Vicofaro non e’ un lazzaretto di appestati: donne e uomini chiedono giustizia

Circa due anni fa a Pistoia, in un capannone dell’area ex Breda, un migrante si è suicidato, impiccandosi.

Disumane le sue condizioni di vita in questa nostra città.

Le istituzioni civili e religiose si sono distinte per non essere intervenute e non aver MAI proposto (salvo un caso molto marginale) uno straccio di progetto di accoglienza e integrazione degno di questo nome.

Si sono prodigati solo a innalzare una barriera burocratica fatta di rinnovi di permessi, richieste di residenze, di ospitalità elemosinata e pagata a caro prezzo, di codici fiscali illeggibili e inutilizzabili, ecc., pratiche che avrebbero fatto ammattire un qualsiasi cittadino già abituato a queste vessazioni.
Code interminabili di migranti davanti agli edifici pubblici sono ormai diventate il normale contesto umano di questa città.

Una giungla burocratica inestricabile ha funzionato da cordone sanitario, in attesa di quello militarizzato di questi giorni. Una terra di nessuno invalicabile, la no man’s land delle trincee, che ha costretto queste donne e questi uomini alla marginalità, alla cosiddetta “clandestinità”, ignorando cinicamente la domanda di regolarizzazione, di inserimento civile che da questi è sempre stata avanzata e puntualmente disattesa.

Tanto si sa, fa comodo avere un esercito di “straccioni”, di “clandestini”, per di più facilmente ricattabili, da sfruttare nei vivai, nei laboratori tessili, negli alberghi, come riders per le consegne a domicilio, nei cantieri edili, e in tante altre forme di lavoro che non riusciamo neanche a immaginare.
Tanto si sa, si accontentano di poco, due euro all’ora per dodici ore al giorno e per sette giorni su sette, purché poi restino ai margini e diventino invisibili. Vite di scarto, da usare, da sfruttare, cui viene negato ogni riconoscimento umano, ogni forma di cura e attenzione che invece vediamo profondere, per esempio, a tanti animali cui non mancano le cure del veterinario di fama, i migliori bocconcini senza additivi e conservanti, i colorati cappottini antipioggia e tante altre amenità del genere.

Non che non si debba avere cura degli animali domestici, ma che almeno sia riservato lo stesso trattamento anche a queste donne e uomini che non sono degli scarti sociali ma persone come noi.

Nell’attesa, i nostri fratelli africani e non, hanno trovato un tetto accogliente, un pasto caldo, donne e uomini pronti ad accoglierli proprio nella parrocchia di Vicofaro e Ramini che, come dice don Biancalani, è diventata un “ospedale da campo”, un pronto soccorso sociale di fronte alla pandemia di disumanità e cinismo diffusa da una legislazione opprimente (Decreti Minniti e Salvini) e da una ancor più opprimente e ottusa loro applicazione.

Decine di ragazzi hanno sperato che proprio a partire da questo primo soccorso avrebbero potuto intraprendere percorsi di fuoriuscita dalla marginalità, dall’apartheid sociale ed economico in cui sono costretti.

Hanno sperato che le istituzioni avrebbero operato in questo senso, abbiamo sperato, forse ingenuamente, che la Curia, il Comune, la Prefettura, la Questura, l’associazionismo diffuso, avrebbero potuto provvedere loro in tempi certi e con modalità efficaci.

Don Massimo e la comunità di Vicofaro, non si sono mai posti come esclusivo modello di accoglienza: è stato sempre detto che le strutture sono insufficienti e non c’è bisogno delle perizie dell’ASL per rendersene conto. Hanno, abbiamo, sempre sollecitato interventi di redistribuzione attenta, programmata, condivisa dei ragazzi entro immobili attrezzati, posti in un’area che avrebbe potuto consentire il mantenimento delle relazioni affettive, sociali e di lavoro degli ospiti.

Queste speranze sono state miseramente disattese e il “tanto peggio” è arrivato. La vendetta nei confronti dell’esperienza di Vicofaro è stata a lungo preparata e rapidamente consumata.
Due casi di Covid 19 e Vicofaro è stata cinta d’assedio, moderno Lazzaretto additato alla città come un concentrato di untori da cui tenersi alla larga e di cui liberarsi, prete compreso, entro breve tempo.

I responsabili di questa disfatta son lì che rilasciano interviste e dichiarazioni, mostrano i muscoli e ottusamente non capiscono che questa loro è una vittoria di Pirro.

Bene, si sono inventati la zona rossa di Vicofaro, hanno razzolato qualche voto in più o hanno rassicurato qualche cattolico benpensante, ma la presenza di questi nostri fratelli non può essere esorcizzata, elusa o ridotta in polvere.
Sappiano che il grande spettacolo, come tutti gli show, è destinato ad esaurirsi e sul campo resteranno ancora una volta decine e decine di donne, uomini, bambini con cui la comunità pistoiese, e non solo, dovrà fare i conti.

Questa ennesima prova di forza non potrà e non dovrà eludere l’integrazione di questi nuovi cittadini e di tutti coloro immiseriti da questa crisi pandemica, gli immobili di proprietà pubblica non mancano, le risorse ci sono.

Colpevole è l’inerzia di chi può intervenire e gira il capo dall’altra parte.
Noi saremo lì a vigilare!

*Antonio Fiorentino

VICOFARO IN QUARANTENA-AIUTA VICOFARO!
L’Assemblea Antirazzista Antifascista Vicofaro sta organizzando questa campagna in favore di Massimo Biancalani.

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