Gkn: il collettivo di fabbrica lancia la fabbrica pubblica e integrata con il territorio

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In uno stabilimento fermo, immobile, sottoposto a un corpo di accordi fatti con Melrose secretato e tutt’altro che trasparente con un’enfasi dell’attuale proprietà su cassa integrazione e svuotamento stabilimento, senza un piano industriale vero e proprio e quel poco che è stato presentato è insufficiente, una comunità di oltre trecento persone e decine di realtà sindacali e di movimento ha dato gambe al progetto della fabbrica pubblica e integrata con il territorio. Molti gli interventi, dalla Mutua Autogestione di Firenze alla Rete Italiana di Economia Solidale, dalla Rete italiana delle fabbriche recuperate al Movimento aziende recuperate argentine. Un atto dovuto considerato che, come sottolinea il Collettivo di fabbrica, “l’attuale proprietà dopo dieci mesi di irresponsabili telenovele” chiarisce il Collettivo, “ha perso il diritto unico di proposta. Continui pure ad approfondire e dettagliare il suo piano industriale. Ma tale piano non è più l’unica proposta in campo. Anzi, chiediamo con forza che cessi immediatamente di fare da tappo a tutte le proposte alternative”.
GknIn un documento presentato all’assemblea, il collettivo ha presentato il nuovo piano che tra le diverse direttrici proposte, lancia la nascita di un soggetto giuridico: “come strumento di mutualismo, autorecupero, progettazione del piano industriale alternativo, sviluppo di un Cral, collegamento con il territorio, riferimento di azionariato popolare e assemblee di territorio” sottolinea il Collettivo di Fabbrica ex Gkn, “nasce l’associazione Società Operaia di Mutuo Soccorso Insorgiamo. E’ un’occasione per tutte e tutti, il tempo non gioca a nostro favore”.
Una proposta inserita in un processo di lungo periodo che prevede una campagna per la fabbrica pubblica, per reclamare fondi pubblici che siano collegati a pubblica utilità e a un controllo pubblico, esercitato da una struttura societaria pubblica e dalla possibilità di assemblea permanente, Rsu, Collettivo di Fabbrica, oo.ss. di incidere sul diritto di proposta, verifica e gestione della reindustrializzazione. La possibilità di sviluppare una ricerca autonoma del core business che permetta la ripartenza dello stabilimento. Lo sviluppo di attività economiche in autoproduzione che permettano da subito la riattivazione produttiva, affiancata dal mutualismo per consolidare la comunità interna, prepararsi a una lotta di lunga durata e stringere legami con il territorio. Tutto ciò può essere reso possibile affiancandolo con una spinta per il cambiamento dei rapporti di forza attraverso lo sviluppo della mobilitazione generale e della convergenza.
I prossimi passi vedranno la costituzione di vari gruppi di lavoro tematici, tra cui comunicazione, area reindustrializzazione e soggetto giuridico, presenza territorio, ma anche riorganizzazione del presidio, che dovrà essere aggiornato alle nuove sfide che il Collettivo ex Gkn ha lanciato nella sua terza fase che vedrà, tra l’altro, la mobilitazione del 22 ottobre a Bologna e del 5 novembre a Napoli.

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Per la fabbrica pubblica e sociamente integrata

1. Lo stabilimento è fermo, immobile. L’attuale proprietà non possiede brevetti, core business e ricerca propria nel settore. Il corpo di accordi fatti con Melrose è secretato e la situazione societaria è stata resa tutt’altro che trasparente e socializzata con Rsu, Oo.ss e Collettivo di Fabbrica. Tutta l’enfasi dell’attuale proprietà è su cassa integrazione e svuotamento stabilimento. I corsi di formazione proposti sono generici e non collegati specificatamente a nessun piano industriale. Di linee di produzione si è appena accennato e comunque si tratterebbe di linee di conto terzi, temporanee. Tutto fa pensare che i timidi accenni di progetto industriale servano semplicemente come leva per completare la delocalizzazione.

2. L’attuale proprietà non ha ancora presentato un piano industriale vero e proprio. E quel poco che ha presentato è insufficiente: tra cinque anni 340 persone a pieno regime, un fatturato di 95 milioni di euro, una fabbrica contoterzista, senza brevetti e ricerca. Ma soprattutto l’attuale proprietà ha dichiarato che un accordo di sviluppo, e i fondi pubblici, sono “presupposto” essenziale per il proprio piano industriale. Il tema della fabbrica pubblica e della progettazione di un “piano b” rispetto a quello proposto dall’attuale proprietà si pone quindi in ogni caso.

3. L’attuale proprietà, dopo dieci mesi di irresponsabili telenovele, ha perso il diritto unico di proposta. Continui pure ad approfondire e dettagliare il suo piano industriale. Ma tale piano non è più l’unica proposta in campo. Anzi, chiediamo con forza che cessi immediatamente di fare da tappo a tutte le proposte alternative.

4. Abbiamo chiaro che la strada per individuare un core business che sostenga l’intero stabilimento è tutta da scrivere. E’ aperto il tavolo permanente sulla reindustrializzazione, strumento dell’assemblea permanente e che si riunisce al centro dello stabilimento. E’ accessibile a chiunque abbia idee, progetti, possibilità reali da apportare alla ripartenza produttiva dello stabilimento.

5. Senza fondi pubblici, la società e lo stabilimento non possono che andare verso forme di crisi, dalla cessazione d’attività al fallimento. Dato l’attuale contesto societario, legislativo e politico non è affatto scontato che tali fondi vengano dati. In seconda battuta, il rischio è che vengano dati a babbo morto e a fondo perduto. In questo caso lo scenario di crisi sarebbe solo rimandato e i fondi pubblici sarebbero finalizzati solo a prendere tempo, per logorarci, e riaprire la crisi più avanti quando saremo più deboli.

6. L’arrivo dell’ondata di carovita da un lato, l’abbrutimento della cassa integrazione e di una società che prova a trasformarci in “mantenuti” dell’ammortizzatore sociale, la pressione dell’attuale proprietà a farci perdere tempo con ogni stratagemma plausibile e con l’uso dei fondi pubblici, ci obbligano a intraprendere da subito e da oggi attività di autoproduzione e autorecupero.

7. La fabbrica è stata difesa dal territorio e va immediatamente “resistuita” al territorio rafforzando non solo i legami politici ma aprendo lo stabilimento ad attività solidali con le esigenza territoriali.

8. Il nostro piano quindi si muove sulle seguenti direttrici:

– campagna per la fabbrica pubblica. Per reclamare fondi pubblici ma anche che siano collegati a pubblica utilità e a un controllo pubblico, esercitato da una struttura societaria pubblica e dalla possibilità di assemblea permanente, Rsu, Collettivo di Fabbrica, oo.ss. di incidere sul diritto di proposta, verifica e gestione della reindustrializzazione

– ricerca autonoma del core business o delle attività produttive industriali che permettano la ripartenza dello stabilimento. Va da sé che alludiamo a attività in stretta simbiosi con la convergenza con l’ambientalismo radicale e antisistemico che è il nostro punto di riferimento.

– di autorecupero immediate, attraverso attività economiche in autoproduzione che ci permettando da subito di riattivarci produttivamente, di combattere l’abbrutimento, di consolidare la nostra autodisciplina e autorganizzazione e che siano strumento per coltivare ulteriori legami sociali

– mutualismo; per consolidare la comunità interna, prepararsi a una lotta di lunga durata e stringere legami con il territorio

– continuare a cambiare i rapporti di forza attraverso lo sviluppo della mobilitazione generale e della convergenza (Insorgiamo a Bologna il 22 Ottobre, Insorgiamo a Napoli il 5 novembre).

9. Come strumento di mutualismo, autorecupero, progettazione del piano industriale alternativo, sviluppo di un Cral, collegamento con il territorio, riferimento di azionariato popolare e assemblee di territorio, nasce l’associazione Società Operaia di Mutuo Soccorso Insorgiamo. Siamo chiamati a vecchi principi in un contesto completamente differente. Siamo perciò chiamati a qualcosa di completamente nuovo. Partiamo per un viaggio mai tentato, risultato di peculiarità di questa lotta ma anche di processi generali del capitalismo. Concepiamo tale viaggio come strettamente connesso al mondo che ci si muove attorno. Questo è uno spiraglio dove praticare l’errore e la sperimentazione, dove costruire una vicenda che sovverta completamente le modalità con cui vengono affrontate le crisi industriali e non solo. E’ una occasione per tutte e tutti, ma non è una occasione eterna. Il tempo non gioca a nostro favore. Il tempo è qui ed ora.

10. Il nostro appello è a tutto il movimento di classe, radicale, al sindacalismo organizzato, a tutte le attività di autorecupero, all’intellettualità radicale, ai movimenti di autorecupero, al movimento studentesco, ambientalista, a tutte e tutti coloro che sono scese e scesi in piazza numerose volte a difendere Gkn, ad ogni competenza solidale, a integrarsi nella campagna, nelle attività della fabbrica pubblica e socialmente integrata e a farne uno strumento di cambiamento dei rapporti di forza a favore di tutte e tutti.

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