Antonio Manzini con Gli ultimi giorni di quiete ha messo da parte il suo personaggio, Rocco Schiavone, per approdare ad una storia tratta da un fatto realmente accaduto. Non è la prima volta che uno scrittore lascia il personaggio per cui è divenuto famoso; possiamo citare, solo per fare due esempi, De Giovanni che è passato dal commissario Ricciardi a Sara e Enrico Pandiani che passa da Les Italiens a Zara Bosdaves.
La differenza è che, appunto, non ci troviamo di fronte ad un nuovo personaggio, ma come si è detto, ad una storia tratta da un fatto vero. E anche nel caso di Manzini, come del resto in quelli citati, gli appassionati lettori si divideranno in chi approva e in chi boccia la nuova uscita.
Devo dire che quanto letto mi ha colpito favorevolmente per la capacità di Manzini nell’orientare, anzi dirigere, chi legge verso un punto di vista o un altro. Perché leggendo non ci possiamo sottrarre dal considerare quanto è avvenuto e quanto avviene. Un padre e una madre segnati dall’uccisione del proprio figlio in occasione di una rapina, finita male, alla tabaccheria di proprietà che si ritrovano a condividere non solo l’odio verso tutti e tutto, ma soprattutto il desiderio di vendetta nei confronti dell’omicida, di nuovo libero. Libero dopo aver scontato la pena a cui la giustizia l’ha condannato.
Un ex omicida che è passato da un sottoscala a una casa con giardino a una cella condivisa con altri 5 detenuti (anche se è una cella per 3), e che sta tentando di ricostruirsi una vita, ha trovato un lavoro (malpagato), una relazione affettiva e si trova a fare i conti con “fine pena mai”, visto che un uomo è condannato per sempre nonostante ognuno abbia diritto ad un processo equo, perché “anche se uno ha pagato le sue colpe resti sempre quello”.
Pagine che ti incollano non tanto nel cercare chi è il colpevole, ma nel voler capire cosa succederà; come finirà; come è affrontabile il dolore. Perché il dubbio che assale chi legge non può che essere: 5 anni, 4 mesi, 1 giorno possono ripagare il dramma di un figlio ucciso? Ma un altro dubbio del tutto legittimo è: “giusto non è, è la legge” e quindi è data la possibilità per chi ha sbagliato di poter avere una nuova vita?
In definitiva un buon libro sul senso e sul valore della giustizia. Un ” legal trhiller” riuscito per le domande che suscita, e per le risposte che non dà e non può dare.
*Edoardo Todaro
Antonio Manzini, Gli ultimi giorni di quiete, Sellerio, Napoli 2020, pp. 240, euro 14
Edoardo Todaro
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