Renzi, ma non solo, la fine dei cosiddetti progressisti italiani

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Non 20 anni fa, ma solo 4-5, si sentiva gente dire in riferimento a Renzi “non c’è alternativa”. Oggi lo maledicono perché rischia di mandare il loro governo a casa. In questa giravolta c’è buona parte della storia del cd. “popolo di sinistra”, un segmento elettorale la cui storia ha del tragico.

Fra il 1994-2007 si beve tutto, ma proprio tutta la negazione della propria storia: le privatizzazioni, la legge anti-immigrati, la guerra (1999), la precarizzazione del lavoro, il massacro della sanità, la riduzione delle pensioni. Una galleria degli orrori.

Col Pd inizia l’archiviazione dei simboli stessi della tradizione, mentre nelle politiche reali la linea non deflette nemmeno di un centimetro. Un fronte significativo di contestazione interna fra 2002-2006 non fa spostare l’asse del partito nemmeno di un millimetro. Anzi c’è una robustissima sterzata a destra col la creazione del Partito Democratico, nato “dalla riunione di tutte le correnti riformistiche moderate”. Durante la crisi che mette in questione il capitalismo stesso…

Poi le grandi intese assieme a Berlusconi per sostenere Monti prima e Letta dopo. Un’orgia spregevole di provvedimenti padronali, colpi al Servizio Sanitario Nazionale, tagli alla spesa pubblica, tutto. Conditi sempre da quell’europeismo mieloso che fa pensare al profumo versato su un cadavere. Da brividi.

E nonostante questo ancora la base a dare fiducia, a votarli.

La evidente inadeguatezza e obsolescenza della dirigenza porta alla ribalta Renzi, la cui segreteria – andando poi al governo – porta con sé una scia di sbruffonaggine, asinina ignoranza, spregiudicatezza infingarda, il più degradante e abietto tatticismo nel raccattare parlamentari grazie a Verdini; sdoganamento della cementificazione, attacco al lavoro e sberleffi ignominiosi ai sindacati. Col tradimento più flagrante e osceno dell’interna compagine parlamentare che eletta coi voti di Bersani, si genuflette al nuovo che avanza.

L’inevitabile flessione del consenso viene recuperata dal restauratore del vecchio marketing di sinistra di Zingaretti, che riesce grazie all’imperizia di Salvini a risalire al governo, mentre Renzi – del tutto incomprensibilmente – fa il nuovo partito, portandosi via un po’ di parlamentari e due ministri (ovviamente nominati poco prima di uscire, che entrano a nome del Pd e rimangono come renziani!).

Il resto è cronaca, e oramai si può concludere che tale tristissima storia di masochismo nel votare un partito oramai così sideralmente lontano dai vecchi ideali popolari di un tempo andrà avanti fino alla dissolvenza biologica dei votanti, sempre più risicati ma non mai abbastanza da condannare all’insussistenza quello che la ragione e la pietà avrebbero già dovuto consegnare alla storia.

Matteo Bortolon

1 commento su “Renzi, ma non solo, la fine dei cosiddetti progressisti italiani”

  1. Benedetta Treves

    Grazie Matteo. Articolo illuminato e pregnante….quasi un agghiacciante inconsapevole addio che tutti abbiamo dato ai nostri principi conquistati a fatica fino agli anni ’90.
    Spero che arrivi alle orecchie di molti….come si puo’ fare per costringere questo bellimbusto di periferia ad ascoltare i suoi misfatti…..
    Mi dispiace solo che il titolo e’ fuorviante e non rende idea dell’articolo (alcuni non l’avevan lettoper questo!)

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