Un premio Nobel per la pace o per la guerra?

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Nei giorni scorsi il Comitato norvegese per i premi Nobel ha assegnato quello per la pace a tre organizzazioni per la difesa dei diritti civili dei tre paesi più direttamente implicati nella guerra in Ucraina: ad Ales Bialiatski, della Bielorussia, fondatore a Minsk del centro per i diritti umani Viasna (Primavera), alla organizzazione Memorial della Russia, al Centro per le Libertà Civili di Kiev dell’Ucraina.

È una buona cosa che si siano scelte organizzazioni non governative che lavorano per la difesa dei diritti civili, dando rilievo al lavoro della società civile. Il fatto è che questi premi appaiono subito molto sbilanciati. Viasna e Memorial fanno un lavoro di denuncia della mancanza di libertà e di violazione dei diritti nei loro paesi (Bielorussia e Russia) andando incontro a repressione e arresti, come per Ales Bialiatski, il fondatore della ong bielorussa; non si può dire altrettanto dell’organizzazione ucraina, il Center for Civil Liberties guidato dall’avvocata Olexandra Matviychuk, che ha come obiettivo quello di documentare e denunciare i crimini di guerra dell’esercito russo nella guerra attuale. Un obiettivo giusto e legittimo, ma chi volesse lavorare in questo campo dovrebbe guardare anche da altre parti, come all’interno del proprio paese, quell’Ucraina che non si è fatta mancare nulla soprattutto negli ultimi anni.

Chi, in questa vicenda, sta facendo un lavoro che appare sbilanciato è proprio la Commissione per i Nobel che ha praticamente premiato chi condanna solo la Russia; che in quel paese ci siano violazioni dei diritti pare accertato anche da altre organizzazioni oltre quelle premiate, che in guerra ci siano stati crimini è una triste realtà, si scatenano gli istinti e gli interessi più feroci degli esseri umani. Ma la Commissione norvegese non sa nulla di cosa accade in Ucraina? Un riconoscimento a chi denuncia le violazioni del regime ucraino non è possibile darlo?

Questo sbilanciamento potrebbe sembrare una questione secondaria e ininfluente nella guerra in corso, ma segnala una brutta attitudine che ormai dilaga in Europa, quella di vedere in Putin il satana di turno da abbattere ed eliminare, come se questa guerra fosse solo un suo capriccio e non avesse radici purtroppo antiche e profonde.

Anche i rappresentanti del Comitato per i Nobel hanno deciso di semplificare una situazione per niente semplice andando incontro ad una abitudine di tutti i sistemi di potere che vogliono manipolare i sentimenti dell’opinione pubblica, quella di segnare una linea ideale e di mettere da una parte i cattivi e dall’altra i buoni; questi ultimi sono ovviamente sempre quelli cui apparteniamo.

L’aver scelto per il premio tre ong, tutte critiche con la Russia, è un sostanziale tradimento della volontà di Alfred Nobel. Questi intendeva fosse premiata “la persona che ha fatto di più o meglio per promuovere la comunione tra le nazioni, l’abolizione o la riduzione degli eserciti permanenti e l’istituzione e la promozione di congressi di pace”. Il Center for Civil Liberties, la cui dirigente ha rilasciato dichiarazioni che tutto vogliono fuori che la pace, ci pare piuttosto lontano dai principi che hanno ispirato l’industriale norvegese. La pace, secondo la Matviychuk, si può ottenere solo continuando la guerra, armandosi ancora di più, creando una coalizione con altri paesi per intensificare la guerra.

Uno dei pochi pacifisti ucraini che si è opposto alla guerra, Yurii Sheliazhenko, ha rilasciato dichiarazioni che a Oslo non hanno letto; quando gli hanno chiesto a cosa si dovesse il successo del Center for Civil Liberties, tra le cose che ha detto eccone alcune:

  • non fare affidamento sul sostegno dei cittadini locali, abbracciare i donatori internazionali con le loro agende, come il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti
  • sostenere l’adesione dell’Ucraina alla NATO, svergognare coloro che cercano un compromesso con la Russia e chiedere all’Occidente di impegnarsi in una guerra alleati dell’Ucraina imponendo la no-fly zone e la consegna di armamenti
  • insistere sul fatto che la guerra è necessaria per la sopravvivenza e che nessun negoziato è possibile
  • insistere sul fatto che le istituzioni internazionali sono inutili e che quindi gli attivisti per i diritti umani devono chiedere armi per le forze armate ucraine
  • insistere sul fatto che solo Putin viola i diritti umani in Ucraina e solo l’esercito ucraino è un vero difensore dei diritti umani
  • non criticare mai il governo ucraino per la soppressione di media, partiti e personaggi pubblici filorussi
  • non criticare mai l’esercito ucraino per crimini di guerra, per violazioni dei diritti umani legate allo sforzo bellico e alla mobilitazione militare, come il pestaggio degli studenti da parte della guardia di frontiera per il loro tentativo di studiare all’estero invece di diventare carne da cannone, e nessuno dovrebbe dire una parola sul diritto umano all’obiezione di coscienza al servizio militare

Lo sbandamento del Comitato per il Nobel rientra in un clima generale in cui tutto deve essere semplice: c’è un buono e un cattivo, come in un western, noi dobbiamo solo schierarci. Un atteggiamento irresponsabile, lo stesso che ottenebrava le menti di troppi prima dell’inizio della prima guerra mondiale. Oggi, di diverso da 108 anni fa, ci sono arsenali nucleari pronti a risolvere tutte le divergenze, per sempre.

*Per scrivere queste righe si deve ringraziare Peacelink per il lavoro di documentazione che svolge sempre

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Tiziano Cardosi

Obiettore di coscienza negli anni ‘70, attivista contro le guerre, già capostazione delle FS, oggi si occupa soprattutto di mobilità e del fenomeno delle “grandi opere inutili”, tra I fondatori del comitato No Tunnel TAV di Firenze. Attivista di perUnaltracittà.

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