Nel 1869 l’Ufficio Municipale d’Arte del Comune di Firenze avviò il rilievo geometrico della città, con le piante di tutti gli edifici pubblici, civili e religiosi e di molti giardini (Museo di “Firenze com’era”). All’anno successivo risale la planimetria che interessa la nostra futura piazza (fig.1). Via del Castellaccio è ancora chiusa tra edifici che sul lato del convento di S. Maria degli Angeli, sembrano locali a uso di lavoro del grande orto che in antico circondava il convento, progressivamente cresciuto nei secoli, come si vede nelle carte della serie storica della città. A quella data l’estensione degli orti era ancora notevole essendo compresi tra la via e il chiostro grande (attuale Biblioteca Umanistica) per tutta la lunghezza della piazza attuale. Nel 1935/36 viene demolita la porzione di fabbricato conventuale che si addossava al lato sud della “Rotonda” (la chiesa degli Angeli progettata da Brunelleschi ma interrotta prima della copertura, il cosiddetto “Castellaccio” che nel rilievo ottocentesco sembra già in uso). La parte rimanente, arretrata, viene dotata di una facciata che, girato l’angolo continua unitaria fino al chiostro grande. L’edificio viene collegato in diagonale alla Rotonda e insieme a buona parte dell’ex convento costituisce la prestigiosa sede dell’ANMIG (Ass. Naz. Mutilati Invalidi di Guerra), oggi in vendita.
l rigido disegno delle cornici di porte e finestre e dei medaglioni celebrativi è ingentilito dalla panca di via sotto il forte spiovente della gronda che richiama l’ urbanità antica dei palazzi fiorentini. Mentre il largo e comodo marciapiede lascia lo spazio, già disegnato a giardino (1870), al doppio filare di bagolari; un’ accogliente ombra estiva.
Con la demolizione degli edifici lungo via del Castellaccio e il bel lastricato che ne continua la pavimentazione fino alla nuova facciata, nasce la piazza e il suo notevole “non finito.”
Osservando il lastrico infatti è facile notare il filare di pietre di bordo, lungo quella che probabilmente avrebbe dovuto essere un’aiuola davanti alla palazzina di Scienza delle Costruzioni, unita a L a quella dei bagolari (foto 1,2). La “Palazzina”, costruita all’inizio degli anni ’50, conclude il fronte orientale della piazza. Nell’aiuola, che doveva contenere una vasca circolare da orto, vengono piantati 6 alberi di magnolia, ma, demolita la vasca, il terreno viene coperto di asfalto, gli alberi stentano e la piazza, come tutte le piazze del centro in quegli anni, diventa un parcheggio.
Un marchio che, a differenza delle piazze più importanti, le rimane impresso e ingigantito dal Piano urbanistico (Renzi-Nardella) che ne prevede uno sotterraneo a due piani per 198 posti. Nella Osservazione al R. U. (2014) del Comitato per Piazza Brunelleschi scriviamo“ Esso (parcheggio) ci appare il più tenacemente finalizzato a operazioni immobiliari (vedi Bufalini, scheda ATs 12.01); non si spiega altrimenti la sfacciata incongruità urbanistica della posizione”. Questo articolo dà conto di una azione di cittadinanza che interpreta una coerenza possibile tra i soggetti cui la piazza dà rappresentazione, a fronte di un’Amministrazione che ascolta soltanto “voci” altre.
In una conferenza tenuta al circolo ARCI di piazza dei Ciompi nel giugno 2017, il Comitato presenta a un pubblico composito e numeroso, un disegno ragionato delle risorse virtuali per un progetto della piazza (fig.2) alla quale la stampa locale attribuisce e lamenta solo “degrado.” Si prevede di spostare i cinquanta posti auto attuali negli ampi sotterranei della ex Cassa di Risparmio, come parte degli oneri di urbanizzazione (spostamento condiviso e deliberato dal Consiglio di Quartiere); il mantenimento -in aumento- di 12/14 p.a. in piazza; la rinaturalizzazione della grande aiola a L, l’apertura di un portico attrezzato nella Palazzina di S.d.C. ritenuto strategico per il contatto tra Università e città. Punto di forza per mettere in forma e unire ciò che nella piazza è allo stato latente: la grande aiuola con il giardino posteriore, gli alberi, la panca di via. Cioè sosta, incontro, scambio per un luogo pubblico e accogliente, “devalorizzato” ma arricchito dalle tracce di una storia recondita e interessante, godibile da tutti: cittadini, studenti e turisti non frettolosi. Decisamente opposto al deserto della copertura di un parcheggio sotterraneo, o al cimiterino d’oltremare tipo piazza dei Ciompi.
Siamo negli anni in cui amministratori e tecnici comunali iniziano a frequentare con orgoglio i “Road Show” internazionali per attuare quella sorta di carnet di agenzia immobiliare che è il Regolamento Urbanistico. “Valorizzare” è parola chiave: significa vendere edifici pubblici e privati dismessi, che il R.U ha diligentemente schedato per consegnare il destino della città antica ai predatori dell’investimento immobiliare multinazionale.
Mentre veniva messo a punto il progetto per la grande Biblioteca Umanistica dell’Università, è trascorso qualche anno prima che le sollecitazioni del Comitato per riunire la Biblioteca di Lettere e Filosofia all’ex Convento degli Angeli (attuale ANMIG) fosse presa in considerazione e ancora oggi questa riunificazione è poco più di una speranza. Si tratta di concepire il ricupero di un’ aulica spazialità manierista per un’alta Istituzione cittadina come l’Università. Il Comune si è distinto per le omissioni, a partire dalla manutenzione del selciato, ma non della videosorveglianza, vera ossessione cittadina.
Piazza Brunelleschi mostra con drammatica evidenza da chi e in che modo è governata la città. Il dissesto del selciato che ha provocato l’incidente e poi la morte di Niccolò Bizzarri, studente universitario, lo ha messo tristemente sotto gli occhi di tutti. Un abbandono calcolato, causato dal fatto che la piazza è stata ed è una variabile dipendente prima dal c.d.a. della Cassa di Risparmio, oggi della proprietà di Colony Capital che ha comprato i 18.000 mq. dell’immobile “Bufalini” che vi si affaccia. E’ da quest’ultimo che dipende la forma che dovrà prendere la piazza, nei tempi e nei modi che ne ottimizzino la rendita.
I cittadini facciano attenzione e possibilmente se ne tengano alla larga.
*Roberto Budini Gattai
Roberto Budini Gattai
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