Minestra di porri e patate di Marguerite Duras

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Questa volta si tratta di un gioco letterario, altrettanto godurioso quanto beffardo che passando dalle dosi e descrizione di una minestra di porri e patate, alza il sipario su un possibile “soggetto del cucinare” dove la cucina rispecchia perfettamente il luogo dove dal sacrificio alla gola, tutto si ritrova.

L’autrice è Marguerite Duras che riesce a scrivere una ricetta, spostandone la sua ragione neanche tanto intrinseca: la decisione di mangiare.

Mangiare-Digiunare, ancora prima di scegliere, ci regala la possibilità di comprendere uno spazio dove si può morire o ci si possa ritrovare ad uccidere il marito, fosse anche solo per l’orrore scatenato dagli intingoli grassi.

Se il destino della fame è quello di non esser mai soddisfatta è ancor più vero che la decisione di mangiare non sia ovvia. O il cibo non c’è o c’è ma sempre regolato da “imposizioni” sociali e personali: a volte per colpa di Autorità e Norma, quel linguaggio culinario che dovrebbe far coincidere il dire col fare, salta. Così come, per chi “è incaricato” di cucinare per se e gli altri dalle tre alle quattro volte al giorno, scegliere perde di senso e di piacere e resta un disagiato rapporto col cibo. Per questa “casalinga” decidere non è libertà, né lo è per tutte quelle persone che per mille ragioni (malattie – salute – bellezza o inflessibili regole autoimposte), vivono le stesse “coercizioni”: non scegliere potrebbe far cessare questa forma di tortura.

E allora avanti signori, alzate il sipario su questa versione dove ho aggiunto dosi e omesso qualche ripetizione:

Tutti credono di saperla fare, sembra così semplice ma molto spesso viene trascurata. Deve cuocere non più di 15 minuti e bisogna dosare bene gli ingredienti. 2 porri medi con un kg di patate sbucciate, aggiungendoli solo quando le patate bollono (in 1 litro d’acqua), rimarrà una minestra più verde e più saporita. Nelle trattorie non è mai buona, troppo cotta, troppo diluita, è triste, noiosa e finisce nel fondo comune delle minestre di verdura. Bisogna invece farla con cura evitando così di perdere la sua identità. Una volta cotta si serve con burro o panna fresca e crostini prima di scodellarla.

Si chiamerà allora con un altro nome, se ne inventerà uno: i bambini la mangeranno più volentieri se non le verrà appioppato il nome di minestra di porri e patate. Ci vuol tempo per ritrovare il sapore di quella minestra, imposta ai bimbi sotto vari pretesti…Sarà stata sicuramente inventata in una contrada occidentale, da una donna ancora giovane della borghesia locale che, quella sera, aveva orrore degli intingoli grassi-e forse di qualcosa d’altro – ma ne era cosciente? Il corpo trangugia la minestra con letizia. Nessuna ambiguità possibile: non è la minestra di verze al lardo, la minestra per nutrirsi e scaldarsi, no, è la minestra magra che rinfresca; il corpo la trangugia a grandi sorsate, viene pulito, purificato (verdura primigenia), i muscoli se ne imbevono. Nelle case, il suo odore si sparge molto rapidamente, fortissimo, volgare come il cibo dei poveri, il lavoro delle donne, il riposo delle bestie, il vomito dei neonati. Si può anche avere voglia di far niente e poi invece farla, quella minestra; tra queste due scelte corre un margine strettissimo, sempre lo stesso, il suicidio. (Parigi.1976)

*Barbara Zattoni

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Barbara Zattoni

"Cheffa" del Ristorante Pane e Vino, autrice di libri di cucina e altro (La cucina del riuso - Il libro dei dolci) e modista. Ha collaborato con perUnaltracittà al ciclo d'incontri "Europa tossica". Attualmente insegnante di cucina a Cordon Blue e chef a domicilio. Il suo sito internet

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