Una raccolta fondi per l’Ambulatorio Popolare gratuito dell’ex-OPG “Je so’ pazzo!” di Napoli, una campagna di crowdfunding che è arrivata lontano, in paesi come gli USA, il Regno Unito, la Svizzera, il Belgio – addirittura Cuba! – e che ha già coinvolto solidali da tutti gli angoli d’Italia. È partita il 23 dicembre scorso e si concluderà il 2 febbraio, 40 giorni per un obiettivo prefissato di 15.000 euro.
Sembrava un traguardo troppo ambizioso, eppure coi suoi 14.700 euro già raccolti e 10 giorni ancora davanti, il raggiungimento ed il superamento di questo obiettivo, è ormai vicinissimo! In un Paese in cui rassegnazione e diffidenza camminano a braccetto, capire perché 500 persone abbiano deciso di donare, di contribuire a questa campagna ci può restituire una faccia della realtà che abbiamo davanti agli occhi che troppo spesso rischia di passare in secondo piano, di non meritare di essere raccontata.
Con Novella Formisani, psichiatra volontaria dell’Ambulatorio Popolare, ci addentriamo nei dettagli di questa campagna.
Come nasce l’Ambulatorio Popolare? Per quale ragione?
L’Ambulatorio Popolare dell’ex-OPG “Je so’ Pazzo di Napoli è un’esperienza che ha da poco compiuto 4 anni, siamo nati nel novembre del 2015. La ragione è molto semplice: rispondere da noi, dal basso, ai bisogni frustrati di salute della popolazione del nostro quartiere, Materdei, e di tutta la città di Napoli. La città, l’intera provincia, versa in condizioni di vera e propria emergenza sanitaria: fasce ampissime di popolazione sono letteralmente abbandonate a loro stesse davanti ai propri problemi di salute. Politiche sanitarie scellerate, fatte di tagli su tagli, hanno portato alla chiusura di diversi ospedali della città, al collasso della rete territoriale. E poi il caro-ticket, liste d’attesa eterne, il lasciar sbranare fette sempre più ampie di servizi da parte dei privati per interessi clientelari, soprattutto per quel che riguarda la diagnostica di laboratorio, la diagnostica strumentale, la riabilitazione, hanno fatto il resto. Ecco, davanti a questo scenario abbiamo chiamato a raccolta sempre più medici che non vogliono assistere inermi a questo scempio, né tanto meno limitarsi a “resistere”, da soli e con la sensazione di fare sforzi utopici e inutili, sui propri posti di lavoro. Abbiamo tirato su un’esperienza che è partita in sordina, con pochissimo, e che oggi conta oltre 40 volontari e volontarie, una vera e propria squadra che presta assistenza e orientamento ai servizi pubblici a migliaia di persone.
A cosa serve il nuovo ecografo? Quali altri progetti avete in cantiere?
Abbiamo già un ecografo fisso all’Ambulatorio Popolare, uno strumento che ci è stato regalato durante la nostra prima campagna di raccolta fondi, a fine 2015, e che ci ha consentito di portare avanti per qualche anno un ambulatorio ginecologico, oltre che uno sportello di ecografia che ancora oggi dà supporto a tutti coloro i quali non possono permettersi né di pagare un ticket di oltre 52€, né di aspettare i tempi d’attesa che ci impongono le istituzioni. Questo strumento, però, non risponde più a tutte nostre esigenze, “sintomo” di una crescita veloce alla quale non eravamo preparati! Con l’ampliarsi degli sportelli specialistici abbiamo bisogno di un macchinario più potente, che consenta di dare supporto anche alla cardiologia, all’urologia, alla gastroenterologia, ottimizzando le possibilità di diagnosi e di cura dei nostri volontari!
E poi c’è una seconda questione: abbiamo sempre un occhio particolare alle donne e vorremmo aprire un nuovo Sportello Senologico. Si tratterebbe di un punto di riferimento imprescindibile per il quartiere e per la città, che ci consenta di avvicinare le donne ai percorsi di prevenzione per il carcinoma della mammella, una vera e propria piaga in un territorio che è fra i primi d’Europa per inquinamento e tassi di incidenza e di prevalenza di queste patologie. Scarsa informazione, assenza di punti di riferimento sui territori, l’assoluta insufficienza delle campagne gratuite di Screening Oncologici, l’inaccessibilità di questi servizi, anche semplicemente la paura di una diagnosi infausta, la vergogna, il non avere riferimenti di fiducia ai quali rivolgersi, troppo spesso sono ostacoli insormontabili, che causano ritardi diagnostici e morti evitabili che per noi sono assolutamente intollerabili. Basta così poco per consentire a ogni donna di tutelare la propria salute che non tentare il possibile, non mettersi a disposizione del nostro quartiere per noi non è pensabile. Perciò ci serve un ecografo più performante di quello che abbiamo già.
In ultimo, ma non per importanza, la voglia di fare ancora di più. A partire da questi primi mesi del 2020 vogliamo esportare la nostra attività volontaria e gratuita anche fuori dalle mura dell’ex-OPG, entrando nei quartieri più disagiati e socialmente abbandonati di Napoli e nei paesoni della provincia. Lo scorso anno ci siamo appoggiati ad altri centri sociali e culturali a Soccavo, a Quarto, a Marano, a Cava de’ Tirreni (SA), ma solo con un’attività di sensibilizzazione alla prevenzione sanitaria che non richiedeva questo tipo di macchinario. Ci piacerebbe poter dare la possibilità di fare un’ecografia a sempre più persone e più spesso, magari con una vera e propria “stazione mobile” che ci consenta di portare i nostri medici, le nostre attività, casa per casa, laddove la sanità pubblica proprio non arriva più, si è dimenticata di noi. Avere uno strumento portatile, per fare questo, è fondamentale.
Cosa vi spinge a portare avanti queste attività volontarie? È solo altruismo?
Fare attività sociale dal basso, in maniera capillare, ti porta a contatto quotidianamente con decine e decine di storie di diritti negati, che in genere colpiscono e devastano la vita di uomini e donne come noi, quelli che potrebbero essere i nostri fratelli, i nostri amici, i nostri genitori e che sempre più sono dimenticati dalla classe politica istituzionale che ci governa a livello nazionale e locale. Sapere di disporre di competenze che possono letteralmente svoltare la vita a persone così vicine a noi semplicemente ci impone di farlo, ne vedi immediatamente il potere trasformativo, da qui la determinazione a metterci al servizio delle classi popolari di Napoli nel concreto, sempre più organizzati, seppur solo nel nostro tempo libero.
Davanti a problemi che sembrano insormontabili, come quelli del bisogno di cure a cui non si sa trovare risposta da soli, la prima reazione è la rassegnazione, anche l’auto-colpevolizzazione, il pensare che ci sia qualcosa di sbagliato e fallimentare in noi stessi, piuttosto che nelle nostre istituzioni.
E invece dare risposta immediata a tutto questo ci riaddestra tutti all’idea che ogni vita è ugualmente importante, che nessuno deve essere lasciato solo, che c’è chi si prende cura soprattutto delle fasce popolari più disagiate e lo fa perché lo ritiene giusto, senza alcun tornaconto personale. Ricostruire dal basso senso di comunità significa anche fare propri i problemi di altri, mettere in moto una forza collettiva per trovarvi risposta e dimostrare la potenza dell’organizzazione e di avere idee chiare su un altro possibile sistema politico e sociale. Ecco, non si tratta semplicemente di prestare assistenza a chi è più sfortunato di noi, ma di lavorare su un micro-modello di sanità che renda immediatamente visibile, nel piccolo, cosa vorremmo dalle nostre istituzioni: una sanità pubblica, gratuita, accessibile a tutte e tutti, orientata alla prevenzione piuttosto che alla sola cura di malattie, di qualità. Un qualcosa che funziona decisamente meglio di ciò che vediamo coi nostri occhi fuori, nei nostri territori, e che ci siamo abituati a pensare come l’unica opzione possibile per i nostri servizi perché questo ci hanno raccontato e ci hanno inculcato negli ultimi decenni.
Fare mutualismo nell’Ambulatorio Popolare significa soprattutto credere che attraverso l’esempio concreto sia possibile stimolare sempre più persone alla riflessione e alla lotta per un altro modello di sanità. Ed è un qualcosa che “cura” anche noi lavoratori del settore, perché restituisce dignità ad una professione che è sempre più svilita sui nostri posti di lavoro e ci fa rendere conto che non siamo i soli, non siamo affatto in pochi a credere nella necessità di difendere il Servizio Sanitario pubblico.
Il traguardo è vicino. Si fermerà ai 15.000 euro o andrete avanti? E perché chi vive lontano da Napoli dovrebbe supportare la vostra iniziativa?
In tanti ci dicevano che provare a raccogliere 15.000 euro in 40 giorni sarebbe stata un’impresa impossibile. Eppure i fatti ci hanno dimostrato il contrario perché la campagna ha avuto fin dai primi giorni un successo incredibile. La verità è che siamo andati a toccare un nervo scoperto in città e in provincia (ma evidentemente anche nel Paese tutto), oltre al fatto che negli anni siamo riusciti a guadagnarci la credibilità di chi ha sempre dimostrato di mettere a valore massimo qualsiasi risorsa materiale e immateriale fosse a disposizione e di farlo per il solo interesse della collettività, senza alcun tornaconto per noi. Davanti a tutto questo c’erano buoni presupposti perché la campagna riuscisse bene e parlasse non solo della necessità di raccogliere sottoscrizioni, ma anche e soprattutto di quel che facciamo e del perché.
Innanzitutto speriamo di arrivare il prima possibile ai 15.000€. In secondo luogo, in cantiere abbiamo tanto altro e quello del nuovo ecografo è solo il primo tassello. Vorremmo allestire il prima possibile un nuovo Sportello di Optometria, che ci consenta di garantire non solo un’attenzione alla vista, con la possibilità di fornire occhiali gratuitamente a chi non può permettersi il loro acquisto, ma anche dei veri e propri programmi di riabilitazione visiva per adulti e soprattutto per bambini. E poi ancora ristrutturare un minimo lo spazio a nostra disposizione, ampliarlo, comprare degli altri strumenti, come un defibrillatore automatico da mettere a disposizione della struttura e del nostro quartiere, oltre che un elettrocardiografo. Insomma, sogniamo in grande e se non annunciamo tutti i progetti che abbiamo in mente, tutte le iniziative che svilupperemo nei prossimi mesi è solo per un po’ di sana scaramanzia. Più sottoscrizioni riceveremo meglio sarà per la nostra comunità di riferimento, non abbiamo nessuna intenzione di sprecare nemmeno un centesimo delle sottoscrizioni che raccoglieremo.
Se guardiamo a come è andata la raccolta fondi in queste prime settimane la risposta più generosa e diffusa è arrivata comprensibilmente dal circondario, dalla città di Napoli. Questo ci responsabilizza molto, perché sappiamo di essere un punto di riferimento sempre più solido per tantissimi nostri concittadini, e abbiamo il dovere di rispondere con la nostra solita attenzione,con serietà massima, alla fiducia che ci è accordata tutti i giorni. Poi ci sono i contributi da fuori città e addirittura da altri paesi d’Europa e del mondo. In questo caso è chiaro che in gioco c’è anche molto altro, la voglia di battere un colpo, di attivarsi, partecipare come si può, a supporto di un progetto che si sente proprio nonostante la distanza fisica. Ecco, farcela in questo caso significa dimostrare che siamo parte di una stessa schiera di uomini e donne che sui propri territori stringono i denti, si danno da fare per puntellare i propri diritti e per spingere sempre più in avanti quelle lotte necessarie a conquistarne sempre di nuovi. La campagna, peraltro, ci sta dando molto altro in più: nuovi contatti, nuove proposte di collaborazione, nuovi spunti e nuove idee, la possibilità concreta di tirare su una rete di persone, di attivisti che credono nei nostri stessi ideali, che sono altrettanto impegnate nel sociale, con le quali provare a coordinarsi in futuro per rafforzare i nostri comuni progetti. Insomma, sarebbe una bugia dire che di un supporto economico non abbiamo bisogno, ma non è tutto qui, è soprattutto la possibilità di aprire un canale, di dare risonanza alla nostra attività quotidiana e da qui ai problemi che affliggono i nostri servizi sanitari. In questo senso speriamo e siamo convinti che l’ondata di entusiasmo di cui siamo stati investiti non si spegnerà di certo fra qualche settimana e che anzi ci sarà ancora occasione per costruire sempre più ponti e sempre più progetti in giro per l’Italia e per il mondo.
*ex-OPG Je so’ pazzo- Napoli
ExOpg JeSoPazzo
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