Coronavirus, ciechi e sordi di fronte alle altrui fragilità

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“Quando sentiremo l’ultimo avviso del ‘Si chiude!’,
solo allora il terrore, come molla, ci butterà in piedi
al grido di ‘Vogliamo campare!’.
Eh no: È troppo tardi, coglioni!”
Dario Fo in “L’Apocalisse rimandata, benvenuta catastrofe”

 

Le ultime vicende sul virus, secondo me, stanno facendo emergere una retorica dei buoni sentimenti, ipocrita e stucchevole: “vedrete che ce la faremo”, “vedrete che gli Italiani non sono da meno a nessuno”, “anche nell’isolamento dobbiamo essere solidali con gli altri e riscoprire il volto dell’altro”, “dobbiamo riscoprire gli affetti più intimi”, e cosi via.

Tutto bene, mi chiedo però dov’erano questi buoni sentimenti di fronte a una fragile umanità che veniva e tuttora viene dal mare e continua ad accalcarsi nei nostri porti, sulle nostre coste. Erano lì ad accoglierli affettuosamente, a braccia aperte, consapevoli delle tragedie da cui questi nostri fratelli scappavano o assecondavano le animalesche urla del “Prima gli Italiani”?

Ora siamo noi i colpiti, i fragili, ed ecco che abbondano melliflue considerazioni di fratellanza, di solidarietà, di buonismo d’accatto e a responsabilità limitata.

Mi chiedo cosa fanno questi uomini e queste donne di fronte alle migliaia di migranti fantasmi costretti a sopravvivere in Italia, nel nostro Bel Paese, in condizioni subumane nel fondo di lerci capannoni industriali o in putride baracche, nei ghetti delle nostre campagne, dal nord al sud Italia. Ammassati senza alcuna speranza, se non quella di resistere in condizioni paraschiavistiche.

E che dire di quanto accade ai confini della Grecia dove un’umanità dolente è presa tra due fuochi, quello greco e quello turco, dove sono ridotti a “cosa”, ad arma di pressione di dittatori guerrafondai che in televisione sono mostrati come statisti di primo livello e da tenere in grande considerazione?

Non è finita.

Dove sono i nostri fragili benpensanti di fronte alle spietate guerre del petrolio in Siria, Libia, Afghanistan alimentate anche con armi prodotte in Italia?

Dov’erano i nostri delicati compatrioti quando i governi di centro destra e di centro sinistra hanno massacrato la sanità pubblica a favore di quella privata, ritenuta a torto più efficiente, invece solo ben più remunerativa per i soliti ricchi?

La soppressione di numerose specie viventi e la esposizione di tante altre, le api per esempio, ai venefici trattamenti dell’agricoltura chimica, hanno visto i fragili italiani ben determinati a difendere quanto veniva e viene distrutto?

Dov’erano tutti questi che ora ci richiamano alla responsabilità, alla solidarietà, al prendersi cura del prossimo?

Mai visti e mai sentiti. Ciechi e sordi di fronte alla cura delle altrui fragilità.

“Paiono traversie ma sono opportunità” ci ricorda Giambattista Vico. Ed è proprio ciò che dovremmo fare, ribaltare la pandemia in una nuova consapevolezza, in un nuovo modo di stare al mondo al di fuori di ogni presunzione di superiorità di specie e di ogni presunzione di vivere nel migliore dei mondi possibili. Conversione ecologica e pacifista, conversione all’accoglienza e alla convivenza devono diventare i nostri non negoziabili paradigmi di riferimento.

Rinnegare e combattere la dittatura dell’economia neoliberista.
Affermare il diritto alla vita e alla solidale convivenza.

*Antonio Fiorentino

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Antonio Fiorentino

Architetto, vive e lavora tra Pistoia e Firenze dove rischia la pelle girando in bici tra bus, auto e cantieri. E’ un esponente del Gruppo Urbanistica di perUnaltracittà di Firenze, partecipa alle attività di Comitati di Cittadini e Associazioni ambientaliste.

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