Invisibili per legge. A Firenze la residenza resta una chimera

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Sulla base dei numeri forniti dall’amministrazione comunale fiorentina, sono tanti i cittadini che trasmigrano nell’invisibilità: 1.177 cancellazioni nel 2017 e 786 nei primi 6 mesi del 2018. Pur in assenza di dati recenti, si teme che i numeri in quest’ultimo anno non siano diminuiti, nonostante il consiglio comunale abbia approvato nell’aprile 2020 la mozione 455/2020 che impegnava l’amministrazione a sospendere le cancellazioni anagrafiche durante la pandemia. Permettere a tutti i cittadini dimoranti nel comune di Firenze di avere la residenza ha impegnato molte realtà, movimenti, sindacalismo di base, realtà politiche oltre ad alcuni consiglieri comunali, che parlano di “vulnus giuridico”.

Foto di Luca Grillandini per Fuori Binario

La morte civile

Le cancellazioni in oggetto sono quelle per irreperibilità, che comportano la cancellazione tout court del cittadino dai registri anagrafici, consegnandolo a una sorta di morte civile: si perde il diritto all’iscrizione al servizio sanitario nazionale, al centro per l’impiego, niente domanda per il reddito di cittadinanza e per tutte le misure di welfare per cui la residenza è requisito indispensabile, non si esercita il diritto di voto, non si accede al bando Erp.

La cancellazione per irreperibilità è regolata dal combinato disposto dell’art.11 del Dpr 223/1989, “la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente viene effettuata quando a seguito di ripetuti accertamenti, opportunamente intervallati, la persona sia risultata irreperibile” dell’art.4 della L. 1228/1954: “L’ufficiale di anagrafe invita le persone aventi obblighi anagrafici a presentarsi all’ufficio per fornire le notizie e i chiarimenti necessari alla regolare tenuta dell’anagrafe. Può interpellare allo stesso fine, gli enti, amministrazioni e uffici pubblici e privati” e della circolare Istat 21/1990 “le cancellazioni per irreperibilità dei cittadini italiani o stranieri devono essere effettuate quando sia stata accertata la irreperibilità al loro indirizzo da almeno un anno e non si conosca l’attuale loro dimora abituale”. La cancellazione per irreperibilità dovrebbe quindi avvenire dopo ripetuti e intervallati controlli, svolti anche interrogando le banche dati di altre amministrazioni pubbliche e private, in seguito ai quali l’ufficiale di anagrafe certifica che il cittadino (il procedimento non può durare meno di un anno) risulta irreperibile.

Lo Stato non vuole cancellazioni

Se invece dai controlli effettuati risulta che il cittadino si trova ancora sul territorio comunale, soccorre l’art.5 della L.1228/1954 “L’ufficiale di anagrafe che sia venuto a conoscenza di fatti che comportino l’istituzione o la mutazione di posizioni anagrafiche, per i quali non siano state rese le prescritte dichiarazioni, deve invitare gli interessati a renderle. In caso di mancata dichiarazione, l’ufficiale di anagrafe provvede di ufficio, notificando all’interessato il provvedimento stesso”.

L’intenzione del legislatore è chiara: ogni cittadino, anche contro la sua volontà, purché presente sul territorio nazionale deve essere iscritto nei registri anagrafici. La cancellazione anagrafica dovrebbe essere l’ultima ratio, interesse dello Stato è sapere dove stanno i suoi cittadini e di conseguenza registrarli. È necessario che quanto riportato nei registri anagrafici sia rispondente alla realtà, sia perché la corretta tenuta dei registri è presupposto per il riconoscimento dei diritti costituzionali, che per assolvere a molte funzioni di competenza dello Stato, fra cui la programmazione delle misure economiche e dei servizi sanitari e sociali, il controllo del territorio e l’ordine pubblico. L’ufficiale di anagrafe procede alla cancellazione solo quando ha la certezza che quel cittadino non è più presente sul territorio del Comune, altrimenti dovrà iscriverlo: ad un preciso indirizzo anagrafico se il cittadino dispone di altra dimora abituale, al domicilio indicato (anche un’associazione o un indirizzo virtuale), se senza fissa dimora. In via residuale, nel comune di nascita. Ma spesso non è così.

Foto di Luca Grillandini per Fuori Binario

Il paradosso dell’irreperibilità

Un caso emblematico. M.R. è ricoverato in ospedale e il suo percorso sanitario lo tiene lontano dal domicilio per lungo tempo. Così viene avviato il procedimento di cancellazione per irreperibilità, che si conclude con la notifica della cancellazione per irreperibilità all’indirizzo di ultima residenza. Ma il messo incaricato lo trova in casa, allo stesso indirizzo dove era stato dichiarato irreperibile. Il messo consegna nelle mani dell’irreperibile l’atto di irreperibilità. Il lieto fine: M.R. si è rivolto ad un legale che ha presentato un’istanza per il ripristino della residenza, l’istanza è stata accolta e la residenza è stata ripristinata. Ma il problema rimane, e spesso chi è colpito da simili provvedimenti attraversa momenti di gravi difficoltà personali e non ha la capacità e le risorse per rivolgersi ad un legale o per esperire in prima persona le pratiche per il riconoscimento dei suoi diritti. Tirando le fila, se rendere le dichiarazioni anagrafiche è un diritto/dovere del cittadino, procedere alla registrazione delle stesse è un obbligo per l’ufficiale d’anagrafe, salvo successivi controlli.

Il caso dei senza fissa dimora

Una fattispecie che merita particolare attenzione è quella della cancellazione anagrafica dei senza fissa dimora. L’Istat, ente a cui è affidato il compito di vigilare sulla regolarità delle anagrafi, scrive nella sua Guida alla Vigilanza Anagrafica del 2010: “per le persone senza fissa dimora non è applicabile il procedimento di irreperibilità a seguito di ripetuti accertamenti (art.11, c.1, lett. C. del regolamento), in quanto manca del tutto il fondamento stesso della cancellazione per irreperibilità, ossia la perdita della dimora abituale. È invece possibile la cancellazione per irreperibilità al censimento, poiché tale rilevazione si svolge su tutto il territorio nazionale e tutte le persone presenti hanno l’obbligo di censirsi”.

Ricordiamo che lo Stato ha competenza esclusiva in materia anagrafica (art.117 Cost.), disciplinata dalla L. 1228/1954 e dal Dpr 223/1989. Il Sindaco, nello svolgere le funzioni di ufficiale di anagrafe, agisce quale ufficiale di governo e non come capo dell’amministrazione comunale (art.10 L.142/1990) e nello svolgimento di questa funzione delegata deve attenersi strettamente alla normativa statale che regola la materia. Il Comune di Firenze, invece, regola le registrazioni e le cancellazioni anagrafiche dei senza fissa dimora sulla base di 2 provvedimenti dirigenziali disposti dalla Direzione Servizi demografici e dalla Direzione Servizi sociali su mandato della delibera di Giunta 50/2016.

Un regolamento vince sulla Costituzione

Il primo atto dirigenziale, la DD 2045 del 4/4/2016, definisce con un “Atto di accordo tra Comune di Firenze e le associazioni o gli enti che lavorano per la prevenzione della marginalità e a sostegno dell’inclusione sociale” il percorso di acquisizione, permanenza e cancellazione della residenza anagrafica delle persone senza fissa dimora.

Con un accordo tra soggetti che non hanno competenza in materia anagrafica, stipulato con associazioni di privati cittadini, “si introducono modalità che prevaricano la legge ponendo condizioni non previste dalla normativa anagrafica al solo fine di limitare le iscrizioni e accelerare le procedure di cancellazione (su quest’ultimo punto la stessa delibera di Giunta, a dispetto delle linee guida Istat che ritiene non applicabile la cancellazione per irreperibilità dei senza fissa dimora dà mandato per trovare modalità di cancellazione rapida per i senza fissa dimora)”, spiegano i Cobas comunali.

Una norma dannosa

L’Accordo individua l’indirizzo di via del Leone 35, presso il centro diurno “La Fenice”, come sede di domiciliazione principale per i senza fissa dimora, demandando ai servizi sociali il compito di comunicare con nota informativa la presenza continuativa sul territorio, lo stato di bisogno sociale del cittadino e la disponibilità del centro diurno alla domiciliazione. Le iscrizioni saranno effettuate solo per la nuova iscrizione a seguito di cancellazione per irreperibilità da parte del comune di provenienza; il cambio di domicilio a seguito di irreperibilità; la reiscrizione da irreperibilità da parte del Comune di Firenze. In altre parole: prima si deve essere cancellati per irreperibilità, poi si può essere iscritti al domicilio di via Del Leone. Un danno per i cittadini, in quanto la preventiva cancellazione per irreperibilità porta a perdere la continuità di residenza, indispensabile per numerose prestazioni di welfare, devastante per lo straniero, che non potrà far valere gli anni di presenza sul territorio necessari per ottenere la carta di soggiorno o la cittadinanza.

Si affida poi alle associazioni, quindi a soggetti privati, il compito di “fornire gli elementi necessari allo svolgimento degli accertamenti atti a stabilire l’effettiva sussistenza e permanenza del domicilio sul territorio comunale”, “monitorare la presenza sul territorio, per cui la persona dovrà presentarsi una volta al mese presso la sede dell’associazione o in via del Leone 35”. Se non si presenta? Dopo 4 mesi viene cancellata dall’anagrafe con effetto immediato. Tirando le fila: il senza fissa dimora viene assoggettato a misure che “da un lato, limitano la libertà di spostamento e di stabilimento dei cittadini sul territorionazionale in contrasto con l’art. 16 Cost., dall’altro impongono obblighi non previsti da alcuna normativa”.

Il secondo atto, redatto dal dirigente dei Servizi anagrafici, recepisce le condizioni dell’Accordo stabilendo la procedura adottata dal Comune per l’iscrizione anagrafica dei senza fissa dimora. Si prevede all’art.1 che il servizio di ricevimento e assistenza dei senza fissa dimora, richiedenti iscrizione anagrafica, sarà effettuato esclusivamente su appuntamento con prenotazione allo 055055 e che per questo servizio saranno dedicati 2 giorni alla settimana.

Tempi di attesa punitivi

Ebbene, l’art.13 DPR 223/1989 prevede l’obbligo per il cittadino di dichiarare all’ufficiale di anagrafe ogni modifica della sua situazione anagrafica entro 20 giorni. Peccato che i tempi d’attesa delle prenotazioni allo 055055 siano di diversi mesi. Allo stesso articolo la legge dispone che le dichiarazioni possono essere sottoscritte di fronte all’ufficiale di anagrafe o possono essere inviate per posta o telematicamente (art 38 del DPR 445/2000). In seguito alla pandemia, il Comune accetta l’invio in forma telematica o per posta di queste dichiarazioni, ma non modifica l’atto dirigenziale.

All’art.2 si subordina la compilazione della dichiarazione alla verifica preliminare dell’esistenza dei requisiti elencati nell’accordo tra Comune e Associazioni, eccedente rispetto ai dettati normativi, poi viene fatta compilare la richiesta con il rilascio di “una ricevuta che indica che la conclusione definitiva del procedimento di iscrizione avverrà solo dopo lo svolgimento dell’istruttoria descritta negli articoli seguenti”. Alla dichiarazione del cittadino non segue l’iscrizione anagrafica, secondo l’art.5 della L.35/2012, che impone la registrazione entro 2 giorni lavorativi.  Disparità di trattamento All’art.3 si dispone l’invio della richiesta all’ufficio Inclusione sociale che contatta il cittadino per un colloquio di valutazione professionale approfondita rispetto alle problematiche socio-sanitarie dell’utente “con la collaborazione delle associazioni di volontariato”. Fatta la valutazione, entro 60/90 giorni ritorna all’ufficio anagrafe, che potrà richiedere alla polizia municipale ulteriori verifiche e controlli. Dopodiché l’Anagrafe decide se inviare al cittadino la comunicazione di fine procedimento, procedendo all’iscrizione anagrafica o al motivato diniego. L’art. 4 dispone una ricognizione su tutte le persone che avevano ottenuto la residenza virtuale in via Lastrucci per verificare se siano in carico o meno ai servizi sociali comunali. In caso di verifica negativa si dovrà procedere alla cancellazione anagrafica della persona.

Queste disposizioni creano di fatto una disparità di trattamento illegittima fra cittadini che hanno la possibilità di indicare una dimora abituale e cittadini senza fissa dimora.

Stefania Valbonesi e Giuseppe Cazzato per Fuori Binario

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