Guerra: quando gli interessi portano alla pazzia

  • Tempo di lettura:3minuti
image_pdfimage_print

Che la guerra sia una pazzia, un sintomo patologico della condizione umana, è la scoperta dell’acqua calda. Eppure il quadro che abbiamo davanti agli occhi in questi giorni conferma questa banale ed orrenda verità con una evidenza spaventosa.

Come non constatare la follia di Putin che ha invaso l’Ucraina alla ricerca di un impero straccione e impossibile?

Come non constatare la follia di Zelensky che invoca l’intervento della NATO con probabili esiti di conflitto mondiale nucleare?

La cinica follia dei neocon statunitensi, già abbondantemente sperimentata in tutto il mondo, adesso si accanisce nello scenario europeo mostrando, anche nel vecchio continente, la propria vocazione imperialista proseguendo la propria guerra alla Russia immolando – per ora – Ucraina e Ucraini.

Una pazzia assurda, stupida e suicida travolge l’Europa, inchinata agli ordini del Pentagono, verso un possibile coinvolgimento nel conflitto e pronta a sanzioni che scalfiranno l’economia russa, ma devasteranno tutti i paesi del continente. È terribile, ma rivelatore, come tutta l’UE sia condizionata e costretta alle politiche USA per mano della NATO; le timide preoccupazioni espresse da qualche leader vengono subito sanzionate e i riottosi costretti ad una dichiarazione riparatrice. Seguire il pifferaio americano porterà il continente al suicidio politico ed economico; con questa struttura sociale già diseguale si disegna un futuro disastroso per le classi più svantaggiate e anche per la classe media.

Follia è come stampa e media mainstream stanno raccontando questo conflitto in cui non si fa nessuna informazione, ma pura propaganda bellica cercando di predisporre le persone ad una economia di guerra e renderle pronte e docili a entrare direttamente in un conflitto dagli esiti catastrofici. Per fortuna le persone paiono immunizzarsi un po’ contro questa mostruosa pretesa di spacciare menzogne e si rendono conto che dietro l’angolo per loro c’è solo il disastro. È possibile parlare ancora di libertà di pensiero e di informazione?

Certamente queste righe possiamo ancora scriverle, ma la loro ridotta diffusione non impensierisce nessuno. Il sistema post-liberale che viviamo impedisce vera democrazia, per sopravvivere ha bisogno di infettare con la sua pazzia l’opinione pubblica.

Follia è questa guerra che accelera la corsa verso il disastro climatico; per punire il fornitore russo di gas si pensa addirittura di tornare al carbone per produrre energia e le rinnovabili restano una parola cristallizzata nelle chiacchiere. Un amico mi ricordava come la Russia in passato si sia difesa dalle ripetute invasioni subite con il ricorso al “generale Inverno”; adesso c’è sullo sfondo il “generale Permafrost” – il terreno perennemente gelato dell’estremo nord – che non difende nessuno, attacca tutti; il suo disgelo progressivo libera i gas serra che accelereranno il riscaldamento globale verso una possibile estinzione di massa che il pianeta ha già vissuto centinaia di milioni di anni fa. Ma l’élite di oligarchi di tutto il mondo pensa ancora di poter bere Brunello prodotto sulle colline norvegesi o Champagne delle Svalbard.

La guerra ha comunque anche qualche merito: toglie definitivamente il velo di ipocrisia che ha ammantato finora le politiche liberiste mimetizzate da democrazia. Oggi il re è nudo, la stampa e i media mainstream rivelano la loro duplice funzione: docili ancelle del potere e mastini verso chi osa esercitare pensiero critico; ma come manipolatori sono sempre meno credibili. Speriamo che le persone si rendano conto che questo governo non è dei migliori, che non è vero che “non c’è alternativa” all’esistente e che solo una forte risposta dal basso può salvarci dal disastro apparecchiatoci.

L’esperienza quotidiana insegna che la narrazione tossica che viene propinata questa volta non attecchisce nella coscienza delle persone fortunatamente immuni al fascino dei tamburi di guerra; trasformare questa coscienza diffusa in azione politica sarebbe la scommessa fondamentale per salvarci e salvare il pianeta.

The following two tabs change content below.

Tiziano Cardosi

Obiettore di coscienza negli anni ‘70, attivista contro le guerre, già capostazione delle FS, oggi si occupa soprattutto di mobilità e del fenomeno delle “grandi opere inutili”, tra I fondatori del comitato No Tunnel TAV di Firenze. Attivista di perUnaltracittà.

2 commenti su “Guerra: quando gli interessi portano alla pazzia”

  1. Stefania Barbugli

    Parlare di La follia di Putin o la follia di Zelenski vuol dire ignorare la follia di pensare ad un controllo unipolare del mondo dei suoi popoli, delle risorse e della loro difesa che si è affermato prepotentemente dalla caduta del muro di Berlino.
    Questa valutazione sta alla base delle difficoltà del movimento pacifista ora a mobilitare le coscienze che per fortuna fanno un po’ da sé ma anche rimane alla base del pensiero unico e alla comunicazione propaganda di guerra.

    1. Tiziano Cardosi

      Certo Stefania, hai ragione, la follia ci pare globale. La pretesa della sponda più guerrafondaia negli USA di poter controllare il mondo intero è, secondo me, folle per due motivi principali: 1) gli Stati Uniti hanno oggettive difficoltà finanziarie, politiche e militari a poter controllare tutto il mondo. 2) sullo sfondo di questa guerra e dietro la pretesa di controllo globale c’è lo spettro di una guerra nucleare globale.
      Ho parlato di follia perché questo possibile scenario di distruzione totale non pare più preoccupare altro che i pacifisti rimasti attivi; molti politici e intellettuali (molto confusi) hanno rotto il tabù ammettendo la possibilità di una guerra mondiale che non potrà che essere nucleare.
      L’invasione della Russia è sicuramente un atto da condannare ed un errore, ma la feroce aggressività statunitense resta il principale pericolo per l’umanità e il pianeta.
      Quanto alle difficoltà del movimento pacifista a mobilitare le persone credo ne dovremmo parlare ancora; per quanto mi riguarda ho praticamente rotto con quella “sinistra radicale” che nel biennio 2006-2008 accettò la costruzione della base di Vicenza (adesso avamposto fondamentale nelle guerre USA) e la partecipazione attiva alla guerra in Afghanistan. Credo che quel periodo sia stato la profonda rottura tra il sentire pacifista e quella sinistra che avrebbe dovuto esserne portavoce. Oggi pacifismo e sinistra sono ancora da ricostruire, questa volta a partire da esperienze concrete come la vertenza GKN o le lotte ambientaliste e non da calcoli di qualche partitino in cerca di una impossibile egemonia.
      Avremo da riparlarne ancora, se la follia della guerra non ci taciterà tutte/i.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha *