“Sul piano dell’immigrazione noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa nei salvataggi e nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia. Ma il problema non è solo geopolitico, e anche umanitario e in questo senso l’Italia è uno dei pochi Paesi che tiene attivi i corridoi umanitari”.
Mario Draghi, in Libia, 6 aprile 2021.
Sono 248 caratteri, spazi inclusi e vanno analizzati, non ci vorrà molto.
Sul piano dell’immigrazione noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa nei salvataggi.
Siamo contenti, soddisfatti che la Libia, che a oggi non esiste, ma è fragile puzzle in cui cerchiamo di avere un ruolo non certo per scopi umanitari, bene siamo soddisfatti che la sedicente Guardia Costiera libica, cioè ex trafficanti o mafiosi locali cui l’Italia ha dato navi e armamenti, peschi gli uomini che la mafia dell’immigrazione tortura e spreme e li riporti dentro i lager da cui sono partiti.
Nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia.
Noi vi abbiamo dato i soldi e vi diamo anche i mezzi. L’accordo c’è e regge, niente discontinuità, parliamo di affari, non si accenna ai diritti umani.
Ma il problema non è solo geo-politico, ma è anche umanitario.
Le migrazioni, ormai lo sappiamo bene, hanno diverse cause. Guerre, persecuzioni, pressioni su altri stati certo, ma soprattutto povertà, clima. Le migrazioni sono un business per i trafficanti di uomini. La frase è storta, nella pochezza del pensiero esposto in conferenza stampa congiunta; anche dire solo il problema è umanitario e non solo geopolitico, avrebbe assunto un minimo di riconoscimento della dignità delle persone.
In questo senso l’Italia è uno dei pochi Paesi, forse l’unico, che tiene attivi i corridoi umanitari.
Peggio della guerra di Salvini alle Ong sta facendo l’attuale governo e il governo precedente con una serie di blocchi amministrativi che hanno limitato moltissimo l’azione delle navi che riescono a salvare vite. I corridoi umanitari non sono una politica d’Italia, ma una iniziativa di alcune organizzazioni che riescono a trasportare una goccia del mare. Il resto che viene salvato lo è grazie a navi che riescono, quando possono, a navigare contro vento, sottoposte a mille controlli e sospetti.
Gli ambienti della nostra guardia costiera e anche della Marina sono provati da ordini che sovvertono le regole del mare, dove a chi muore si presta una mano e si carica a bordo. La campagna elettorale di presunta sinistra e destra si poggia sulla pancia del popolino, sulla retorica del disumano, dove i poveri impoveriti dalla crisi si sfogano sui più deboli, che sono i migranti. Ma noi siamo un Paese buono, dice il presidente del Consiglio. Forse l’unico.
Ecco. Questa analisi dice quanto di falso si possa affermare di fronte alla verità.
Non è una questione di diplomazia, o di scacchiere, forse è una questione di influenza e di petrolio o altre risorse. Di certo non è un discorso degno di una repubblica che ha una Costituzione così chiara come la nostra.
C’è da troppo tempo questa insanabile frattura, distanza fra le parole doppie, triple della politica e dei politicanti e la realtà delle cose che sono gli stupri e le torture, le botte e l’inferno che molti hanno testimoniato nei loro servizi giornalistici, accettati e riportati dalle agenzie delle Nazioni Unite (se dovesse servire un bollino).
Perché un elegante e raffinato Presidente del Consiglio italiano non può in una traballante Libia dire che sui diritti umani si deve fare di più, che si devono chiudere i lager e combattere la mafia dei trafficanti? Servirebbe non fare accordi con loro, innanzi tutto.
Eppure, dall’uomo forte Marco Minniti allora al Viminale, che piacque e tanto alla pseudo sinistra bourgeoise perché era destro nel fare e risoluto, anche con un mento volitivo a ben vedere, vennero gli accordi con la Libia e la censura degli interventi delle Ong.
Da quel ministro vennero le parole della paura per la tenuta democratica del Paese e l’inizio della guerra alle Ong. I destri che vennero poi furono solo dei tragici figuranti dell’insulto e della superbia dell’inumanità compiaciuta a favor di telecamera.
Vogliamo le parole coerenti dalla politica, dalle istituzioni vogliamo il rispetto delle parole della nostra Costituzione, vogliamo che si dica basta alla negazione dei diritti umani e che si agisca in questa direzione. Non le intercettazioni clamorose che violano la libertà di cittadini italiani e delle loro fonti professionali. La faccia tosta di un potere che si sente immune e al di sopra di tutto, delle libertà che abbiamo sancito e conquistato.
Vogliamo tornare a dire e sentire parole di senso compiuto che siano specchio della realtà.
Vergogna.
Angelo Miotto, via qcodemag