Migliaia di persone in piazza a Empoli contro il pirogassificatore

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Migliaia di persone in piazza a Empoli non si vedevano da tempo. Lo scorso 26 novembre la cittadina in provincia di Firenze è stata invasa da un fiume colorato di striscioni, palloncini e cartelloni realizzati con materiale riciclato per dire “Sui territori decidiamo noi” e “Mamma, sarà un errore?”. Bambine e famiglie, militanti, attivisti da tempo immemore e persone alla loro prima manifestazione si sono unite per esprimere i loro dubbi o la loro più decisa contrarietà ad un progetto presentato come “distretto circolare”, ma che di circolare ha ben poco.

Pochi giorni più tardi, la stessa fiumana di gente si è accalcata dentro e fuori lo spazio reale e virtuale del circolo Arci di Marcignana, la frazione del comune di Empoli dove si prevede di costruire un pirogassificatore da 400 milioni di euro, rendendo necessaria la presenza di una camionetta della polizia attorno a chi aveva promosso lo stesso evento, ovvero la sindaca di Empoli e vicepresidente della Città Metropolitana, Brenda Barnini, recentemente selezionata tra gli 87 saggi che dovrebbero rifondare il Pd, accompagnata da Monia Monni, assessora all’ambiente della Regione Toscana, e Alberto Irace, amministratore delegato di Alia, già al centro di vicende giudiziarie (nel 2014, quando era amministratore delegato di Publiacqua, è stata archiviata l’inchiesta riguardante il mancato allineamento delle tariffe del servizio idrico praticate da Publiacqua dopo l’esito referendario del 2011, mentre il 24 aprile di quest’anno si è chiusa l’indagine sugli illeciti ambientali che sarebbero stati commessi nel ciclo dei rifiuti nelle province di Firenze, Prato e Pistoia da parte di tutti gli amministratori delegati pro tempore di Alia dal 2016 in poi, Irace incluso, oltre a manager di aziende esterne).

Cosa ha infuocato gli animi della cittadinanza, e perché tanta mobilitazione? I motivi sono tantissimi, e proveremo ad elencarne alcuni. Innanzitutto, il processo partecipativo con cui Alia ha comunicato il progetto del cosiddetto “distretto circolare”: tre incontri a numero chiuso organizzati dalla società Avventura Urbana, in cui le domande che i vari tavoli attorno a cui erano riuniti le poche decine di persone ammesse venivano filtrate dai moderatori, senza possibilità di replica, in uno scambio unidirezionale delle informazioni. Prima del terzo ed ultimo incontro ufficiale, e con molta difficoltà (legata alla difficile reperibilità di un circolo Arci disposto ad ospitarlo), Rossano Ercolini, direttore del centro di ricerca Rifiuti Zero di Capannori (Lucca), ha avuto modo di parlare del pirogassificatore nella casa del Popolo di Ponterotto (Empoli), insieme con alcuni esponenti del comitato livornese costituitosi in opposizione ad un progetto del tutto simile previsto nel 2019 all’interno della raffineria Eni, tra Livorno e Collesalvetti. Il progetto livornese era talmente simile che qualcuno si è dimenticato di cambiare le diapositive, e in quelle empolesi si vedono distintamente le cisterne del porto labronico. Evidentemente, da molti anni si tenta di rifilare la stessa fregatura al primo che ci casca, avendo cura di scegliere zone periferiche. A volte però, nelle zone periferiche abitano le anime migliori, come nel caso di Marcignana, una frazione ai limiti del territorio empolese, stretta tra l’Arno, una zona industriale (Terrafino), a due passi dalla Fi-Pi-Li e dalla ferrovia. Marco Cardone, marcignanese, è venuto a conoscenza di questo progetto prima degli incontri di Avventura Urbana, portando i suoi figli al campo volo di aeromodelli del GAE, proprio laddove si pensa di costruire questo pirogassificatore che occuperebbe ben 20 ettari di terreno, e scoprendo con sorpresa che qualcuno del posto aveva già venduto i propri terreni alla Zignago, una vetreria che dovrebbe essere la principale beneficiaria del fantomatico “distretto circolare”. Incuriosito, si è messo ad indagare, dando vita al comitato “Trasparenza per Empoli”, che inizialmente è partito da una posizione di neutralità, limitandosi a chiedere maggiori informazioni. Le cose che non quadrano sono tantissime. Innanzitutto, il pirogassificatore dovrebbe trattare ben

256.000 tonnellate l’anno di plasmix e CSS (combustibile solido secondario), ovvero la plastica non riciclabile e la frazione mista dell’indifferenziato. Si tratta di una quantità ben superiore a quella prodotta annualmente in tutto l’Ato Toscana Centro (corrispondente alle province di Firenze, Prato e Pistoia), ammontante a circa 170.000 tonnellate l’anno, e che si prevede tra l’altro che vada a diminuire, in conseguenza delle disposizioni europee che prevedono una riduzione costante di

questa tipologia di rifiuti. Se al momento questa tipologia di rifiuti pare venga esportata e trattata fuori regione, alimentando la retorica di un’emergenza rifiuti a cui non si contrappongono coraggiose scelte di carattere politico-industriale miranti a ridurre a monte (senza limitarsi alla raccolta differenziata a valle), che davvero potrebbero essere una soluzione a lungo termine, nel breve termine il pirogassificatore non aiuterà granché: si prevede infatti che per realizzarlo occorreranno almeno 5 anni. Una volta in funzione, dovrebbe creare da uno speciale trattamento dei rifiuti ad altissime temperature (circa 2000 gradi) il syngas, da scomporre poi in metanolo e idrogeno, quest’ultimo da utilizzare per alimentare i forni della vetreria Zignago. Peccato che al momento nel mondo non esistano forni che utilizzino questa particolare tipologia, e si tratti quindi di una ipotesi tutta da verificare, come del resto il pirogassificatore stesso. Contrariamente a quanto affermato durante i primi due incontri ufficiali, esistono sì impianti simili in Giappone, e sono sette, ma si differenziano per un particolare importante: si limitano a produrre syngas da cui ricavare energia elettrica, sono cioè veri e propri inceneritori, ma sono così costosi e per niente redditizi che la maggior parte è in dismissione. Ad Empoli invece si vuol far credere che non si tratta di un termovalorizzatore perché tecnicamente non produce carburante sul posto, ma… un po’ più in là. Un ex dirigente del comune di Empoli, l’ingegner Gini, ha calcolato che l’impianto produrrà 1.600 tonnellate di idrogeno all’anno. L’idrogeno è estremamente difficile da trasportare (ed è per questo che si propone di utilizzarlo in loco), ma basta un giorno e mezzo di stoccaggio di questo elemento altamente infiammabile per far rientrare l’impianto nella categoria esposta “ad alto rischio di incidente rilevante”, normata dalla cosiddetta Seveso 3. Questa legge, tra l’altro, sconsiglia fortemente la costruzione di questo tipo di strutture ad una distanza inferiore ai 1000 metri rispetto alla presenza di scuole elementari: quella di Marcignana sarebbe a solo 400 metri! La Seveso 3 mette in guardia anche dall’effetto domino che si potrebbe avere in caso di incendio, che potrebbe essere alimentato anziché ridotto dal magnifico boschetto che si prevede di piantare tutt’attorno al gassificatore, ideato niente meno che da Stefano Mancuso, botanico e docente dell’Università di Firenze, presente al terzo degli incontri organizzati da Avventura Urbana. Quella sera c’ero anch’io, insieme ai ragazzi di Marcignana che, pur non avendo prenotato, sono riusciti ad entrare in maniera pacifica per urlare tutta la loro rabbia dal fondo della sala: “Ci parlate di alberelli, quando moriremo di tumore?”. Quello che neanche Mancuso sapeva, infatti, e che è emerso da un intervento di Marco Cardone, suscitando un certo qual genuino stupore nel famoso botanico, è che l’impianto produrrà 17 tonnellate di C02 l’ora (ahimè, non c’è boschetto che tenga), oltre a 16 tonnellate l’ora di fumi non meglio identificati, ma rispetto ai quali era stato scritto non contenere affatto un inquinante pericoloso come l’ossido di azoto (N0x), salvo poi riapparire a domanda specifica al secondo incontro. Menzogne e greenwashing, questi sono i veri ingredienti con cui si vuol costruire questo impianto. Non solo: dato che dovrebbe restare attivo almeno 30 anni, continuerà ad alimentare la produzione di rifiuti, che dovranno arrivare da tutta la Toscana e oltre, generando un incredibile traffico di mezzi pesanti sulla già disastrata Fi-Pi-Li… E infine, si consideri che non è dalla vendita del combustibile che questi tipi di impianto diventano economicamente autosufficienti, ma dalla Tari, che paghiamo tutti noi, offrendo un rischio zero agli investitori privati, i quali sono… beh, ne parliamo nella prossima puntata!

 

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Ricercatrice specializzata in storia dell'ebraismo in Italia. È stata consigliera comunale nel Comune di Empoli ed è portavoce dell'Assemblea Permanente NO KEU

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