Mafie straniere in Toscana? Qualche interrogativo/2

I gruppi maggiormente «attenzionati» da magistrati e forze dell’ordine toscani sono quelli composti da cittadini di origine albanese e cinese.

In entrambi i casi, si tratta di compagini criminali caratterizzate da una stretta coesione interna, ma differenziate sotto altri importanti aspetti, relativi alle attività legali e illegali in cui si inseriscono e ai rapporti con altri gruppi.

In merito al primo aspetto – la struttura – le principali operazioni giudiziarie che coinvolgono gruppi composti da cittadini provenienti dall’Albania descrivono tali gruppi basati su legami di parentela o comunque rapporti strutturati per gli incarichi direttivi e organizzativi – come raccolta dei profitti, il reclutamento dei corrieri, la relazione con i fornitori e gli acquirenti – e legami laschi per gli incarichi secondari, quali il trasporto e la consegna delle merce.

Sul piano delle attività, sempre le stesse fonti attribuiscono a questi gruppi principalmente due attività: sfruttamento della prostituzione e traffico di stupefacenti. Il primo ambito, secondo molti studiosi, è contrassegnato da una «successione criminale», ovvero a causa del disinteresse delle mafie «autoctone» passa a una gestione prevalentemente straniera ed è fortemente influenzato dalle catene migratorie. Seppure questa spiegazione sia solo una delle motivazioni possibili, in effetti lo sfruttamento della prostituzione non rientra tra le attività principali di cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra. Il narcotraffico, come è noto, lungi dall’essere esclusivo di uno gruppo criminale si configura come un traffico «a geometria variabile» per le molteplici direttrici che segue, per le forme con cui è organizzato, per la compresenza di interessi, mafiosi e non. In base ad alcune ricostruzioni, il primo settore è stato funzionale all’accumulo di capitali per investire nel secondo, soprattutto nei decenni passati.

Per quanto riguarda il terzo aspetto – le relazioni esterne al gruppo – dalle operazioni relative a questi gruppi emerge la capacità e la necessità di fare rete. Si tratta di una specificità del traffico, caratterizzato, come anticipato, da una molteplicità di passaggi e di ruoli. Questa relazionalità si può declinare in una duplice modalità, la prima sul versante interno – tra diversi cittadini albanesi – e la seconda su quello esterno, con gruppi di diversa composizione. Emergono, infatti, diverse vicende in cui alcune sostanze stupefacenti, soprattutto cocaina ed eroina, sono importate dall’Albania e da paesi europei (soprattutto l’Olanda) dove risiedono altre parti del gruppo. La fornitura e l’importazione sono gestite prevalentemente da albanesi, mentre lo spaccio riguarda il fronte esterno. Ma in generale dopo il primo passaggio la filiera, i ruoli e le provenienze nazionali si diversificano. Ad esempio, in una delle operazioni si segnalano importatori italiani e rivendita a un’organizzazione composta prevalentemente da albanesi che, a sua volta, la vende a spacciatori italiani e stranieri. Destinatari dello spaccio sono perlopiù cittadini provenienti dagli stati dell’Africa settentrionale e italiani, che spesso non si occupano di spaccio su strada, ma in un ambiente circoscritto.

In Toscana, secondo le nostre fonti, finora il 416 bis non è mai stato applicato a gruppi composti da cittadini albanesi, nonostante esistano secondo gli inquirenti strutture stabili, che si articolano in diversi livelli (Italia, paese di origine e stati europei), affari e metodi operativi tipici della criminalità organizzata.

Per quanto riguarda la criminalità organizzata cinese − sotto il profilo della struttura e degli affari − sono diffuse sul nostro territorio sia le bande giovanili, sia i gruppi criminali organizzati, che, utilizzando metodi violenti, intimidatori ed omertosi, operano esclusivamente a danno di connazionali, e si occupano di controllare e gestire locali pubblici, utilizzati soprattutto per gestione del gioco d’azzardo, spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, usura, rapine ed estorsioni sempre ai danni di imprenditori e commercianti connazionali.

Questo quadro trova conferma nelle parole di Giusto Sciacchitano, procuratore della DNA dal 2012 al 2013 e delegato al collegamento investigativo per la Toscana, che sostiene che la criminalità organizzata cinese si occupa di contraffazione, riciclaggio, traffico di clandestini e tratta degli esseri umani. La zona di attività è soprattutto l’area di Firenze, Prato e Pistoia.  Le tre principali operazioni giudiziarie sono: Cian Liu, Cian Ba e Muraglia che hanno fatto emergere gli spostamenti di milioni di euro − frutto di contraffazione e smercio di una serie di attività illecite – prima dall’Italia alla Cina e in seguito dalla Cina all’Italia sotto forma di merce contraffatta. In effetti, dalle indagini coordinate dalla DDA di Firenze si è scoperta un’associazione dedita al contrabbando di prodotti tessili, favoreggiamento dell’ingresso e dello sfruttamento dei migranti per lavoro nero e prostituzione, alla contraffazione e al riciclaggio dei proventi attraverso un sistema di agenzie di money transfer con trasferimenti di denaro in piccole tranche effettuati da prestanome consapevoli (dipendenti o familiari) o cittadini cinesi completamente ignari o inesistenti.

Diversamente da quanto riscontrato per le organizzazioni criminali albanesi, il reato di associazione mafiosa è stato riconosciuto addirittura nel 1999 a carico di un gruppo di cittadini cinesi con Hsiang Ke Zhi al vertice di una vera e propria struttura piramidale. La sentenza è stata poi confermata anche nei gradi di giudizio successivi: le indagini hanno confermato l’esistenza di un controllo criminale totalizzante da parte di gruppi organizzati che sono riusciti a condizionare l’intera vita sociale della comunità di riferimento, attraverso il contestuale e coordinato combinarsi delle attività delittuose tradizionali già menzionate. Il vincolo mafioso emerge da vari elementi: la struttura prevalentemente familiare (la famiglia Hsiang appunto) dell’organizzazione criminale dominante a Firenze; il controllo delle attività economiche principali della comunità di appartenenza; una evidente capacità intimidatrice con il conseguente stato di assoggettamento e omertà dei membri della comunità.

Dal punto di vista sociologico, sono due gli aspetti da sottolineare in merito alla conformazione e alle attività dei gruppi albanesi e cinesi. In prima battuta l’assenza – almeno rispetto alle nostre conoscenze – di legami esterni alle dinamiche strettamente criminali, di rapporti con la cosiddetta area grigia. Inoltre, emerge la tendenza a leggere una evoluzione dei gruppi criminali sul modello delle mafie meridionali, dato che qualche studioso parla di «maturazione». Come se il processo di trasformazione delle organizzazioni criminali fosse univoco e generalizzabile e come se cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra non fossero altamente differenziate. E, infine, come se la norma non fosse stata creata ad hoc per fotografare una situazione (presente e già in divenire), ma fosse un «fatto naturale».

*Graziana Corica e Rosa Di Gioia

La prima parte de Mafie straniere in Toscana? Qualche interrogativo si trova qui