo religioso che da secoli attanaglia il nostro paese attribuisce a questo termine una valenza extraumana: la nostra vita non è nostra e, comunque cerchiamo di mettere le cose, noi non abbiamo il diritto di scegliere.
Un’interpretazione decisamente parziale di una visione filosofica complessa senz’altro, ma ho il diritto di pensarla così e di vivere di conseguenza.
Non vieterò mai a nessuno il diritto a “moltiplicarsi”, ma io non intendo farlo.
Potrà avvenire che io accolga un figlio nella mia vita e potrà non avvenire, potrò essere io a partorirlo o potrà essere già stato partorito da un’altra, potrò crescerlo da sola, con un uomo, con una donna, o con qualunque altra bizzarra comunità di persone che avrò deciso di chiamare famiglia.
Non so se deciderò mai di accogliere un figlio, ma se mai lo decidessi non lo farei perché è un “bene comune”. La specie non ha bisogno di altri esemplari: il pianeta è già sovraffollato.
Se mai deciderò di accogliere un figlio lo farò perché avrò accumulato esperienze e consapevolezze sufficienti a farmi pensare che valga la pena trasmettere ad un altro individuo quel poco che ho compreso della vita.
Se mai deciderò di accogliere un figlio lo farò perché quanto avrò visto del mondo, della vita e degli esseri umani mi avrà finalmente convinto che vale la pena di nascere, crescere e morire con così tanta fatica come la nostra bizzarra esistenza richiede.
Se mai deciderò di accogliere un figlio sarà un impegno atterrente, non per i soldi o la fatica, ma perché dovrò giustificare la mia scelta di gettarlo (inevitabilmente solo) in questo mondo.
Cè tempo per prendere una simile decisione.
Ci vuole esperienza per gestire un simile impegno.
Necessitiamo dell’intimità di tale decisione.
Se i figli sono davvero un bene comune, ne abbiamo di già nati a cui pensare, non c’è ragione di fabbricarne di nuovi.
Abbiamo figli già nati a cui garantire istruzione.
Abbiamo figli già nati a cui garantire la sanità pubblica, l’acqua pubblica, i veri beni comuni.
Abbiamo figli già nati a cui garantire lavoro.
Abbiamo figli già nati a cui garantire integrazione.
Abbiamo figli già nati a cui garantire la pace.
Abbiamo figli già nati a cui garantire redistribuzione equa delle risorse.
Abbiamo figli già nati a cui garantire scelte libere e consapevoli.
Abbiamo figli già nati a cui garantire condizioni di vita dignitose e la ricerca della felicità (qualunque cosa voglia dire per le loro personalissime esigenze).
Fertilizziamo le nostre riflessioni e scegliamo meglio le nostre priorità caro Ministro Lorenzin.
In fede.

*Alice Lutrario

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