Non bastava più il lavaggio verde per il marketing del glifosato, il diserbante/disseccante più venduto al mondo, che nel 2015 è stato dichiarato probabile cancerogeno dallo IARC (Centro internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS).
Nell’Oxford Dictionary (versione 1999) greenwash, lavaggio verde, è definita ‘la disinformazione messa in atto da un’organizzazione per diffondere al pubblico un’immagine ecosostenibile’, mentre il pubblicitario americano Jerry Mander aveva denominato questo tipo di falsa comunicazione ambientale, ecopornografia.
Il glifosato era stato presentato dai produttori come un prodotto sicuro, biodegradabile, non tossico, ma questa favola è stata già smontata in questa rivista in un articolo che chiariva le caratteristiche e i danni provocati da questa sostanza chimica.
La novità oggi è che paradossalmente la nuova via italiana per l’agricoltura conservativa, o agricoltura ‘di precisione’, o ‘agricoltura blu’, si fonda proprio sull’uso di questo pesticida. Sic. Questa agricoltura del futuro ritiene indispensabili i pesticidi e si dipinge di blu, abbandonando l’immagine verde, fatta di prati e girasoli.
Fare ‘bluewash’ è una recente tecnica di comunicazione cosmetica, per tentare di apparire sostenibili, dando un respiro planetario ai propri prodotti, data la globalizzazione dei mercati. Il blu rimanda al colore delle bandiere dell’ONU, ed al nostro pianeta, che visto dallo spazio si presenta appunto blu. A noi questo blu, ricorda quello del piccolo polpo anelli blu (genere Hapalochlaena), che vive nell’Oceano Pacifico, che è una delle creature più velenose al mondo, cento volte più di un cobra.
Tanto per chiarire, ecco le attuali limitazioni del glifosato in Toscana e in Italia:
la Regione Toscana ne ha vietato l’uso in ambito extra-agricolo, con Delibera 821/2015; in seguito al regolamento di esecuzione della Commissione Europea 2016/1313, il Ministero della Salute italiano ha emanato un decreto con il quale, a decorrere dal 22 agosto 2016, si adottano disposizioni di modifica delle condizioni d’impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato, fra le quali segnaliamo: la revoca dell’impiego nelle aree frequentate dalla popolazione; revoca dell’impiego in pre-raccolta al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura; il divieto, ai fini della protezione delle acque sotterranee, dell’uso non agricolo su: suoli contenenti una percentuale di sabbia superiore all’80%; aree vulnerabili e zone di rispetto.
Il 2017 sarà un anno decisivo per vietare l’utilizzo del glifosato in Europa.
A livello europeo, nel giugno 2016, la Commissione europea ha prorogato l’autorizzazione all’uso di questa sostanza per soli 18 mesi (anziché i soliti 15 anni), in attesa del pronunciamento dell’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA), che avverrà entro novembre 2017. Mentre entro la fine del 2017 il parlamento europeo dovrà decidere se rinnovare la licenza al glifosato, ed in caso affermativo a quali condizioni.
Nell’ottica di un’ Europa in cui i cittadini possano essere parte attiva è possibile attivare un ICE (European Citizens’ Iniziative), cioè un’ iniziativa di cittadini europei, per ottenere un obiettivo legislativo a livello comunitario. Per costituire un ICE sono necessarie un milione di firme di cittadini europei, da raccogliere principalmente online; almeno centomila in Italia. Attualmente si sta formando una rete europea di organizzazioni, per spingere il parlamento europeo a vietare l’uso del glifosato e a modificare le procedure per le autorizzazioni all’uso dei pesticidi e per costruire un futuro libero dai pesticidi.
Per aderire all’iniziativa europea #stopglifosato occorre inviare una mail a maricadipierri@yahoo.it o savinisimona@gmail.com
In questa prima fase l’invito ad aderire è riservato ad associazioni, comitati, biodistretti, gas.
*Gian Luca Garetti
Gian Luca Garetti
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Salve, è possibile per voi far conoscere quest’iniziativa europea ai consigli comunali italiani?
Per quanto mi riguarda sto affrontando, da due anni, il problema del glifosato nel Consiglio comunale di cui faccio parte.
Gentile Tamara, purtroppo non possediamo gli indirizzi dei consiglieri comunali italiani a cui inviare questo messaggio. Può però contattare Marica e Simona (le mail sono in fondo all’articolo) che coordinano la campagna. Sapranno certamente aggiornarla sullo stato delle cose. Grazie per l’attenzione.