Anatomia di una rapina di Maurizio Blini

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Quanti autori si sono dedicati a raccontare pagine epiche di una delle arti più antiche, con tutte le sfaccettature con le quali si è manifestata. Quante parole per dire una cosa sola, per dire RAPINA. Tra i tanti libri letti, quello che ritengo il più azzeccato a questo proposito, è sicuramente La rapina in banca Di Klaus Schonberg edito da DeriveApprodi, ormai ben 20 anni fa. Tanti anche gli autori italiani che prendono spunto dalla rapina per scrivere i loro libri. Basti pensare, uno sui tanti, a Paolo Roversi.

Ma venendo a Anatomia di una rapina, ci troviamo dentro la descrizione di ciò che le rapine sono state e non possono essere più, perché “non è più tempo”. Siamo a Torino, con la sua città sotterranea, nel quartiere Falchera. Una città che cambia e con essa cambiano l’illegalità ed i metodi investigativi. Da Vallanzasca a Maniero, quasi rimpianti dai responsabili delle forze dell’ordine; dalle batterie alle baby gang. Un cambiamento che, con le cabine telefoniche ancora in funzione, non scalfisce la periferia, sempre la stessa, degradata, umiliata dalle false promesse di politici di qualunque colore, da speculatori ecc …, nonostante le aree sottoposte a “recupero” e a “riqualificazione urbana”.

Qui una vecchia “batteria” si ricompone, dopo 10 anni, per dare una svolta a una vita di merda caratterizzata da debiti infiniti, per fare il salto dall’essere il perdente di periferia verso l’agognata ricchezza. Una batteria che trova sulla propria strada due poliziotti assassinati e due fratelli investigatori, uno in pensione e l’altro in attività, il primo che funge da sostegno ai momenti di crisi esistenziale dell’altro. Una vecchia batteria, il cui rientro in attività è di per sé una minaccia alla Torino bene, un corpo estraneo rispetto al tutto che cambia. Unaa vecchia batteria che rispecchia il proprio passato anche nella scelta dei luoghi in cui incontrarsi – quale luogo migliore che il baretto e/o lo sfasciacarrozze – e che per tenersi insieme passa sopra anche a comportamenti sopra le righe che potrebbero mettere a rischio il tutto, ma che rispetto al passato ha un miraggio condiviso: andarsene e poi ognuno per sé verso vite e prospettive diverse, e che non disdegna simpatie nostalgiche per il passato ventennio. E comunque come prima, nonostante tutto sia cambiato o in fase di cambiamento. A tenerli uniti non solo il “Rapinare tutto” che fa scorrere l’adrenalina nelle vene, ma, a differenza del passato, la pianificazione come metodo per evitare gli errori imperdonabili del passato. Una squadra cha adotta una sorta di democrazia interna con tanto di piano d’azione, con le sue possibili variabili, che viene sottoposto o alla condivisione collettiva o alla messa in discussione.

Leggere di ‘ndrangheta, di criminalità pugliese, di quella latino americana, della nuova frontiera criminale che imperversa a Torino con i cambiamenti avvenuti, attraverso quanto scrive Maurizio Blini è un arricchimento delle proprie conoscenze in materia, grazie al fatto che l’autore ne scrive in quanto, visti i suoi trascorsi, è a conoscenza dei fatti. Come del resto è a conoscenza dei casi di violenza ed abusi in divisa che vengono descritti, e delle seconde e terze generazioni di immigrati che ricercano le proprie radici per riaffermare la propria identità, il proprio senso di appartenenza, attraverso forme di ribellione, che ci riportano alla mente le analisi e gli approfondimenti di Dal Lago con il suo Giovani, stranieri e criminali. Arrivi a leggere l’ultima pagina per capire come va a finire, e ti rendi conto che quanto immaginavi in realtà non è così. Di fatto è questo il pregio di questo noir.

Maurizio Blini, Anatomia di una rapina, Edizioni del Capricorno, Torino 2023, pp 304, euro 14

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Edoardo Todaro

Oltre a svolger la propria militanza tra realtà autogestite (CPA) e sindacali (delegato RSU Cobas presso Poste spa) è appassionato di letture, noir in particolare. È tra i collaboratori, con le proprie recensioni, del blog Thriller Pages

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