Appello per un incontro internazionale su libertà femminile, diritti umani e migrazioni, per una risposta trasversale ai Regimi e alla nuova ondata patriarcale mondiale, per un progetto comune.
Cosa possiamo dire oggi della solidarietà internazionale tra donne, che sarebbe necessaria per offrire soluzioni concrete al problema, realmente esistente, della convivenza tra culture e della solidarietà tra paesi, e che unisse invece di dividere?
L’ondata xenofoba e maschilista, l’autoritarismo e la preminenza di leader misogini e reazionari in tutto il mondo mette a serio rischio le tappe basilari raggiunte dalle donne, e pone impellente l’urgenza di trovare soluzioni pratiche che evitino la creazione di società sempre più parcellizzate in clan, sacche di quartiere, mafie e lobby maschiliste.
La rivoluzione sarà femminista o non sarà, si dice, ma una rivoluzione positiva ed attuabile ha bisogno di buone idee, di piattaforme comuni comprensibili, concrete, condivise. Le manifestazioni periodiche, le cordate saltuarie e le dichiarazioni di intenti non bastano.
L’Italia è il paese che per primo dovrebbe ospitare u’a iniziativa internazionale delle donne sulle migrazioni, poiché il Paese è in questo momento ostaggio di politici che hanno saputo sfruttare l’impossibilità di dare una risposta alle migrazioni senza un progetto coerente di ospitalità e integrazione. Sappiamo che chi migra dal mare alla penisola viene spesso, oltretutto, da paesi dove le donne soffrono una oppressione intollerabile. Dalla Nigeria col terrorismo islamico di Boko Haram. Dall’Eritrea dove vige la dittatura militare. Dal Sudan dove c’è la dittatura. Dal Gambia che ha subito un colpo di stato. Dalla Somalia con la sua guerra civile. Dal Pakistan, dove i diritti umani sono sempre a rischio. E anche dall’Afghanistan, da Senegal, Mali, Ciad, Egitto, dalla Siria in guerra.
La Conferenza internazionale di Pechino appare lontana, era il 1995. L’Agenzia per l’uguaglianza è giunta a ribadire di recente, nel 2015, gli obiettivi della piattaforma, ma quella di Pechino resta l’ultima volta di una riunione assembleare mondiale delle donne. Ora le portavoce Onu fissano al 2030 l’anno nel quale gli obiettivi di eguaglianza debbono essere raggiunti.
Nel frattempo quindi cosa possiamo fare noi italiane ed europee?
Il fenomeno delle migrazioni, per guerra, per il clima, per il lavoro, ci porta a chiederci, come fu durante la guerra nella ex Jugoslavia “cosa fanno le donne di là da questo muro, di là da questa frontiera, di là dal mare?”. Pensiamo quindi che l’urgenza più grande, ora che in tanti stanno migrando e migrano senza flussi e corridoi umanitari adeguati, e sono in maggioranza uomini, sarebbe proprio una conferenza con le donne di quei paesi, organizzata a partire dalle nostre forze, con la forza delle associazioni, a partire da quello che si può fare e come stimolo agli organismi internazionali. Non possiamo aspettare un’altra Pechino, soprattutto noi europee, mentre da ogni parte viviamo non solo la strage di esseri umani ma una reazione misogina totale ed un reflusso di acidità maschilista inaccettabile.
Vorremmo ascoltare le donne che migrano o che vedono i propri cari migrare a rischio della vita, vogliamo sapere di più di quei governi, sentire chi è governata, chi vive la cultura, la cura, chi si adopera per la pace ed i diritti civili in quei paesi. Vorremmo, anzi abbiamo urgente bisogno, che la voce sul futuro comune sia delle donne che non hanno ancora avuto la parola. Vogliamo una Conferenza delle donne sulla migrazione, laica ma inclusiva, in Italia entro il 2019.
Non Una Di Meno