Verso il 2020: vogliamo un mondo nuovo

Accanto ai temi più legati al territorio, il nostro sguardo si è allargato a ciò che accade nel mondo, in particolare alle lotte che in quest’anno si sono sviluppate un po’ ovunque in opposizione al disordine mondiale crescente, alle diseguaglianze esplosive e dilaganti.

Attenzione particolare al Medio Oriente e allo strascico catastrofico di conflitti senza fine.
In Libia, dove dal 2011 una guerra criminale promossa dai paesi NATO, soprattutto Francia e Gran Bretagna – con sussidio suicida dell’Italia – ha aperto un vaso di Pandora (di cui i migranti sono un sintomo tragico) si allarga alla fine del 2019 con il previsto intervento turco, delineando una possibile guerra per il controllo degli enormi giacimenti di gas trovati nel Mediterraneo orientale, un conflitto di tutti contro tutti dalle prospettive terrificanti. In Afghanistan una guerra mai sopita è proseguita con una scia molto alta di vittime dimenticate, in Siria il conflitto più ipocrita che l’Occidente abbia mai provocato si trascina con logiche di supremazia tra soggetti regionali che ha coinvolto anche lo Yemen dove distruzioni e una crisi umanitaria impressionante sta distruggendo il paese, in Iraq lo smembramento del paese non significa affatto pacificazione, ma la presenza di altri fronti di guerra nel confronto tra i blocchi Sciiti e Sunniti dietro i quali operano comunque dinamiche che con l’Islam non hanno nulla a che vedere.

Proprio in chiusura del 2019 l’uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani da parte degli USA potrebbe preludere ad un conflitto ben più vasto e dagli sviluppi imprevedibili. Il progetto statunitense di frammentazione di tutti i paesi che hanno una politica minimamente indipendente dai loro dettati e dagli interessi di Israele e Arabia Saudita si manifesta in tutto il suo orrore: consci di non poter più controllare il globo militarmente lo stanno destabilizzando con la loro  potentissima fabbrica della guerra, il famoso “complesso militare-industriale”.

Nel mondo del Medio Oriente e dal Magreb si vedono anche segnali molto positivi che devono avere la nostra attenzione: le manifestazioni imponenti, socialmente motivate, in vari paesi stanno dimostrando che le popolazioni hanno progetti politici e sociali ben diversi da quelli dei seminatori di morte. In Algeria, in Sudan, in Libano, in Iraq, in Iran una mobilitazione che avrebbe meritato più attenzione sta mostrando come l’esigenza di giustizia sociale sia diffusa ovunque; purtroppo questi imponenti movimenti sociali rischiano di rimanere schiacciati nel confronto geopolitico in atto.

Particolare attenzione abbiamo dato ad un esperimento politico molto interessante, quello del Rojava, dove una reale democrazia ecologista, socialista e femminista si propone come modello globale di un nuovo modo di convivenza. Anche qui le logiche di dominio stanno distruggendo tutto sotto gli occhi cinici di un Occidente sempre più barbaro.

In Africa le politiche coloniali dei paesi occidentali sono proseguite, in particolare in Africa orientale controllata economicamente dalla Francia, che continua ad imporre una sua moneta; a queste si è aggiunta la Cina con una infiltrazione molto meno militarizzata, ma capillare. Lo sfruttamento del continente ha avuto livelli vergognosi; gli effetti collaterali sono i migranti che continuano a cercare sopravvivenza migrando solo in parte verso una Europa sempre più divisa e antisociale.

In America Latina abbiamo seguito con angoscia il tentativo di golpe in Venezuela e il riuscito golpe in Bolivia; tutti sintomi di un risorto interesse da parte degli USA per il proprio “cortile di casa”; in quest’ottica va vista anche la vittoria di un parafascista come Bolsonaro in Brasile. Ma anche qua abbiamo seguito con grande interesse i grandi movimenti di protesta in vari paesi come in Equador, Haiti, Honduras, Colombia o in Cile, dove una mobilitazione incredibile e cosciente sta costringendo in un angolo il governo. Altri sintomi positivi che mostrano una America Latina politicamente viva sono le vittorie elettorali in Messico e Argentina da parte di movimenti progressisti.

Nel 2019 abbiamo guardato anche dentro l’Unione Europea dove i patetici sforzi di liberarsi dai vincoli di bilancio da parte del governo giallo-verde hanno mostrato anche ai più scettici l’inconsistenza del progetto della destra e soprattutto il dominio spietato della finanza globale e della locomotiva tedesca.  Un fatto importante del 2019 è stato larresto di Julian Assange, una vendetta spietata per un vero difensore della libertà di informazione, contro chi ha svelato il vero volto del potere. Abbiamo visto però che dei germi di risveglio sociale esistono: il fenomeno dei gilet gialli e lo sciopero ad oltranza in Francia contro la riforma delle pensioni è un fenomeno molto importante. Ancora ci chiediamo perché queste proteste non contagino tutto il continente, in particolare l’Italia. In tutti i movimenti di protesta è ben presente l’aspetto di difesa del pianeta, l’unico disponibile che la logica distorta dell’accumulazione sta demolendo; il fenomeno dei Fridays For Future con il loro “Distruggi il sistema, non il pianeta” è il segno che forse la nuova generazione prende in mano il proprio destino e lo toglie alle logiche del capitalismo predatorio e necrofilo dominante.

Abbiamo avuto un 2019 con molte sciagure, ma abbiamo visto anche come i popoli si stanno mobilitando ovunque; il quadro è fosco, ma ci sono spiragli eccezionali, val la pena continuare a lottare!