Ape volontaria, Ape social. Come orientarsi e non lasciare soli i lavoratori

  • Tempo di lettura:3minuti
image_pdfimage_print

Ape volontaria. Ape social. Avete mai sentito parlare di questo provvedimento dal nome accattivante dal sapore così vintage, ma mai retrò? E per caso avete fatto domanda o conoscete qualcuno che ci ha provato?

Noi sì, alla Camera popolare del lavoro di Firenze, intercettiamo tante esperienze: dai dipendenti con contratti “atipici” a tempo determinato (sempre più tipici) ai disoccupati, dagli appaltati ai “privilegiati”(?!) del pubblico impiego, dai camerieri dei bar ai portalettere. E così abbiamo approfondito la questione dell’Ape, ossia “anticipo pensionistico”, perché si è rivolta al nostro sportello una lavoratrice che ne aveva bisogno oltre che diritto. Abbiamo così deciso di pubblicare qui una testimonianza diretta, preceduta da una nostra breve riflessione.

Sulle pensioni anticipate: tanto fumo, niente arrosto

Con la legge di bilancio 2017, il Governo a guida PD di Renzi – probabilmente perché temeva la batosta sul referendum costituzionale – ha introdotto l’Ape volontaria e l’Ape social (art. 1, commi 166 e 179 L. 232/2016). Bisogna distinguere nettamente le due misure. Del nome Ape volontaria si deve dimenticare il leggendario tre ruote della Piaggio e leggere “prestito finanziario” perché si tratta di finanziamento che andrà restituito in “comodissime” 260 rate in 20 anni con modalità, ossia tassi di interesse, ancora da definire (manca l’accordo con le banche). Mentre l’Ape social – che niente ha a che fare con il miele e i fiori – è un’indennità nei confronti di tutti coloro che, attualmente in stato di disoccupazione, abbiano compiuto 63 anni di età e abbiano lavorato almeno 12 mesi prima dei 19 anni, oppure abbiano un’invalidità pari o superiore al 74%, o abbiano svolto lavori usuranti per sei anni in via continuativa …

Dietro i nomi attraenti si intravedono già i foschi labirinti dei requisiti, dei commi, dei rimandi, dei decreti attuativi, delle circolari e delle FAQ dell’INPS.

Si intravede anche l’arrosto? Non tanto, perché, come dichiara la stessa INPS che in questi mesi sta esaminando le domande, ad oggi sono state respinte due domande su tre : 65.972 , di cui 20.957 sono state accolte, mentre altre 44.306 sono state respinte. Tant’è che il Governo è dovuto recentemente intervenire, dato il pericoloso boomerang in termini di consenso, promettendo un correttivo nella prossima Legge di Bilancio.

Ma ad aspettare le promesse del Governo e i tempi burocratici si muore. Così un mercoledì pomeriggio al nostro sportello si è presentata Lorella. Al sindacato le hanno detto di lasciar perdere, in quella maniera un po’ impersonale e superiore che purtroppo ci viene buttata addosso in troppi casi. Come se il sindacato non fosse stato costruito dai lavoratori per unire le loro rivendicazioni e dare loro più forza ed efficacia. Come se fosse solo un ufficio servizi…

La storia di Lorella

Beh non è vero che non si può fare niente, si può insistere, lottare insieme. Abbiamo impugnato il respingimento della domanda di Lorella. Non sappiamo ancora come andrà a finire, però Vanessa, sua figlia, ha scritto un pensiero che vogliamo condividere con voi.

Dentro c’è condensato il succo di cosa voglia dire essere lavoratrice e donna oggi. Delle difficoltà, ma anche della voglia di riscatto, che sono le ragioni per cui nessuna lavoratrice e nessun lavoratore possono essere lasciati soli.

Leggete qui la sua testimonianza.

Clash City Workers Firenze

The following two tabs change content below.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha *