Potrebbe essere il sintetico commento a questa pessima campagna elettorale, che sembra basata essenzialmente su tre pilastri: la scelta dei candidati sulla base della fedeltà al capo (complimenti vivissimi a chi ha scritto e approvato questa legge elettorale), le promesse sempre più mirabolanti (aboliremo il lunedì pare fra le più sobrie e realiste), e la rincorsa dei peggiori istinti che attraversano la pancia di un paese incattivito, che applaude ad una tentata strage razzista.
Ma c’è chi va controcorrente: una piccola esperienza, ogni giorno meno piccola in realtà, cammina ostinatamente in direzione contraria. Potere al popolo è una lista nata dal basso, anzi è nata proprio per unire le esperienze di movimento, di resistenza e di lotta presenti sui territori. Un’esigenza che evidentemente era latente ma viva: dopo l’appello lanciato da Je so’ pazzo – ex OPG di Napoli, con una rapidità sorprendente si sono moltiplicate le adesioni e le mobilitazioni di moltissime realtà, associazioni, movimenti, collettivi, centri sociali, spezzoni sindacali, che si sono autorganizzati attorno a quella idea iniziale: dare voce ai non rappresentati, gli esclusi, lavoratrici e lavoratori, precari, studenti, quel popolo che ormai è (scarsamente) presente solo nelle parole del ceto politico anche di un centro sinistra sempre più centro e sempre più omologabile al centrodestra.
In poche settimane si sono tenute centinaia di assemblee in cui sono stati discussi e condivisi indirizzi generali, punti del programma e candidature, tutte espressione dei territori, con candidate (oltre il 60%) e candidati che rappresentano vertenze, lotte ed esperienze attive nel tessuto sociale e politico locale.
A Firenze in lista ci sono esponenti dei movimenti contro le grandi opere e la TAV, dei sindacati di base, delle Brigate di Solidarietà Attiva e dei Clash City Workers, attivisti che da anni attraversano le strade cittadine, le periferie e i luoghi dei conflitti, lottando per diritti, giustizia e libertà. Anche la partecipazione di un partito già strutturato come Rifondazione ha seguito la stessa strada e le stesse modalità, senza verticismi o notabili da calare, che so, a Bolzano.
Sono state raccolte le firme per presentare le liste in tutti i collegi del paese, in numero doppio rispetto al necessario. Quelle firme che facevano tremare la Bonino, che pur di non raccoglierle ha preferito allearsi con Tabacci.
Quello che colpisce è l’attivismo e l’entusiasmo che tutto questo ha suscitato, un fermento che rincuora, e che per stessa dichiarata intenzione iniziale è parte fondamentale di tutta l’avventura, che deve sostenere la fase elettorale, ma soprattutto proseguire dopo, farsi corpo sociale, iniziativa politica viva.
Intanto si moltiplicano adesioni e interesse, dall’appello del mondo della cultura a quello degli urbanisti, architetti, agronomi, ecologi, ambientalisti, dal videomessaggio di Ken Loach a quello di Moni Ovadia.
Quello che colpisce è anche il disinteresse, al limite del boicottaggio, da parte dell’informazione mainstream, un oscuramento mediatico che va dalla RAI alla carta stampata fino ai canali multimediali di informazione. Fino all’assurdo che in molte rilevazioni, come in alcune app sui posizionamenti dei lettori (come il “partitometro” di Repubblica online) Potere al Popolo non c’è, mentre figurano ben rappresentate formazioni di estrema destra al limite della irrilevanza elettorale, e ben oltre quello della legittimità costituzionale e della decenza, come Forza Nuova.
Insomma un cammino ovviamente difficile, ma una boccata di ossigeno in un panorama sconfortante, una sfida che promette di poter portare lontano.
*Laboratorio perUnaltracittà
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