Circa tre anni fa un folto numero di accademici di molte università italiane e di studiosi di vari centri di ricerca manifestarono tramite un appello la loro contrarietà all’alienazione della Fattoria di Mondeggi, una tenuta pubblica che versava in stato di abbandono, chiedendo alle pubbliche amministrazioni di immaginare un futuro diverso dalla vendita, assieme a tutta la vasta e variegata comunità che la stava facendo rivivere impegnandosi a trasformala in “bene comune”.
Oggi nuovamente sentiamo il bisogno di intervenire perché sebbene da un lato la comunità che si prende cura di Mondeggi si è ingrandita e consolidata, dall’altro la pubblica amministrazione continua a perseguire la strada dell’alienazione, ignorando ciò che sta succedendo in quelle terre ed evitando un confronto serio teso a dare spazio a quel progetto nato dal basso, che ha mobilitato tanta energia sociale e solidale. Dopo aver tentato l’asta della tenuta, andata deserta, e deliberato di vendere alcuni terreni per coprire spese e interessi dei creditori, la Città Metropolitana ha venduto tutti i beni mobili della società e proceduto a ripianarne il dissesto finanziario con soldi pubblici, per poter accorpare e mettere all’asta in un sol lotto tutti i terreni, i fabbricati e addirittura la villa di pregio storico.
Viene evocato l’enorme debito – circa un milione e mezzo di euro – accumulato in decenni di gestione agroindustriale e di abbandono per perseguire nella logica dell’alienazione e cancellare con un colpo di spugna una gestione alternativa che sta dando ottimi frutti. Ma il debito della società agricola è il risultato di un’amministrazione miope che ha portato a scelte di politica agronomica fallimentari con modelli produttivi che hanno alienato le proprietà, le competenze e le tecniche di contadini e artigiani, aprendo la strada al modello unico industriale, prima causa dell’inquinamento, della disoccupazione e dell’abbandono del territorio.
Vale la pena ripetere che la proprietà pubblica costituisce da sempre la premessa per la promozione dell’interesse generale: alienare Mondeggi vuol dire negare e perdere per sempre l’opportunità di far crescere ulteriormente un processo di costituzione, recupero, utilizzo e godimento di un bene comune che i cittadini hanno autogestito in questi anni con successo, senza l’appoggio delle istituzioni e di finanziamenti pubblici. Dal 2014 per opporsi alla vendita si è attivata a Mondeggi una comunità inclusiva di persone che presidia, custodisce e mantiene gli immobili e le terre.
Questa comunità, che si organizza in forma assembleare e utilizza il processo decisionale condiviso, ha mostrato caratteri positivi ed innovativi, sotto vari punti di vista che vanno da quello prettamente agricolo a quello sociale e pedagogico:
– la collaborazione con diversi dipartimenti delle università italiane e straniere (Firenze, Reggio Emilia, Roma, Cagliari, Siena, Trento, Oxford, Barcellona, ecc.) per progetti di ricerca, tesi di laurea e momenti formativi condotti da vari docenti universitari;
– l’organizzazione di seminari di approfondimento, convegni tecnici e conferenze che hanno visto la presenza di personalità di alto profilo nazionale e internazionale, su conoscenze e tecniche agroecologiche e tematiche di attuale rilevanza;
– il progressivo affermarsi della fattoria come interfaccia tra mondo urbano e rurale che ha innescato un continuo libero scambio di saperi e competenze, al cui interno si inserisce la Scuola Contadina, in cui professori, agronomi, esperti e contadini tengono lezioni e laboratori gratuiti;·
– il coinvolgimento in campo educativo con numerose classi delle scuole elementari e medie in visita alla fattoria per partecipare a percorsi formativi di didattica attiva;
– il ruolo cruciale della fattoria nella promozione di relazioni ricreative, conviviali e sociali che costituiscono la base indispensabile di una identità condivisa e la premessa per il rafforzarsi di dinamiche di mutuo aiuto, cooperazione e condivisione che sono necessarie per il neo-radicamento di comunità contadine;
– la sperimentazione di forme di democrazia diretta attraverso l’adozione della decisione consensuale basata su principi di apertura, inclusività e condivisione che hanno condotto a documenti molto elaborati;
– il recupero e la rivitalizzazione di circa 80 ettari dei 180 totali dell’azienda, con coltivazioni di seminativi, di alberi da frutto, di ortaggi, piante aromatiche e zafferano, la gestione di olivi e vigne, l’allevamento ovi-caprino e di galline ovaiole, l’apicoltura, il vivaio, le produzioni erboristiche, la panificazione e la birrificazione, mediante la rivisitazione in senso agroecologico del modello agricolo tradizionale;
– la realizzazione di interventi di manutenzione autogestita per una gestione condivisa del patrimonio abitativo;
– il coinvolgimento di più di trecento persone del territorio nella custodia del bene comune, con progetti di autogestione di parte dell’oliveta e degli orti condivisi (progetto Mo.T.A.);
– il recupero di varietà locali di alberi, piante e grani, l’organizzazione di giornate di scambio di semi e di una Casa delle Sementi;
– la pragmatica ricerca di interlocuzione con le istituzioni che ha condotto alla elaborazione di una “Dichiarazione di uso civico del bene comune” con il quale il movimento si è autocostituito in comunità e ha prospettato possibili forme di riconoscimento legale dell’esperienza.
In questi anni di custodia la comunità locale si è aggregata intorno all’attività del comitato si è consolidata e ha preso coscienza di sé. Sulla scia delle positive esperienze di Napoli (ex Asilo Filangieri) e Palermo (Complesso di Montevergini), che hanno visto riconoscere dall’Ente Pubblico il loro percorso di gestione condivisa di un bene comune, è stata redatta una “Dichiarazione di gestione civica di un bene comune”, con cui si costituisce la Comunità di Mondeggi quale soggetto collettivo in grado di custodire e far vivere Mondeggi attraverso una serie di regole chiare e condivise.
Ciò nonostante Città Metropolitana ritiene di dover porre fine a questa “illegale” e “scandalosa” costruzione di bene comune che in altri contesti non solo è riconosciuta legalmente (es. carte sulla gestione dei beni comuni, affidamento di spazi pubblici, forme di scambio di servizi, ecc.) ma è anche sostenuta amministrativamente ed economicamente perché in essa viene riconosciuto un benefico effetto nel rafforzamento del tessuto sociale oggi sempre più rarefatto e frammentato. Di fronte alla reiterata volontà della comunità di Mondeggi di aprire un dialogo e veder riconosciuta l’utilità sociale del proprio lavoro, la Città Metropolitana motiva l’intenzione di alienare l’intera proprietà in quanto “potrebbe meglio consentire al complesso immobiliare Villa di Mondeggi e sue pertinenze, di adempiere alla missione di ‘promozione della ruralità polifunzionale’, come da prescrizioni urbanistiche del Comune di Bagno a Ripoli” senza considerare che la ‘promozione della ruralità polifunzionale’ è già in atto, così come pratiche ottimali di agricoltura contadina sostenibile e di filiera corta, in grado di coinvolgere la comunità locale e aumentare il senso di appartenenza e di partecipazione.
Se l’alienazione avesse luogo si può verosimilmente prevedere che a un’esperienza migliorativa, che sta riscuotendo un evidente successo, si sostituirebbe una societàfinanziaria che rafforzerebbe il fenomeno di gentrificazione e accentramento della proprietà fondiaria, già in atto in Italia da decenni con la scomparsa solo negli ultimi trenta anni di quasi due milioni di piccole aziende contadine, deprimendo il protagonismo della società locale. Mondeggi rappresenta un esperimento riuscito di gestione di un bene secondo logiche comunitarie, contro l’individualismo dilagante, solidali, contro l’onnivora competizione, autogestionarie, al posto dell’onnipresente gerarchia. Per questo l’esperienza di Mondeggi è al contempo un tassello importante dell’urgente riflessione mondiale sui limiti dello sviluppo agro-industriale e un’alternativa reale e funzionante. L’attivazione propositiva di un bene comune consente di dare una risposta pratica e attuabile alle perduranti crisi ecologiche, alla disoccupazione, al progressivo scadimento della qualità degli alimenti, alla frammentazione del tessuto sociale rurale. Non chiediamo l’appoggio solo di chi condivide i nostri principi ma anche di coloro che credono nell’importanza di strade non omologate, nutrite da un protagonismo dal basso come premessa per una diffusione del potere, delle opportunità, dei modelli culturali per un futuro sostenibile e solidale, che oggi in Toscana appare utopico, mentre in altri contesti è diventato pratica comune.
Tutto ciò considerato, chiediamo alla Città Metropolitana di Firenze:
– di non procedere alla pubblicazione del bando di vendita;
– di costruire un percorso di riconoscimento e dialogo con i soggetti pubblici e sociali interessati a consolidare il progetto già avviato dalla Comunità di Mondeggi, in modo da definire e formalizzare forme innovative di gestione sociale e condivisa della Fattoria di Mondeggi, a partire dalla “Dichiarazione di gestione civica di un bene comune”;
– di delineare un progetto di recupero e valorizzazione nel quadro della gestione civica di Mondeggi così come già avvenuto in altri contesti quali Napoli o Palermo.
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APPEAL TO PROFESSORS, RESEARCHERS, AND SCHOLARS FOR THE MAINTAINANCE OF THE SELF-MANAGEMENT OF THE COMMON IN MONDEGGI
About three years ago a large number of scholars of various Italian universities and research centers voiced a strong opposition to the selling of the Mondeggi Farm, a publicly owned estate of 200 hectares. During the previous year a large local community (youths, families, retired people, agronomists, professionals, university professors, etc.) had begun to transform the abandoned estate, sinking in debts accumulated in years of bad management by local institutions, into a “common good,” available and open to the local community. Today—once again—we feel the need to raise our voice because, even though the local community who is looking after Mondeggi and exploring organizational and agricultural alternatives there is expanding the public administration continues to attempt to sell the lot, ignoring what is happening on the ground and running away from any engagement which accepts and sustain the grass-root project that is mobilizing so much local energy.
After having tried to sell the farm though an auction, in vain, and having sold some of the land to cover previous expanses and interests on their debts, the Metropolitan City of Florence sold all of the property of the society that used to run the farm and used public fund to repay part of its debt. After this the Metropolitan City has recently decided to put together all the land, the buildings, and even a villa of historical value to attempt once again to sell to a private. They keep referring to the enormous debt that they have accumulated in decades of agro-industrial management and abandonment—one and a half million euro—to continue with the logic of alienation and erase in one brush an alternative form of management that is bearing fruits—both physical and metaphorical. This debt is the result of years of myopic administration that followed a failing agronomic politics with production models that alienated the properties, the competencies and the technics of local farmers and artisans paving the way for a industrial model that causes pollution, unemployment and the abandonment of territories.
It is worth stressing that the public property is supposed to promote the common interest: selling Mondeggi it means negating forever the opportunity of allowing a process of constitutions, recovery, use, and enjoyment of a common good that citizens have activated and self-managed in these years with great success, without any support from institutions and public funds. Since 2014, to resist the selling, in Mondeggi a variegated inclusive community activated itself to oversee, protect, and maintain the buildings and the lands. This community—which organizes itself with assemblies and horizontal decision-making—has shown positive and innovative characteristics and skills that include strictly agricultural aspects as well as social and pedagogical ones such as:
• Collaboration with various departments of Italian and foreign universities (Florence, Reggio Emilia, Rome, Trento, Oxford, Barcelona, etc.) for research projects, theses and training sessions conducted by various university professors;
• Organization of in-depth seminars, technical workshops and conferences on agro-ecological knowledge and agronomic techniques that saw the presence of national and international high profile personalities;
• Establishment of the farm as an interface between the urban and rural world, which has triggered free exchange of knowledge and skills, in particular the Farmer School in which professors, agronomists, experts and peasants hold free lessons and workshops;
• Involvement in the field of education with several classes and elementary and middle school visits to the farm to participate in training courses;
• Central role of the farm in promoting recreational and social relationships that are the indispensable basis for a shared identity and the premise for strengthening mutually supportive and cooperative dynamics that are necessary for the neo-rooting of peasant communities ;
• Experimenting with forms of direct democracy through the adoption of a consensual decision based on principles of openness, inclusiveness and sharing;
• Recovery and revitalization of about 80 hectares of the 180 total farms, with a variety of activities from fruit trees, vegetables, aromatic plants and saffron to management of olive and vineyards, goat and goat breeding, laying hens, beekeeping, herbal productions, brewing that revisit and revive the agro-ecological practices of the traditional agricultural model;
• Realization of self-managed maintenance work for shared management of the housing stock;
• Involvement of more than 300 people in the area involved in the preservation of the farm as a common good, with self-management projects of part of the olive grove and shared gardens (Mo.T.A. project);
• Recovery of local varieties of trees, plants and grains, and organization of seeds exchange;
• Pragmatic search for communication with local institutions that led to the development of a “Declaration of Civic Use of the Common Good” with which the movement became self-contained in the community and envisaged possible forms of legal recognition of the experience of self-management.
During these years of custody, the local community has gathered around the committee’s activities and has become aware of itself self. In the wake of the positive experiences of Naples (former Asilo Filangieri) and Palermo (Complesso di Montevergini), which saw the public body recognizing their self-management of a common good, a “Civic Declaration of a Common good ” was redacted with which the community of Mondeggi is constituted as a collective subject able to preserve and make Mondeggi live through a series of clear and shared rules.
Nonetheless, the Metropolitan City believes it has to end this “illegal” and “scandalous” creation of a common good that, in other contexts, was not only legally recognized (eg papers on the management of common goods, public spaces, forms of exchange of services, etc.), but it was also supported administratively and economically because it was recognized as a beneficial effect on strengthening a social fabric that is increasingly rarefied and fragmented. Faced with the renewed will of the community of Mondeggi to open a dialogue and see the social utility of its work recognized, the Metropolitan City justifies the intention to alienate the entire property as “… it would be better to allow the Villa complex of Mondeggi and its pertinences to fulfill the mission of ‘promotion of multifunctional rurality’, as per the urban requirements of the Municipality of Bagno a Ripoli. The ‘promotion of multifunctional rurality’ is already in place, as well as optimal practices of sustainable peasant agriculture and a short products chain that have been able to engage the local community and increase the sense of belonging and participation.
If the selling of Mondeggi was to take place it would probably be expected that a successful financial recovery though self-management would be replaced by financial company that would reinforce the phenomenon of gentrification and centralization of land ownership already in place in Italy for decades, with the disappearance of nearly two million small farms only in the last thirty years, with alienating effect on local society.
Mondeggi represents a successful experiment of managing a good according to community logic—against rampant individualism—with solidarity—against the omnipotent competition—and self-governing, instead of the ubiquitous hierarchy. For this reason, Mondeggi’s experience is at the same time an important part of the urgent global reflection on the limits of agro-industrial development and a real and working alternative. The intentional activation of a common good allows a practical and responsible answer to sustained ecological crises, unemployment, gradual decline in food quality, and fragmentation of the rural social fabric. We do not ask for support only for those who share our principles but also those who believe in the importance of unexplored roads, nurtured by participation from the bottom as a premise for the dissemination of power, opportunities, cultural models for a sustainable future, and solidarity, which today appears to be utopian in Tuscany while in other contexts has become common practice.
All this considered, we ask the Metropolitan City:
• Not to publish the notice of sale;
• To build a path to recognition and dialogue with the public and social stakeholders interested in consolidating the project, already initiated by the Community of Mondeggi so as to define and formalize the innovative forms of social management and sharing developed in the farm of Mondeggi starting from the ” Declaration of civic management of a common good.”
• To outline a project of recovery and enhancement within the framework of civic management of Mondeggi as it has already been done in other contexts, such as Naples or Palermo.
ADESIONI (SUBSCRIPTIONS)
Stefano Boni (antropologo, Università di Reggio Emilia), Daniela Poli (urbanista, Università di Firenze), Claudio Sopranzetti (antropologo, Oxford University), Alberto Magnaghi (urbanista, Università di Firenze), Piero Bevilacqua (storico, Università di Roma La Sapienza), Pierre Donadieu (agronomo e paesaggista, Ecole Nationale Supérieure de Paysage, Versailles – Marseille), Iacopo Bernetti (economista agrario, Università di Firenze), Ugo Mattei (giurista, Università di Torino), Carlo Alberto Graziani (giurista, Università di Siena), Fabio Parascandolo (geografo, Università di Cagliari), Andrea Baranes (economista, Fondazione Banca Etica), David Fanfani (urbanista, Università di Firenze), Giovanni Scotto(sociologo, Università di Firenze), Maria Rosaria Marella (giurista, Università di Perugia), Bruno Antonio Bellerate (storico della pedagogia, Università di Roma Tre), Alberto Budoni (urbanista, Università di Roma – La Sapienza), Francesco Alberti (urbanista, Università di Firenze), Giovanni Belletti (economista agrario, Università di Firenze), Claudio Saragosa (urbanista, Università di Firenze), Liza Candidi (antropologa, Gran Sasso Science Institute), Francesco Zanotelli(antropologo, Università di Messina), Vittorio Sergi (sociologo, Università di Urbino), Mauro Van Aken (antropologo, Università Milano-Bicocca), Alexander Koensler (antropologo, Queen’s University of Belfast), Ivan Bargna (antropologo, Università Milano-Bicocca), Agostino Petrillo (sociologo, Politecnico di Milano), Sonia Paone (sociologa, Università di Pisa),Donatella della Porta (sociologa, Scuola Normale Superiore di Firenze), Domenico Perrotta (sociologo, Università di Bergamo), Massimiliano Andretta (sociologo, Università di Pisa),Nadia Breda (antropologa, Università di Firenze), Valeria Piro (sociologa, Università di Bologna), Maurizio Bergamaschi (sociologo, Università di Bologna), Angelo Baracca(fisico, Università di Firenze), Alexander Palummo (pianificatore del territorio, Università di Firenze), Gabriella Granatiero (pianificatrice del territorio, Università di Firenze), Monica Bolognesi (pianificatrice del territorio, Università di Firenze), Alberto Di Cintio (tecnologo dell’architettura, Università di Firenze), Filippo Del Lucchese (politologo, Brunel University London), Enzo Scandurra (urbanista, Università Sapienza di Roma), Giuseppe Bolotta (antropologo, National University of Singapore), Luigi Piccioni (economista, Università della Calabria), Maria Grazia Meriggi (storica, Università di Bergamo), Salvatore Palidda (sociologo, Università di Genova), Michela Semprebon (Sociologa, Università IUAV di Venezia),Francesca Forno (sociologa, Università di Trento), Paolo Baldeschi (urbanista, Università di Firenze), Vittorio Sergi (sociologo, Università degli Studi di Urbino), Giovanni Pizza (antropologo, Università di Perugia), Gennaro Avallone (ricercatore, Università di Salerno),Iacopo Zetti (urbanista, Università di Firenze), Filippo Zerilli (antropologo, Università di Cagliari), Luca Sebastiani (antropologo, Università di Granada), Camilla Perrone (architetto e urbanista, Università di Firenze), Massimo Rovai (economista agrario, Università di Pisa), Alessandro Mengozzi (geografo, IULM Milano), Pietro Saitta (sociologo, Ricercatore, Università di Messina), Alessandra Gribaldo (antropologa, Università di Bologna), Stefano Gallo (storico, ISSM-CNR Napoli), Ilaria Agostini (urbanista, università di Bologna), Federica Giardina(Filosofa politica, Università di Roma Tre), Erica Raimondi (sociologa, Università degli Studi di Trento), Carlo Cellamare (urbanista, Sapienza Università di Roma), Duccio Basosi(Storico, Università Ca’ Foscari Venezia), Josh Fattal (storico, New York University), Tyrell Haberkorn (giurista, Australian National University), Francesca Zampagni (assegnista di ricerca in Relazioni Internazionali, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa), Chiara Belingardi (ricercatrice urbana, CNR Roma), Alice Poma (ricercatrice, UNAM, Città del Messico),Tommaso Gravante (ricercatore, UNAM, Città del Messico), Alice Mattoni (ricercatrice Scuola Normale Superiore di Firenze), Peppe Allegri(dottore di ricerca, Sapienza università di Roma), Francesco Biagi (dottorando in sociologia, Università di Pisa), Giacomo Pozzi (dottorando in antropologia e studi urbani, Università di Milano-Bicocca/Instituto Universitario de Lisboa), Matan Kaminer (dottorando in antropologia, University of Michigan), Stefano Romboli (Libera Università Popolare, Livorno), Rino Genovese (Fondazione per la critica sociale, Firenze), Pier Paolo Poggio (Fondazione Micheletti, Brescia), Ornella De Zordo (Università di Firenze), Marco Bersani (Attac Italia), Paolo Cacciari (giornalista), Claudio Greppi (geografo, Università di Siena)
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