Gasdotto TAP in Italia. Dal progetto al conflitto / 1

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Da alcuni anni nel Sud della Puglia è in corso una mobilitazione popolare contro la costruzione del gasdotto TAP. La gigantesca opera infrastrutturale di trasporto del gas, destinata ad approdare sulle coste salentine, viene osteggiata localmente. La popolazione salentina, preoccupata per l’impatto presente e futuro dell’opera, è contraria a fare da mero supporto ad un modello di approvvigionamento energetico ancora basato sulle fonti fossili.

La protesta viene strumentalmenteridotta a frutto di ignoranza e sindrome NIMBY. Tuttavia è attivo un fronte eterogeneo, di persone coinvolte in una mobilitazione di conoscenze tecniche, scientifiche, giuridiche, storico-culturali con la quale si è costruita una narrazione alternativa a quella promossa dai sostenitori di questa grande opera infrastrutturale, sostanziata una lunga serie di azioni legali e riformulata una relazione fra soggetti sociali, conoscenze e potere.

 

Che cos’è TAP: molto più di un gasdotto

L’acronimo TAP sta per Trans Adriatic Pipeline, un progetto infrastrutturale relativo alla costruzione di un tratto del condotto per il trasporto del gas naturale che parte dai giacimenti di Sha-Deniz, che si trovano a sud -ovest del Mar Caspio al largo della costa dell’ Azerbaijan, e giunge fino all’Europa. Il gasdotto TAP fa parte del più grande progetto denominato Corridoio Sud del Gas (SGC), espressione coniata dalla Commissione Europea per individuare i progetti infrastrutturali destinati a incrementare la diversificazione delle fonti e la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, grazie al trasporto di nuovo gas, proveniente dall’Azerbaijan, in Europa [1]. Il Corridoio Sud del Gas attraversa 7 paesi: Azerbaijan, Georgia, Turchia, Grecia, Albania, Italia) e prevede progetti energetici per un investimento di 45 miliardi di dollari circa e comprende tre gasdotti : il Trans-Anatolian Pipeline (TANAP) che attraversa la Turchia e il Trans-Caspian Gas Pipelin o South Caucausus Pipeline che interessa la Georgia e Azerbaijan. Oltre ai tre gasdotti il corridoio Sud del gas prevede la seconda fase di sviluppo dei giacimenti in Azerbaijan, l’espansione dell’impianto di lavorazione di un terminale Azero, Espansione della rete italiana di trasmissione del gas SNAM e possibili ulteriori connessioni a reti del gas in Europa Occidentale, Centrale e Sudorientale [2].

Il corridoio Meridionale del Gas è uno dei 12 cosiddetti corridoi energetici reputati prioritari dall’Unione Europea per il conseguimento degli obiettivi di politica energetica, per questo motivo TAP è stato selezionato come Progetto di Interesse Comune nel 2013, 2015 e 2017, status concepito per accelerare l’ottenimento delle licenze e dei permessi necessari alla realizzazione dell’opera.

Il TAP è il tratto di gasdotto che dalla località greca di Kipoi, nel Nord della Grecia sul confine con la Turchia, dopo aver attraversato anche l’Albania dovrebbe inabissarsi in mare fino a meno 820 metri e arrivare sulle coste italiane in Salento per la distribuzione in Europa. L’intero Corridoio Sud del Gas ha una lunghezza di circa 3500 km, il TAP si snoderà lungo 878 km, di cui 550 chilometri in Grecia, 215 chilometri in Albania, 105 chilometri nell’Adriatico e 8 chilometri in Italia.  Toccherà la massima altitudine a 2100 metri tra i rilievi albanesi e la massima profondità a 820 metri sotto il livello del mare. Il tragitto prevede quindi porzioni on shore e off shore dove il gasdotto, dello spessore di 2,86 cm, avrà diametri diversi: 0,91 metri) nel tratto a mare e in Italia, 1,2 metri nel tratto a terra. Secondo il progetto il gasdotto avrà inizialmente una portata di 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno, che potrà essere aumentata fino a 20 miliardi di metri cubi[3].

Il “tubo” in Italia arriverà in località San Foca, nucleo costiero del Comune di Melendugno, infilandosi in un microtunnel a circa 900 m dalla riva che lo riporterà a terra 600 m più all’interno in località San Basilio. Da San Basilio il gasdotto raggiungerà il Terminale di Ricezione del Gasdotto (PRT – Pipeline Receiving Terminal) in preparazione a 8 km di distanza nel comune di Melendugno località Masseria del Capitano.

La condotta TAP una volta raggiunto il PRT, dovrà ricollegarsi alla rete nazionale SNAM con un braccio di prolungamento di circa 56km.Il raccordo passerà attraverso i comuni di Melendugno, Vernole, Castrì di Lecce, Lizzanello, Lecce, Torchiarolo, San Pietro Vernotico per raggiungere il comune di Mesagne in provincia di Brindisi. Da Brindisi, con alcune modifiche all’impianto di ricezione, il gas azero deve poi essere distribuito verso il Nord Europa attraverso l’ adeguamento della rete nazionale da Brindisi a Minerbio.
La costruzione è cominciata nel 2016, la cerimonia di avvio del lavori è avvenuta in Grecia a maggio del 2016, a Salonicco. In Italia i lavori hanno avuto inizio nel 2017[4].

 

Come nasce il progetto TAP : da interessi privati a quelli pubblici.

Il progetto è portato avanti dalla società TAP, consorzio costituito al momento dall’italiana Snam che partecipa per il 20%, la britannica BP al 20%, l’azera Socar al 20%), la belga Fluxys al 19%), la spagnola Enagàs al 16% e la svizzera Axpo al 5%. La sede della società si trova a Baar, in Svizzera.

Andare a vedere dove affondano le radici di questo progetto permette di farsi un’idea di quali siano gli interessi che lo guidano e sulla base di quali esigenze è stato pensato. A questo proposito è molto utile la visione del reportage “La storia di TAP, un gasdotto svizzero”, di Elena Boromeo, Thomas Paggini e Jona Mantovan, andato in onda sulla RSI (televisione della Svizzera Italiana)[5] .

L’inchiesta documenta come la progettazione del gasdotto sia partita nel 2003 su iniziativa privata e su esigenze private. In particolare per garantire le forniture di gas ad alcune centrali elettriche che l’azienda svizzera EGL (oggi AXPO) stava costruendo in Italia ed offrire alla Svizzera nuove opportunità di approvigionamento energetico. In una birreria di Baar il Dirigente di EGL e i manager da lui ingaggiati discutono su dove procurarsi il gas. I gasdotti esistenti vengono scartati perché già in mano a dei colossi, quindi prende forma l’idea di un nuovo gasdotto che colleghi il Sud dell’Europa con i giacimenti quasi “vergini “ dell’Azerbaijan. L’impresa riesce a convincere la Confederazione Svizzera della strategicità di TAP per la sua sicurezza energetica e la possibilità di attirare altri investitori: l’idea è quella di costruire un gasdotto in grado di trasportare fino a 20 miliardi di metri cubi di gas l’anno in Italia, di cui l’Azienda vuole assicurarsene solo 5-6, mentre gli altri verranno venduti. Gli uomini di EGL si assicurano anche il gas da parte della SOCAR, la compagnia nazionale azera che gestisce i giacimenti di Sha Deniz. A metà dei primi anni Duemila – con la cosiddetta “guerra del gas” tra Russia e Ucraina tra il 2006 e il 2009 – l’Unione europea ha aumentato il proprio interesse verso il progetto del Corridoio meridionale, visto sempre di più come un’opera strategica per ridurre la dipendenza energetica del continente dalle importazioni russe, provenienti proprio dai territori ucraini. Quindi nel corso degli anni TAP è diventato un progetto di rilevanza Europea per la “diversificazione delle fonti energetiche”, finanziato dalla Banca Europea per gli investimenti (BEI) con 700 milioni di euro e da quella per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) con un miliardo.[6] Ciononostate non è un mistero che nel gasdotto scorrerà anche gas di origine Iraniana e Russa, in quanto i giacimenti azeri non sono in grado di fornire nemmeno la metà dei 20 miliardi di metri cubi promessi.

 

Lo stato dei lavori

Secondo gli obbiettivi intermedi riportati nella pagina web del progetto, la società TAP prevede di rendere operativo il condotto per il 2019 e di attivare la prima erogazione di gas nel 2020. Sempre secondo la pagina della società lo stato di avanzamento totale dei lavori è del 85%.

In Italia in questa fase sono in corso i lavori di scavo del microtunnel sotterraneo che conduce il gasdotto dal punto di arrivo nel mar Adriatico, a meno di un km dalla spiaggia di San Foca, a terra, a San Basilio e i lavori di costruzione del PRT. Contemporaneamente sono in corso i lavori al tracciato per l’allacciamento del gasdotto TAP alla rete SNAM, che avverrà a Mesagne (BR). Rispetto alla tabella di marcia presentata a inizio lavori e riportata sul sito della società c’è un ritardo di almeno un anno.

 

La protesta contro il TAP: dal Comitato al Movimento NO TAP

La popolazione locale viene pubblicamente informata del progetto con un incontro pubblico nel febbraio 2012 nel Teatro di Melendugno. L’ingegnere e Country Manager di TAP, Paul Pasteris espongono il progetto nelle sue linee fondamentali, minimizzando sugli impatti e descrivendolo come un’opportunità per il territorio; si ritrovano a tenergli testa un gruppo di cittadini, molto informato sul progetto e che solleva una serie di questioni problematiche relative all’impatto ambientale dell’opera, la sicurezza, la salute. Questa reazione articolata e consapevole è frutto del lavoro di un gruppo di cittadini di Melendugno e paesi limitrofi, la maggior parte dei quali facenti parte dell’associazione “Tramontana” ma anche “ Biocontestiamo” , “Re-azione” e “ Forum ambiente e salute”, i quali essendo stati informati dell’esistenza del progetto da un consigliere comunale, lo hanno studiato nei dettagli e informato la popolazione locale.

Questo primo nucleo di cittadini continua a studiare il progetto e decide per marzo un’assemblea pubblica ad Acquarica, dove si illustra il progetto attraverso slide ed immagini, parlando degli impatti sul territorio e sull’economia dell’opera, e anche del suo ruolo nella geopolitica europea.
Una nuova iniziativa a San Foca, in aprile, decreta la nascita del Comitato NoTAP. Il lavoro di studio e controinformazione viene portato avanti anche da diversi grupoi in provincia. Nel frattempo
il progetto subisce una prima bocciatura, Russo diventa il nuovo Country Manager Russo. Viene presentato un nuovo progetto, che non viene ne presentato ne spiegato per farlo accettare.

Il lavoro di documentazione, analisi, confronto di informazioni e conoscenze continuerà con i tecnici del Comune di Melendugno messi a disposizione dal Sindaco Marco Potì nel 2013, a cui si aggiungeranno professionisti ed accademici dell’area di Lecce.

Il progetto comprensivo di microtunnel e PRT, riceve l’approvazione della VIA (con 48 prescrizioni) da parte del Ministero dell’Ambiente attraverso il decreto DM-0000223 del 11/09/2014 [7]. Il 21 Maggio 2015 il Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi firma il Decreto di autorizzazione unica del metanodotto, A Febbraio del 2017 è stato presentato un nuovo progetto per il microtunnel per il quale Il Ministero dell’Ambiente ha escluso la Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) ma solo delle prescrizioni per la fragilità naturalistica dell’area.

Da punto di vista delle mobilitazioni, il 2017 è l’anno clou nonché l’anno in cui da Comitato si passa al Movimento. E’ l’anno delle manifestazioni a Lecce e a San Foca che richiamano migliaia di persone, dell’istituzione del presidio permanente, luogo di vigilanza, aggregazione, informazione, organizzazione; è l’anno della recinzione e della militarizzazione di porzioni di territorio per la realizzazione dei cantieri, dell’espianto degli ulivi secolari, delle manganellate, delle persone trascinate per capelli, degli scontri di piazza. E’ anche la fase di massima visibilizzazione mediatica della protesta.

Il periodo fra il 17 marzo al 4 di luglio 2017 è quello giorno in cui vengono trasferiti la maggiorparte degli ulivi. Per agevolare l’operazione di espianto un viene emessa un’ordinanza prefettizia con carattere d’urgenza che istituisce una zona di interdizione all’accesso e al traffico dal 19 al 25 aprile, la cui violazione mette a rischio di denuncia penale. Fra gli apici della mobilitazione la giornata del 17 di maggio quando la popolazione a mani nude ha fermato il trasporto degli ulivi presso la masseria del Capitano e alcuni di quegli alberi furono riportati a nella zona del cantiere.

L’estate 2017 si caratterizza anche per la militarizzazione di Melendugno e l’inizio della repressione della protesta: in occasione del primo grande corteo a Lecce (circa 1000 persone) partono le multe per manifestazione non autorizzata. In agosto a Melendugno si svolge un altro corteo, in silenzio e con i partecipanti sotto shock, a causa della morte improvvisa il girono stesso di una attivista a causa di un incidente d’auto mentre raggiungeva il presidio.

In autunno il conflitto si riacutizza in quanto il 12-13 novembre partono le recinzioni per il cantiere in zona San Basilio. Una seconda ordinanza prefettizia che nega l’accesso in tutta la zona limitrofa all’area del cantiere costringe gli attivisti ad abbandonare il presidio permanente mantenuto per 8 mesi; diversi attivisti vengono raggiunti da fogli di via e multe.

Nelle giornate del 7-8-9 dicembre si svolgono mobilitazioni tra Lecce/San Foca con la partecipazione di gruppi provenienti anche da altre parti d’Italia. In particolare il pomeriggio del 9 dicembre proprio dove vige il divieto di accesso si tiene una manifestazione con anche la partecipazione dei commercianti di Melendugno che tengono chiuse le serrande ei negozi. La manifestazione, eterogenea, partecipata da gente di diversa estrazione politica, culturale e sociale, aveva una valenza simbolica, ma viene attaccata dalla polizia e si trasforma in una fuga. Diverse persone vengono fermate ed identificate. Partono i fogli di via e le denunce[8].

 *Serena Tarabini

 

Note al testo

[1] Dalla pagina ufficiale della società TAP https://www.tap-ag.it

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.

[4] Ibidem.

[5] https://rsinews.pageflow.io/tap?fbclid=IwAR0BkYoK5ASEXZ46_HguYbIpRcJcZ68W1zwV-shwghn-0V2DdFWUeyjE-xk#186534

[6] Ibidem.

[7] http://www.camera.it/temiap/t/news/post-OCD15-11548

[8] Per i fatti del 9 dicembre sono indagate 55 persone accusate di “inosservanza dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria”. Il 20 maggio 2019 si sono concluse le indagini e si attende la decisione del giudice per l’udienza preliminare sul rinvio a giudizio.

Lo scritto è la trascrizione dell’intervento dell’autrice a “La favola delle grandi opere“, ciclo di incontri organizzato da Laboratorio politico perUnaltracittà e Spazio InKiostro (Firenze, 21 marzo 2019).

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Serena Tarabini

Serena Tarabini, biologa, collaboratrice del Manifesto, Radio Popolare e altre testate indipendenti. Si occupa di conflitti ambientali e solidarietà internazionale.

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