Si sta accentuando il numero di autori di romanzi noir che si misurano con le problematiche che scaturiscono dalla “questione giustizia”. Valerio Varesi con il suo Reo confesso rientra a pieno titolo tra questi. Le prime pagine di questo noir ci portano immediatamente a confrontarsi con un sentimento diffuso e che sempre più appartiene alla maggioranza della popolazione: l’indifferenza che usa il cesso come metafora di pulizia della coscienza. Sentimento che non riesce ad attecchire nel commissario Soneri. Il quale invece, non per curiosità o per dedizione al proprio mestiere, non dando nulla per scontato si imbatte volontariamente, in un senza dimora. Un senza dimora particolare, che filosofeggia sul concetto di giustizia, ma soprattutto un reo confesso (“ho ucciso un uomo”), dove l’ucciso è un consulente finanziario. Un reo confesso che sprigiona serenità e che, caso raro e strano, si prende la colpa. Questo incontro porta Soneri a domandarsi cosa significa essere delinquenti senza aver compiuto un reato e a misurarsi con una indagine dove tutto sembra già risolto.
Questo diviene, quindi, uno dei casi meno appassionanti, dove tutto appare chiaro, a tal punto che gli viene affidata un’altra indagine ritenuta ben più importante e su cui incombe l’attenzione generale della città di Parma. Ma c’è un ma, dovuto al fatto che ci troviamo di fronte ad un commissario che ritiene la noia la cosa peggiore che possa capitare, e che dubita non tanto dei sospettati ma delle soluzioni troppo facili, proprio perché la verità non è mai facile. E applica quanto imparato alla scuola di polizia: non solo calcolare il rischio, ma usare pazienza, perseveranza, intuizione e molta fortuna.
“Non assolvo ma cerco di capire” è il principio che guida Soneri, attratto da ciò che sfugge e che lui continua a cercare nonostante l’inquietudine che lo attanaglia. Un commissario che si pone un arduo compito, smontare la confessione di un reo confesso e riuscire a mantenere il giusto equilibrio in un rapporto a rischio: quello con la sua compagna, dato che i ruoli professionali prendono il sopravvento rispetto ai rapporti umani e sentimentali, visto che uno è il commissario che indaga e l’altra è l’avvocato del reo confesso.
Ma non è solo la figura di Soneri al centro di questo noir, dove altri aspetti significativi sono il covid e la città di Parma. Il covid e i comportamenti conseguenti, siano essi imposti o meno, è un qualcosa di nuovo con cui fare i conti. Focolai, untori, mascherine, virologi e ordinanze comunali; e poi la gente che ha esaurito la pazienza, le città vuote e allo stesso tempo lunghe code, come ai tempi di guerra, di persone ovunque in attesa del proprio turno, e come ai tempi di guerra il coprifuoco. Il covid ha rinchiuso in casa, ha fatto sparire l’allegria e persino gli ubriachi davanti ai bar; il contagio che ha anestetizzato una città ed un commissario che non può più fare riunioni in presenza mentre quelle “da remoto” risultano complicate.
Tutto questo è descritto da Varesi molto bene nelle 347 pagine del romanzo, come del resto anche quanto raccontato a proposito di Parma, la città dove si svolge il tutto. Qui, e non certo solo a Parma, la periferia con le sue case tutte uguali per gli immigrati dal sud e per le vittime del boom economico è segnale di marginalità; infatti è una città che emargina, una città provinciale che usa l’inglese per darsi un tono, con i pregiudizi che dominano in lungo e largo e che proprio grazie a tutto questo è ricca e godereccia. Eppure non tutto è negativo, troviamo anche la Parma popolare dell’Oltretorrente – Cacucci viene subito alla mente – e la tartara di cavallo, le passeggiate con la nebbia. Decisamente un buon noir con tutti gli ingredienti giusti.
Edoardo Todaro
Valerio Varesi, Reo confesso. Un’indagine del commissario Soneri, Mondadori, Milano 2021, pp 352, euro 17
Edoardo Todaro
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