Non c’è niente di più sbagliato del ricercare la “vera” ricetta di una preparazione popolare. Certo la trama e l’ordito di base erano indispensabili, ma su questi si operava anche senza esserne completamente consapevoli. E il sapere, questo sapere, era condiviso: le ricette si trasmettevano da generazione a generazione, ma venivano raccontate per esempio nei negozi, quando a fare la spesa si curiosava e si chiedeva sull’uso di un ingrediente che non si sapeva trattare, che poi non era altro che la ricetta per una preparazione che veniva così adottata da altri, provocandone così la sua diffusione sul territorio. Questo sapere costituiva un vernacolo al quale ci si riferiva anche quando si parlava di cucina regionale o semplicemente locale.
Sto parlando al passato perché gli elementi della globalizzazione hanno operato pesantemente anche, se non soprattutto, in questo settore, provocando una uniformità comportamentale oltre ad una più inquinata realtà, da quello che viene ormai chiamato lo “junk food”.
Siamo probabilmente l’ultima generazione in grado di ricordare i contenuti e la sintassi di questo sapere.
Le 36 ricette (più le varianti) qui riviste e pubblicate sono uscite originariamente su “La Città Invisibile”, la rivista del Laboratorio Politico perUnaltracittà.
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Barbara Zattoni

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