L’inquinamento atmosferico è una pandemia che uccide circa 7 milioni di persone invisibili nel mondo ogni anno. Ben più di Covid-19. Ma fino ad ora erano solo statistiche, discussioni su misurazioni e limiti legali, titoli roboanti. Omicidi nascosti. Per la prima volta all’impatto letale dell’aria tossica dell’inquinamento atmosferico è stato dato un nome e un volto: Ella Kissi-Debrah, una bambina di nove anni del sud di Londra.

Per la prima volta è stato inserito in un certificato di morte l’inquinamento atmosferico, come concausa del decesso. Un evento storico, senza precedenti nella storia della giustizia britannica, un precedente destinato a fare giurisprudenza nel diritto anglosassone e non solo, che deve aiutare a prevenire altre morti per inquinamento atmosferico, e ad abbassare gli ipocriti limiti di legge attualmente in vigore ( in Europa ed in Italia) che non proteggono la salute dei cittadini, ma il profitto della lobby dell’automobile.
Per il professor Stephen Holgate, il medico legale incaricato dell’inchiesta terminata ieri, è proprio l’ incapacità di ridurre i livelli di inquinamento di biossido di azoto (NO2) e particolato (PM) secondo i limiti dell’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che ha contribuito alla tragica morte di Ella, insieme all’incapacità di fornire a sua madre informazioni sulla potenzialità dell’ inquinamento atmosferico di aggravare l’asma.
Quante saranno le persone che vivono ignare in case esposte al traffico? Saranno milioni e spesso apparterranno a classe sociali svantaggiate.
Il fatto che l’inquinamento atmosferico impatta in modo sproporzionato sulle fasce della popolazione che sono più deboli, da un punto di vista socio-economico, da un punto di vista di età anagrafica e da un punto di vista immunitario, è stranoto. Vedi per esempio il rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA) del 2019.
Secondo la famiglia di Ella, lo stato non ha preso provvedimenti per proteggere il pubblico da livelli pericolosi di inquinamento atmosferico, il che equivale a una violazione dell’articolo 2 della legge sui diritti umani, relativo al diritto alla vita.
Ella, che aveva radici africane, era cresciuta in una casa di South Circular Road, nell’affollato sobborgo di Lewisham, ai margini sud-orientali di Londra, ad appena 25 metri di distanza da uno degli snodi più inquinati di Londra. Ella era stata portata in ospedale quasi 30 volte nei tre anni precedenti la sua morte, per crisi respiratorie e crisi epilettiche. Ma questi attacchi non erano stati scatenati da pollini o infezioni respiratorie o da attacchi di panico: era in inverno quando i livelli di inquinamento atmosferico aumentavano che Ella è stata abbattuta da attacchi di tosse, che hanno innescato secrezioni nei suoi polmoni che a loro volta hanno innescato i suoi collassi.
Questa sentenza, è nata grazie alla lotta di anni di Rosamund Kissi-Debrah, la madre di Ella, che annullata la prima sentenza del 2014 secondo la quale la bambina sarebbe morta per insufficienza respiratoria acuta, è riuscita a far riesaminare la morte di sua figlia da un secondo medico legale, il professor Stephen Holgate, ed a far aprire nuova inchiesta presso il tribunale del coroner di Southwark, affinché la morte di Ella aiuti a prevenire altre morti per inquinamento atmosferico.
Il sindaco di Londra Sadiq Khan ha detto che la conclusione del medico legale Stephen Holgate è stata un “momento fondamentale”, che deve essere un punto di svolta e ha definito l’inquinamento una “crisi di salute pubblica”.
Ella è stata ‘come un canarino in una miniera di carbone’, perché ci ha segnalato i rischi dei cocktail tossici di sostanze inquinanti come gli ossidi di azoto, il particolato, nell’aria che tutti noi respiriamo.
*Gian Luca Garetti

Gian Luca Garetti

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